Riceviamo e pubblichiamo
Sono contento di essere qui oggi, in questo luogo, a rappresentare la vicinanza e il sostegno del Comune di Imola all’Associazione Ca’ Malanca, all’Anpi e a tutti i cittadini che, con il loro impegno civico, ci aiutano a coltivare il valore della memoria e a custodire i luoghi e i monumenti che ricordano il sacrificio di chi ha combattuto per la Liberazione del nostro Paese.
Per il secondo anno consecutivo siamo costretti a vivere il 25 aprile senza la partecipazione del popolo, ma, nonostante le limitazioni imposte dalla pandemia, l’intensità con la quale lo celebriamo rimane immutata. Questo è importante perché nella storia, quando si è cominciato a interrompere la memoria di un evento, si è finiti per sfumarne lentamente il ricordo. Un rischio che non possiamo e non vogliamo consentirci, perché il 25 aprile rappresenta un momento fondativo nella storia del nostro Paese, una ricorrenza che ricorda la liberazione dell’Italia dalla dittatura, la sconfitta delle forze nazifasciste e la nascita della nostra Costituzione.
Risalire lungo la valle del Lamone e arrivare a Ca’ Malanca ci ricorda il famoso discorso di Calamandrei agli studenti quando diceva “Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani”.
Rinnovare ogni anno, in occasione del 25 aprile, questo pellegrinaggio civile significa tornare alle sorgenti della nostra storia, in uno dei luoghi dove si è svolta una delle più importanti battaglie della Lotta di Liberazione nell’Appennino Faentino-Imolese contro i nazi-fascisti. Agli uomini e alle donne che hanno fatto la Resistenza va il nostro ricordo e la nostra gratitudine. Un ricordo che vogliamo trasmettere alle giovani generazioni, affinché gli ideali di libertà, di democrazia e di giustizia sociale, iscritti nella nostra Costituzione, ispirino le loro scelte in questo tempo così carico di inquietudini e di paure.
A distanza di oltre tre generazioni dal giorno della Liberazione, la festa di oggi ci indica a quali valori ancorarci per affrontare insieme la crisi sanitaria, sociale ed economica che stiamo vivendo. Una festa che ci chiede di impegnarci per contrastare il virus dell’odio, della discriminazione, del negazionismo e di rifiutare, come ammonisce spesso la senatrice Liliana Segre, l’indifferenza: un male tra i peggiori.
Proprio per questo sono contento che il 22 aprile scorso il consiglio comunale di Imola abbia votato l’iscrizione della nostra Città all’Anagrafe Antifascista, aperta a tutti coloro che si riconoscono nella “Carta di Stazzema”. Una decisione politica che indica un orizzonte valoriale nella convinzione che l’antifascismo rappresenti un elemento costitutivo e irrinunciabile della nostra società.
Norberto Bobbio scrisse che “Il rifiuto dell’antifascismo in nome dell’anticomunismo ha finito spesso per condurre ad un’altra forma di equidistanza abominevole, quella tra fascismo e antifascismo”.
Si tratta di un equivoco che non possiamo accettare perché finisce per omologare in modo indistinto le ragioni di chi ha combattuto per la libertà e i torti di chi ha combattuto a fianco dell’oppressore, aprendo la strada a pericolosi revisionismi storici.
Di fronte alle tesi revisioniste che propongono una ricostruzione dei fatti storici radicalmente diversa da quella accertata storicamente proviamo sentimenti analoghi a quelli provocati dalle fake news: un misto di incredulità, di sconcerto, di rabbia, ma anche di impotenza.
Del passato sono sempre possibili nuove interpretazioni e nuove narrazioni, che non possono però essere “a piacere”, puramente soggettive o di parte, ma devono rispettare i criteri di metodo che rendono la storiografia una scienza.
La storia italiana è passata attraverso la dittatura fascista, la guerra e la liberazione. E un popolo vive e si nutre della sua storia.
Il mio augurio è che di fronte al crescere dei richiami al fascismo presenti nella nostra società, ci interroghiamo sul valore della storia, per trovare una memoria “giusta” che ricostruisca una verità nella quale tutti possano riconoscersi