Antonio Genovesi può essere a ragione considerato uno dei fondatori della moderna scienza economica. L’eclettico pensatore napoletano cominciò a occuparsi quasi esclusivamente di economia, etica e antropologia solo negli ultimi quindici anni della sua vita: nel 1754 iniziò la sua attività di docente di economia dalla prima cattedra in Europa di economia della storia, lezioni che volle chiamare, non a caso, Lezioni di economia civile e fu tra le prime e più autorevoli nell’esaminare il rapporto tra economia e felicità pubblica, come era allora definita.

Antonio Genovesi

Le sue lezioni racchiudono la sintesi della sua riflessione sui temi economici. Antonio Genovesi visse nella medesima epoca di Adam Smith (il primo teorico che conobbi studiando economia alla scuola superiore), ne condivise la critica del mondo feudale e la convinzione che il mercato avrebbe contribuito alla costruzione di un mondo più egualitario e più libero. Ma mentre Smith aveva una visione pessimistica dell’uomo improntata all’individualismo degli interessi (il bene comune è affidato alla “mano invisibile” del mercato), Genovesi era convinto che la persona fosse l’equilibrio di due forze: quelle dell’interesse per sé e della solidarietà sociale; una realtà di relazioni fatte per la reciprocità.

Di qui la sua idea di mercato come “mutua assistenza”, un’intuizione originale che oggi sta vivendo una nuova giovinezza. Le lezioni di Genovesi sono l’approdo moderno di una visione ampia della scienza economica che accetta di oltrepassare i propri confini all’interno di un più ampio discorso sulla vita civile e sul mercato, visto come espressione delle leggi che regolano la società e che non possono prescindere dalla considerazione delle virtù civili e del bene comune.

Oggi, in un momento in cui l’economia sta lanciando una sfida al mondo globale, nel quale è entrato in crisi l’equilibrio in cui il progredire della “classe media” avrebbe garantito il crescere del benessere per tutti, in cui pochi ricchi stanno accumulando ancor più risorse e molti stanno arretrando nella scala sociale, il messaggio di Genovesi risulta ancora più attuale che nel Settecento.

Quando in una nazione vacillano i fondamenti della fede etica, neppure quelli dell’economia e della politica possono stare saldi. Il ruolo chiave nello sviluppo economico e sociale di un paese l’hanno, pertanto, le virtù civili dei cittadini, sia come singoli, sia come associati.

Così la fede pubblica è per la tradizione dell’economia civile la prima risorsa anche per lo sviluppo economico. Senza la coltivazione della fede pubblica i mercati non si sviluppano e l’economia resta ferma.

Genovesi scrisse: “Questa parola, fides, significa ‘corda’ che lega e unisce. La fede pubblica è dunque quel vincolo delle famiglie unite in vita compagnevole”.

Il Covid, il Recovery Fund, i giovani con prospettive deboli: ci sentiamo dentro questa corda che ci tiene tutti legati?

(Tiziano Conti)