Il bar Anna ha una fortuna, è talmente piccolo che dentro al locale ci stanno al massimo quattro o cinque clienti, con il COVID anche meno. È una fortuna perché se ce ne entrassero di più, con l’umanità che lo frequenta, si potrebbe comporre un’alchimia sociale dai risultati incerti.
Io sono cresciuto con alcune certezze: non andare ai giardini che ci sono i drogati, studia che la testa ce l’hai, ogni bar ha la sua clientela. Ai miei tempi c’era il bar frequentato dai giovani, oppure quello con la brutta gente, o ancora il bar dei marocchini (che poi era un affettuoso modo per chiamare i nostri meridionali), poi quello degli anziani con relative bische, infine, il bar dei chiesaroli e quello del Partito. Poche eccezioni alla regola, pochi scambi di clientela. Le divisioni erano rigide e, di frequente, tra i miei parenti ascoltavo dialoghi come questo.
“È morto Mariolino, lo conoscevi?”
“Che bar frequentava?”
“Il Boccio”.
“Allora ho capito”.
Oggi questa distinzione è sempre meno marcata, ma persistono confini tuttora invalicabili. È rarissimo incrociare un over cinquanta al bar della piscina, così come è ancor più difficile scovare un under trenta al Boccio o una donna in quel bar che sta… va beh, lasciamo perdere.
Al bar Anna no. Sarà la posizione centrale, di passaggio. Saranno i due personaggi dietro al bancone, scivolati (o fatti scivolare) chissà come da Castel San Pietro verso la bassa. Sarà l’insegna storica che domina la parte alta del portico di via Libertà da almeno quarant’anni. Sarà per uno di questi motivi ma dal bar Anna passano tutti, ma proprio tutti, quasi fosse l’imbuto del paese.
L’altro giorno andavo di corsa, sfilo davanti all’ingresso e butto un occhio all’interno. Al bancone, come galline in batteria, c’erano:
- Un assessore comunale
- Un noto pregiudicato della zona
- Una stangona che fa girare il collo a mezzo paese
- Uno chef stellato
- Mio padre
- Un bambino fuggito da messa
Una volta è entrato uno di Milano, vestito che sembrava un testimone di Geova. Ha ordinato un Sex on the beach. Io non c’ero, ma fonti affidabili mi hanno riferito che Antonio, a quella richiesta, l’abbia mandato nell’edicola di Paolino a comprare una copia di Le Ore.
Per fortuna c’è Gabriele, il socio di Antonio, decisamente più raffinato nei modi. Fatelo felice, ordinate una spremuta di arance fresche poco prima della chiusura, quando ha già pulito lo spremiagrumi. Avrete modo di arricchire il vostro vocabolario con parole nuove.
Il bar Anna è questo. Io lo dico sempre a mio figlio, appoggia quel tablet e passa una giornata al bar Anna, se vuoi vedere come gira il mondo.
(Corrado Peli)
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