Nei giorni scorsi il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha tenuto un discorso a Philadelphia per condannare le leggi approvate o in corso di approvazione in molti stati a maggioranza Repubblicana che limitano l’accesso al voto in diverse circostanze e per diverse categorie. Questi tentativi sono al centro da mesi di un dibattito politico molto agguerrito negli Stati Uniti: Biden l’ha definito “la più importante prova della nostra democrazia dai tempi della Guerra civile del 1861”.

Guerra di secessione americana (Foto Wikipedia)

Il dibattito sul diritto di voto è cominciato negli scorsi mesi, dopo che numerosi stati a maggioranza Repubblicana, dando credito alle accuse di “brogli” fatte dall’ex presidente Donald Trump dopo le ultime elezioni presidenziali, avevano cominciato ad approvare leggi che in teoria avrebbero dovuto rendere più difficili i brogli.

Secondo i Democratici, però, queste leggi in realtà riducono notevolmente l’accesso al voto per le fasce più povere della popolazione e per i gruppi di persone che tradizionalmente sostengono il Partito Democratico alle elezioni, come per esempio gli afroamericani.

Ormai sono più di dieci gli stati che hanno approvato leggi simili o che, come il Texas, intendono farlo a breve. Ciascuna legge ha caratteristiche diverse, ma in generale le misure limitano o rimuovono diverse possibilità di accesso al voto, come il voto via posta (che viene quasi sempre molto ridotto) o come l’uso di buche delle lettere speciali che facilitano il voto; riducono l’assistenza che può essere fornita agli elettori, sia prima sia durante il voto (in Georgia, dove è stata approvata una delle leggi più restrittive, è vietato dare cibo e acqua alle persone in fila per votare, che spesso possono rimanere lì anche ore) e vengono richiesti più documenti di identificazione per votare in alcune circostanze (rendere più complicata la burocrazia di solito scoraggia gli elettori afroamericani, spesso a bassa scolarità). In molti stati, come in Georgia e, se la legge sarà approvata, in Texas, le leggi prevedono inoltre che il controllo di diversi enti amministrativi che gestiscono l’organizzazione delle elezioni sia affidato al partito che in quel momento controlla lo stato.

Il New York Times ha scritto che in Georgia, dopo l’approvazione della legge, il Partito Repubblicano ha cominciato a rimuovere dalle commissioni elettorale di diverse contee i commissari afroamericani e Democratici. In precedenza, la composizione delle commissioni era decisa da entrambi i partiti.

L’unico modo efficace per evitare che gli stati Repubblicani limitino in maniera considerevole l’accesso al voto è l’approvazione di una legge federale che garantisca il diritto di voto, superando la legislazione statale. I Democratici hanno presentato ben due disegni di legge di questo tipo, il “For the People Act” e il “John Lewis Voting Rights Advancement Act”, dedicato al famoso attivista per i diritti civili morto l’anno scorso. Entrambi sono passati facilmente alla Camera, dove i Democratici hanno un’ampia maggioranza, ma il For the People Act è stato bloccato al Senato perché i Repubblicani hanno messo in atto una pratica di ostruzionismo chiamata filibustering, che impone che per approvare una legge sia necessaria una maggioranza di 60 senatori su 100 (ci sono 50 senatori Democratici e 50 Repubblicani, e il Partito Democratico riesce ad avere la maggioranza soltanto grazie al voto della vicepresidente Kamala Harris).

Durante il suo discorso Joe Biden è stato durissimo contro i Repubblicani che stanno limitando il diritto di voto (“Non vi vergognate?”, ha chiesto a un certo punto) e ha esortato il Congresso ad approvare il “For the People Act” e il “John Lewis Voting Rights Advancement Act”.

Cosa pensare? Se la politica perde il suo concetto di servizio alla “polis”, cosa resterà?

(Tiziano Conti)