Della mia breve parentesi radiofonica mi resta impressa, tra le tante cose, una frase scritta sul bordo di una scrivania dentro la stanza adiacente la sala trasmissioni.
‘ste assemblee ‘so micidiali.
Dice tutto. Io me l’immagino l’autore di quella frase, stravaccato sulla sedia dopo ore di discussioni e fumo passivo. È lì che sogna di scappare, che magari si è appena messo assieme a una ragazza fuorisede, che in questo momento si sta ubriacando in un bar del Pratello e viene importunata da qualche pappagallo di provincia. Io me lo immagino lui, che in fin dei conti delle lotte dei lavoratori o dei diritti LGBT non gli frega nulla, e si trova lì soltanto perché voleva “fare la radio”.
Se ce l’avessi davanti ora gli direi che “fare la radio” non è mica roba da poco.
Non sto a tediarvi su cosa rappresenti Radiocitta’fujiko (fino al 2004 Radio Città Fujiko) per Bologna e per chi, in questa città, ha vissuto almeno gli anni universitari. Da Radio Alice in giù c’è una storia lunghissima di tradizione radiofonica bolognese che vi consiglio di leggere (sul Web c’è un sacco di materiale) o di vedere (il film Lavorare con lentezza, come minimo).
Mi fermo qui, lascio che il clima di quell’anno (2006) lo raccontino le poche fotografie che mi sono rimaste. Con affetto ricordo le massime scritte ovunque, il palinsesto costruito con i post it (c’è la foto), i boccioni con l’acqua sempre alla stessa altezza, la nostra ora di trasmissione (venerdì dalle 22 alle 23), il titolo della nostra trasmissione (Feccia e Gusto, solo musica tarocca), un poster di Lenin che ti fissava con occhi severi, l’austera sala riunioni, il centro sociale al piano di sotto, quelli che trasmettevano dopo di noi, che entravano seguiti da una zaffata di erba che sembrava di stare a Kingston. Sono ricordi che restano, come le assemblee micidiali.
Corrado Peli
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