I titoli dei giornali sono chiari, da luglio 2021 scatta il caro bollette: elettricità più 9,9 per cento e Gas più 15,3 per cento. Per la famiglie e per il loro tenore di vita è l’ennesimo, ricorrente salasso.

Certo, le motivazioni tecnico-economiche sono tutte ineccepibili, ma il risultato è che tante famiglie dovranno tagliare i consumi con il rischio di sommarsi ai milioni di italiani già oggi rinunciano al libro, al teatro ed a quelle piccole soddisfazioni che rendono più leggero il vivere.

Fatti non foste a viver come bruti, come ricorda Dante. La politica deve cogliere il grido della classe sociale al limite e rassicurare che il tema non è affidato alla rassegnazione, ma alla cura del Governo. L’attesa di milioni di italiani ha priorità nei confronti delle vicende interne ai partiti.

Il Parlamento, forte dell’ attuale ampia maggioranza, ha tutto il tempo per spegnere l’ allarme prezzi: è forse la riforma più urgente da portare avanti. Il comparto agroalimentare, i trasporti e le industrie manifatturiere registrano aumenti energetici e delle materie prime che generano inflazione e grandi difficoltà produttive e commerciali. Artigiani e piccole partite iva conoscono bene il peso di questo stato di cose. Gli aumenti energetici annunciati potrebbero essere il colpo di grazia.

Ad agosto scatterà il semestre bianco, premessa per l’ elezione nel 2022 del nuovo Capo dello Stato; quindi, le elezioni politiche generali si svolgeranno alla scadenza naturale, cioè nel 2023.

Qualora il Presidente Mattarella, che nel settennato in via di conclusione ha dato prova di assoluta garanzia democratica, tanto da meritare simpatia popolare e accrescere stima e fiducia verso l’ Italia, fosse disponibile ad un mandato bis, il quadro generale sarebbe ben più sereno e l’ attività istituzionale ne guadagnerebbe in produttività e gradimento.

Inoltre, emerge un interrogativo: tra due anni la geografia politica e il relativo organigramma saranno quelli di oggi? Il sistema politico deve ispirare serietà, serenità e fiducia, perché un clima sociale turbato dalla pandemia sempre in agguato, dalla situazione economica non ancora sistemata e da un quadro europeo in fermento, subisce ansia, e l’ ansia se non trova risposte incisive e tranquillizzanti può degenerare in rabbia che si avverte e di cui va tenuto conto.

Nel percorso verso il 2023, ci sono date che a tanti dicono poco o nulla, ma ad altri potrebbero risvegliare sentimenti, ricordi, timori, nostalgie e stimolare la ricerca del contrasto che interpreti la rabbia sociale più o meno espressa.

Il 28 ottobre 2022 sono 100 anni dalla Marcia su Roma; come è noto, non fu una scampagnata, ma l’ avvio di una fase storica che instaurò la dittatura fascista che portò l’ Italia all’ abbraccio succube al nazismo e infine alla sciagurata entrata in Guerra nel 1940.

Come si è detto, il malessere sociale esiste oggi come allora, anche se in toni diversi: milioni di poveri assoluti, giovani che abbandonano studi e ricerca di lavoro, una sistema socio-economico troppo teso all’ assistenzialismo e poco all’ occupazione, il tentativo di marginalizzazione del sindacato, un’ eccessiva attenzione alla finanza a scapito del sostegno alle imprese, il lavoro femminile sotto pagato costituiscono un humus che merita attenzione e cure concrete prima che il malessere diventi esasperazione, brodo di coltura per avventure estreme.

Quando il disagio, nelle sue svariate espressioni, avverte di non essere ascoltato o preso sul serio, corre il rischio di cadere nella strumentalizzazione dagli esiti imprevedibili.

Le città che hanno lottato e sofferto in nome della Libertà con le armi della politica e della cultura debbono mettere a disposizione delle Istituzioni il proprio consolidato patrimonio democratico per elaborare un’ analisi storica degli eventi senza pregiudizi e fardelli ideologici.

(Vittorio Feliciani)