Le elezioni dei paradossi. Ovvero, quando la politica è finita (per davvero). Renzi voleva fare lo sgambetto, l’ennesimo, a Letta lanciando Isabella Conti nella sfida delle primarie del centrosinistra di Bologna. Invece gli ha fatto un favore.
La sinistra, “Coalizione Civica” in particolare, ma un po’ tutto l’arcipelago alla sinistra del Pd, si sono spesi nel sostegno a Lepore al grido di “Renzi non avrà Bologna”. E adesso si ritrovano in una coalizione dove chi conta è Renzi, cioè Isabella Conti, e loro sono in un angolo.
Terzo aspetto paradossale delle elezioni amministrative di Bologna dell’autunno 2021: per l’ennesima volta il principale alleato della sinistra è Salvini che facendo le barricate per avere Battistini candidato (sulla carta il più debole che potessero scegliere) ha di fatto spianato la strada a Lepore-sindaco.
Quarto: il Pd si è impegnato (in parole ed opere) a demonizzare la sindaca di San Lazzaro. In un attimo, chiuse le urne, è diventata la principale alleata. E si può scommettere che sarà una prossima iscritta del Pd in rampa di lancio per un posto da onorevole.
Quinto, ed ultimo almeno per il momento, quello che doveva essere l’esperimento “più progressista” del partito Democratico, quello di Bologna rischia di diventare il laboratorio per la scalata di Stefano Bonaccini a segretario nazionale di un “liberal-Pd” con dentro i renziani.
Vediamo un po’ meglio questi punti. Questa volta Letta dovrà ringraziare Renzi. Infatti è solo grazie alla mossa del cavallo del leader di Italia Viva che il PD ha “salvato” le primarie a Bologna. L’entrata in scena di Isabella Conti, lanciata dal machiavellico fiorentino proprio per mettere in imbarazzo il partito democratico nella sua capitale, si è trasformata nella miccia per dare un minimo di interesse alle primarie, portare i cittadini ai gazebo, mobilitare (in un senso o nell’altro) i democratici. Pensate all’eventuale duello Lepore – Aitini… quello che doveva essere senza Isabella. Quindicimila alle urne se andava bene, i giornali che se ne sarebbero disinteressati, la guerra fratricida dentro il partito ancora più inacidita. Un flop assicurato.
Invece, grazie Renzi per quelle che restano le primarie più paradossali che si potessero immaginare. Adesso che sono finite e digerite il quadro di quello che è successo a Bologna è ancora più chiaro a tutti: non c’è una coalizione; quelli che hanno perso (i renziani) adesso vengono elogiati e coccolati; quelli che hanno contribuito alla vittoria (la sinistra, interna ed esterna al Pd, Coalizione civica, Articolo Uno, i Coraggiosi eccetera che si sono immolati contro Renzi) viene messa in un angolo; i traditori (cioè gli assessori che hanno sostenuto la candidata di un altro partito) saranno premiati nella nuova giunta; i cittadini di San Lazzaro molto probabilmente resteranno con un sindaco dimezzato (perchè la Conti volente o nolente sarà coinvolta a Bologna e si sta preparando a rientrare nel suo vecchio partito).
E il colmo è che il 60 per cento raccolto dal vincitore nei gazebo è stato trasformato in un trionfo, mentre viste le condizioni di partenza era il minimo sindacale che “doveva” prendere nelle urne. A Bologna, per Matteo Lepore si sono schierati tre ex vicepresidenti del Consiglio (Prodi, Letta e Conte), il presidente della Regione, il sindaco (anzi due perché anche l’evanescente Nardella si è sentito in dovere di schierarsi), i segretari nazionale, regionale e provinciale del Pd, un colosso economico come le coop e tutto quello che resta dei circoli di partito.
Il bello è che l’unico ex presidente del Consiglio che stava con la Conti (cioè Renzi) sicuramente non gli ha portato voti. Anzi li ha fatti perdere tanto è vero che lei in tutta la campagna elettorale non ha fatto altro che prenderne le distanze. Qualsiasi analista avrebbe detto che un siffatto match, a Bologna, sarebbe finito 70/75 a 30/25. Questo 60 scarso a favore di Lepore la dice lunga sulle difficoltà della sinistra, sugli odi che covano dentro al Pd e anche sulla popolarità del candidato.
Tutti questi giochi però possono continuare perché, fortunatamente per il centrosinistra, il centrodestra non ha nessuno da candidare. Salvini dopo aver facilitato la corsa di Merola e Bonaccini (nel 2016 e nel 2019) candidando per due volte Lucia Bergonzoni (cioè l’avversaria migliore per farli vincere), adesso si è ripetuto impuntandosi sul nome di Battistini.
Ma il paradosso più clamoroso, che appare anche una presa in giro per chi ha votato, sono le prospettive che il risultato di domenica lascia intravedere. E’ vero che la politica è imperscrutabile, quindi bisogna sempre essere cauti nei pronostici, ma tutto fa pensare che il pronunciamento del popolo di centrosinistra – vince il candidato più di sinistra grazie soprattutto ai voti della sinistra – si trasformerà in una giunta dove il centro renziano conterà molto. Detto in maniera più brutale, i pontieri (e i poteri forti, se si può ancora usare questa espressione) sono al lavoro da un minuto dopo l’apertura delle urne per mettere la Conti o chi per lei nella futura giunta con un peso e ruolo di rilievo. Se c’è una cosa chiara (e l’ha detta Lepore il primo giorno di campagna elettorale) questo era un voto contro Renzi (“Bologna ha respinto Salvini, respingerà anche Renzi” disse). Diventeranno le primarie che sono servite per dare un ruolo importante a Italia Viva a Palazzo d’Accursio (tra l’altro senza chiedergli di contarsi). L’unico che sembra voler frenare la grande ammucchiata al centro è proprio Lepore. Vedremo.
Ma al di là delle etichette, che non appassionano, è sui programmi che si intravede questa deriva neo-centrista, all’opposto dei proclami. Aspettiamo smentite perché sarà sui programmi che il candidato sindaco avrà l’occasione di far vedere di che stoffa è fatto. Non c’è spazio qua per entrare nei dettagli, quindi solo alcuni “titoli” di temi dirimenti che Lepore (una volta eletto, e non dovrebbero proprio esserci dubbi) dovrà affrontare. Il passante di mezzo, Hera, i rapporti con la Regione, il campus universitario, la cittadella della giustizia, Eco-Bologna. Solo per dirne alcuni. Su questi, più che su Renzi, vale la pena di riflettere (e lavorare) in vista del 10 ottobre.
(Mauro Alberto Mori)