Una volta finito il lavoro e andata in pensione ho passato 12 anni così: sempre fuori di casa! Partivo il mattino tornavo la sera tardi. Prima c’era lui che mi aspettava quando rincasavo; a lui raccontavo gli eventi della giornata, ma immancabilmente lo rendevo partecipe di tutti i progressi dell’altro lui (quante emozioni ma anche quante ansie per l’altro lui) piccoli progressi, curiosità a volte sconfitte, ma vita.

Al mio ritorno la parola d’obbligo era: “Allora oggi che cosa è successo?”. E io colmavo la sua curiosità davanti a una cena sempre servita; erano buonissimi i suoi manicaretti che mi preparava e diceva: “E’ per ammazzare il tempo, ma sempre dopo aver fatto un giro in moto ed essere stato in compagnia di amici”. E’ vero, lo lasciavo un po’ solo per correre dall’altro. Molte volte andavamo in giardino nelle notti di estate a guardarci le stelle e mi preparava un buonissimo toast perché stanca non mi andava di mangiare e ancora a parlare a ridere a scherzare ad ascoltare i suoi consigli di come affrontare un problema.

Mi abbracciava e mi diceva: “Sei brava a fare quel che fai”. Le sere d’inverno spesso arrivavo a casa ghiacciata, ci avvolgevamo in una coperta e con le tapparelle tirate su guardavamo scendere la neve mentre in tv mandavano in onda film dall’aria tropicale. Ero stanca ma per me non era troppa fatica.

Il mattino sveglia presto, mi alzavo con l’odore del caffè che già era pronto, una doccia, un po’ di trucco, un abito comodo ed ero pronta per uscire, poi lui girava le mandate della porta e con due o tre borse uscivo. Lui mi salutava con un bacio, spesso veniva alla finestra mentre io salivo in auto e mi diceva: “Dagli un bacio quando arrivi”. Per circa otto anni la mia routine giornaliera era questa.

Mi spostavo in un altra casa, mi occupavo dei lavori, del piccolo, della spesa e del mangiare e soprattutto dei giochi: quanti giochi ho fatto e inventato per vederlo sorridere; in questi anni ho perso ogni riferimento con gli amici non ho avuto tempo per ritrovarmi con loro, ho un po’ abbandonato i miei hobbies, ma fa niente per me andava bene così. Fuori di casa tutto il giorno e a sera ritornare e ritrovare il suo consolante sorriso, il suo caldo abbraccio e la gioia nel cuore; mi bastava tutto questo; ma chi si accontenta spesso non gode.

Foto di Peggy und Marco Lachmann-Anke da Pixabay

E sono arrivati tempi più bui. Ho continuato a uscire il mattino, ma il caffè lo dovevo fare io ora e per le mandate nella porta ero sempre più inquieta perché la maggior parte delle volte non trovavo le chiavi, poiché rientrando la sera distrattamente le avevo appoggiate da qualche parte senza ricordarmene.

Lasciavo la casa vuota, una foto mi guardava, spegnevo le luci e in quell’appartamento regnava il silenzio. Nessuna finestra si apriva e nessun ciao veniva lanciato nell’aria per me. Tornavo la sera sempre più stanca stavo ore ad ascoltare i silenzi di casa mia. Ora per alzarmi al mattino il mio corpo faceva più fatica, la voglia di continuare se ne era andata con lui.

Ma non volevo farmi sopraffare da tristi pensieri, nell’altra casa c’era un’altra persona che tutte le mattine mi aspettava. L’ho accompagnato a scuola, alle feste, a calcio, a nuoto, a fare lo shopping da Toys, dal pediatra, ma non era più come prima. Io mi sentivo sempre più sola e incerta e lui stava crescendo, stava cambiando e io con meno amici abbandonati per i mancati appuntamenti.

C’era qualcosa di diverso in lui, non ero più il suo compagno di giochi, il tempo della favole era finito, forse anch’io, dopo quel giorno, ero cambiata. Sono nate le incomprensioni, le ribellioni, l’indifferenza una sorta di “non mi servi più”.

Le emozioni sono cambiate, il mio ruolo anche, sempre più impegnativo e solitario non avendo più nessuno con cui parlare di delusioni o di soddisfazioni di quel mondo che ci legava!

Il tempo passa le persone cambiano; frequento, solo la domenica, un paio di vecchie amiche che sono rimaste sole, le altre le ho perse per strada, forse non erano amiche. Ho ripreso anche i miei hobbies con molto impegno e fatica per ritrovare il tempo da dedicargli, ma lo devo fare. La sera ritorno sempre tardi anche in questi tempi di lookdown e ora trovo sempre qualcuno ad aspettarmi: i miei due gatti con i quali condivido le ultime ore del giorno. Poi vado a letto per riposarmi e dormire e loro due si sdraiano accanto a me regalandomi le loro fusa come per rassicurarmi e non farmi sentire sola.

Sono la nonna di un ragazzino che si è trovato nel bel mezzo di una storia difficile da capire e superare, costretto ore davanti a un video in Dad senza, per mesi, avere contatti fisici con gli amici. Un ragazzino che in un anno è cambiato nel suo percorso evolutivo che quasi non lo riconosco più, che contempla spesso un telefonino o un video e che dice che vuole stare solo.

Mi mancano i momenti dei nostri giochi inventati, del giocare a nascondino in casa, della corse al parco, dei piccoli amici che si litigavano i giochi, mi manca quella limpidezza e tutti i suoi perché. “Perché il nonno se ne è andato?”. Finito il lookdown esce con gli amici e le amiche e già mette una goccia di profumo: “Ma di già” mi chiedo!! Forse non vorrei vederlo cambiato ma è così che deve essere. Un frettoloso “ciao nonna ciao” quando io ritorno alla mia casa… che cambiamento repentino, alcuni anni fa non voleva che io andassi via.

Poi rientra dal lavoro la mamma allora comincia a raccontare, a farci ridere… Squilla il telefono e sta parlando con suo padre di calcio di Fortnite, di come si vince una partita, di come oggi a scuola ha preso solo la sufficienza. Loro sono famiglia, io sono forse un po’ anziana per entrare in queste dinamiche anche se mi sforzo di capire. Eh già mi sono sempre chiesta cosa pensava nel vedermi arrivare il mattino e sparire la notte!

Penso che magari mi percepiva più come una sostituta, una colf o baby sitter. Ma il mio desiderio è sempre stato ed è quello di continuare il mio ruolo di nonna con tutti i miei handicap nel cercare di capire una generazione molto complessa che è stata sottoposta a una difficile situazione: la paura di

ammalarsi, tutte le narrazioni sulla malattia, i vaccini, l’ansia di poter ammalare i nonni, il distanziamento sociale, la scuola in presenza negata per diversi mesi, qualche residuo temo lo abbia lasciato nelle anime di questi adolescenti. Ma sono anche certa che loro saranno forti e in un vicinissimo futuro vorranno camminare con le loro gambe e infatti l’altro giorno mi sono sentita dire: “Nonna ti voglio bene, ma non ho più bisogno di te come quando ero piccolo”!

Ho compreso che è arrivato il tempo di lasciarlo volare.

(Sandra Pasquali)