Liberi liberi siamo noi,
Però liberi da che cosa,
Chissà cos’è,
Chissà cos’è!
(Vasco Rossi)
“Non c’è nulla di più violento della paura” ha scritto Simone Weil.
E c’è da credere, di chi la ingenera, con le azioni o con parole che suscitano incomprensione e odio.
La novità degli ultimi tempi è che questa destra estrema, xenofoba con striature razziste, severa coi poveri che chiedono sussidi e condiscendente coi ricchi, meglio se evasori, incapace di dissociarsi nella morale sessuale da una biologia superata e di condannare ope legis le angherie e le sopraffazioni fisiche e verbali di chi diversamente ama, senza rispetto della persona umana, del suo diritto ad autodeterminarsi sulle questioni che riguardano il senso che ognuno di noi attribuisce non genericamente alla vita ma alla propria vita nel corso dell’esistenza e perfino in quella zona di confine priva di morte e orfana di vita, come la definisce Guido Ceronetti nella sua “Ballata dell’angelo ferito” dedicata a Eluana Englaro, questa destra ama rappresentarsi animata da valori soccorrevoli, ispirata da principi liberali, pervasa da sentimenti “cristiani”.
Una destra buona.
La libertà è la bandiera di Ignazio la Russa e Isabella Rauti.
La giustizia è la stella polare di Salvini e Romeo (anche se non sapete chi è non avete perso niente).
La carità è la missione di Belpietro e Giordano.
È la realtà capovolta.
Il sale è dolce, il buio è luce, il lupo è agnello.
La manipolazione assoluta.
Per il bene supremo: Dio, Patria, famiglia.
Una rappresentanza che nessuno dei tre gli ha dato.
Non la famiglia, che pretende da chi se ne erge a paladino di vedere onorati di persona i suoi postulati, a partire dal vincolo matrimoniale.
Non la Patria che dai leghisti ha raccolto solo oltraggi e dagli antenati politici dei Fratelli d’Italia solo rovine, fisiche e morali.
Quanto al Dio dei cristiani non so, la sua volontà è imperscrutabile.
Molti credono di essere unti ma sono macchie di fritto all’italiana.
Si può solo immaginare, leggendo qua e là nelle Scritture, che il Signore sia più vicino a quegli schiavi chini nei campi di pomodoro che all’on. Santanché.
O a me.
Che sono un peccatore ma almeno non pretendo di interpretarne i voleri.
Ho grande rispetto per i cattolici autentici e per il loro impegno a portare in politica i loro valori.
Già coi laici devoti si affaccia il sospetto di un uso strumentale della religione.
Che diventa certezza davanti alle ostentazioni di una spiritualità posticcia, alla esibizione profana di simboli religiosi spogliati di devozione, merce da vendere nel tempio pagano della politica.
Come felpe.
Il fenomeno non è certo nuovo ed ha conosciuto momenti ed espressioni peggiori.
Qui siamo all’interpretazione domestica di quello che i protagonisti vorrebbero rappresentare come uno scontro di civiltà.
Più affine alla farsa che alla tragedia.
Che scava tuttavia gallerie pericolose sotto la friabile superficie della nostra democrazia.
Si fa un gran parlare di un nuovo Rinascimento che, seppur non sia alle viste, passa, nel caso, attraverso una rivitalizzazione dei valori umanistici e una dialettica civile dove ecologia, economia, scienza e religioni dialogano assieme al tavolo del progresso.
C’è una gran confusione sotto il cielo e dentro ciascuno di noi.
Ha scritto qualche tempo addietro Padre Bianchi: “ In una società sempre più secolarizzata prevale l’affermazione di appartenenza esteriore a una data religione, in particolare cristiana, svincolata dall’intima adesione: fedeli sempre più infedeli. Una religiosità a struttura psicologica, funzionale, emozionale, con un Dio depersonalizzato, per “religions a là carte”. Specularmente c’è la deriva settaria che fornisce identità certa ai disorientati. Comportamenti emotivi che assecondano l’individualismo. Siamo lontani da una spiritualità fedele al Vangelo che chiede con urgenza di vivere la dimensione comunitaria e di trovare convergenze con gli uomini nel l’edificazione della Polis, che è attenta agli ultimi, che tiene desta la riserva escatologica dalla quale nasce la speranza, che è condivisa o non è. L’autentica ricerca di Dio nel Cristianesimo non è mai disgiunta dalla ricerca dell’uomo”.
Questa è la via che credenti e non credenti, donne e uomini di buona volontà sono chiamati a percorrere assieme.
Instancabilmente.
Fraternamente.
Attingendo a risorse morali fondamentali come la dignità, la pietà, la tolleranza, il rispetto, la responsabilità.
Il modo in cui procediamo è suscettibile di rafforzare la qualità della nostra democrazia o di farla regredire.
L’aggressività, la sopraffazione, la volgarità, quel parla come rutti che piace alla gente che piace, tutto ciò che oggi viene rappresentato come il rifiuto di una correttezza politica mistificante e diventa espressione di autenticità, di spontaneità, perfino di verità, non sono l’acqua pulita che serve per dissetarci lungo il cammino.
“Mettere i gay nel forno”, dove già il riferimento al sito fa accapponare la pelle, non è una libera espressione del pensiero ma una violenta manifestazione di cialtroneria.
Dare oggi del “negro” a un nero non possiede, se mai l’ha posseduta, l’innocenza che gli conferiva chi, dalle nostre parti, ne aveva visto qualcuno solo al cinema.
Se in certi contesti poteva non avere una accezione negativa, come sostiene qualche commentatore, beh, forse è ora di capire che adesso, in questo contesto, ce l’ha.
Se non per chi quella espressione si ostina ad usarla, certo per chi la deve ancora subire.
E visto che questi signori fanno mostra di disdegnare i salotti dove pure stabilmente albergano, vadano a verificare il fondamento di questa affermazione nei sobborghi di’ Cleveland.
Se vi dicono ricchioni, froci, per ferirvi, ridetegli in faccia – hanno detto sghignazzando due sè dicenti comici di una raffinata trasmissione Fininvest – quelle espressioni le abbiamo sempre usate, ciò che conta non sono le parole ma i pensieri.
E se io, con enorme simpatia, vi dicessi per ipotesi che siete due cretini, cosa che non faccio perché sono politicamente corretto, voi come reagireste?
Vi mettereste a ridere?
Questa che uno può dire agli altri tutto quello che gli passa per la testa e peggio glielo dice, nel modo più canagliesco, meglio testimonia la propria onestà, ha davvero le palle (vedete che so essere sincero anch’io?).
Noi siamo liberi.
Ma non dalla responsabilità di rispettare gli altri.
Secondo la loro e non la nostra sensibilità.
È un punto fondamentale, la pietra angolare dell’edificio dell’umanità.
“Il liberalismo – scrive Bobbio citando Michael Walzer -, è un universo di mura, ciascuna delle quali crea una nuova libertà”.
Se non lo capite parlate d’altro.
(Guido Tampieri)