Peccato! Davvero un peccato: l’anno prossimo sarebbero scattati i 550 anni dalla fondazione del Monte dei Paschi di Siena. La più antica banca del mondo: storia vecchia ma, come vedremo, sempre uguale.

Siena: la città di una bellezza sconvolgente! E per conoscerla e capirla non è sufficiente restare ammutoliti davanti o dentro il Duomo ammirando la libreria Piccolomini con gli affreschi del Pinturicchio o il pergamo di Nicola Pisano, o riscoprirsi piccoli piccoli girovagando all’interno del cortile o del Palazzo Pubblico arrestandosi davanti a “Effetti del Buon Governo in città e in campagna” del Lorenzetti o su, nella loggia, ammirando gli originali pannelli marmorei della fonte Gaia del Della Quercia. Occorre girovagare per i cento e cento piccoli e stretti vicoli, con o senza scale, che ne disegnano la pianta cittadina. Io amo percorrere quelli che mi portano a Santa Maria dei Servi e mi ritrovo immobile a rimirare la Madonna del Bordone, di Coppo di Marcovaldo: 1261. O, quando devo lasciare la mia Siena, mi fermo seduto sulle scalinate difronte a Fonte Branda cercando di scoprire il lieve rumore dell’acqua che scorre dentro le sue forme severe. Poi mi incammino verso la grande antica porta che dalla fontana prende il nome e rimugino quando mi sarà possibile ritornare …

Mentre girovago tra i Banchi di Sopra e Di Sotto e via di Città una sosta obbligata nella pasticceria Nannini e, poco lontano, davanti a palazzo Salimbeni, con la statua di Sallustio Bandini (sembra abbia inventato lui la cambiale), mentre mi rimpinzo di ricciarelli: un palazzo che sembra la facciata di un castello, con quella sua bellissima porta laterale e quelle trifore austere. Il resto è pietra e solo pietra.

Tanta protezione non è stata sufficiente a proteggerne il prezioso contenuto anche se la causa della debacle non è stata l’ingiuria del tempo, ma quella dell’uomo. Sono stati sufficienti dieci anni di pessimo governo per decretare la fine della gloriosa banca, il Monte dei Paschi (erano gli antichi magistrati della città), dieci anni di silenzi o grida sconclusionate scandite da ogni parte, dieci anni che hanno lasciato solo cenere e cenere che, tanto per cambiare, pagheremo noi tutti.

A dire il vero, qualcuno ha pagato, precipitando da una finestra nel retro del palazzo, non si sa sa suicida o aiutato … Un po’ di numeri? La bellezza di sei miliardi di euro di cause legali (da noi si dice chi l’aslonga la scapa), o i quattro (sempre miliardi di euro) di crediti malati (un colorito eufemismo per indicare la praticamente impossibile azione del rientro di quanto prestato). Oggi il coro dei nostri politicanti (senza esclusione) strepita e addita lo scandalo, eppure sono trascorsi la bellezza di quattro lunghi anni in assenza di qualsivoglia intervento, quattro anni che l’Europa ha fissato per cercare una soluzione per il benessere della banca dopo aver autorizzato un pesante esborso di denaro pubblico (5,4 miliardi di euro). Mi correggo: in questi quattro anni si è cercato di “ripulire” i credi malati (vedi sopra) sborsando la bellezza di quasi 5 miliardi di euro, il rapporto tra costi e ricavi è passato dal 63 al 75% e le continue perdite hanno limato il capitale della banca che nel 2020 era di 5,7 miliardi (12,4 miliardi quattro anni fa). Una fotografia della situazione attuale in due numeri: nel 2020 ricavi per 2,9 miliardi e perdita di 1,69 miliardi (sempre in euro). In poche parole il Roe (Return on equity) sotto zero e assenza di valide offerte da parte di compratori.

In verità, un compratore si è fatto avanti e vuole solo il buono: circa il 4% del mercato bancario (80 miliardi di prestiti e un attivo di 150 miliardi), ad altri gli sportelli del sud Italia e i prestiti inesigibili restano al pubblico (cioè noi tutti). Prendere o lasciare.

Una probabile causa di tutto ciò? Occorre risalire al 2007 (Draghi Governatore di Banca d’Italia) quando si decise l’acquisto di Antonveneta per la modesta cifra di 9 miliardi di euro e di lì a poco la crisi economica finanziaria del 2011: l’inizio della fine.

Una nota di colore: La Fondazione MPS ha chiesto danni per 3.8 miliardi per l’acquisizione di Antonveneta e gli aumenti di capitale successivi che si resero necessari, sorvolando sul fatto che all’epoca dei fatti la Fondazione stessa aveva il controllo maggioritario sulla banca. Se non ci fosse da piangere …

Rimugina e rimugina ho finito i ricciarelli ma non mi stanco di restare lì a contemplate il superbo palazzo Salimbeni. Mi incammino malvolentieri verso il basso, verso la porta Fonte Branda, verso l’addio (per il momento) alla mia adorata bellissima Siena. Ora mi sovvengo: non sono stato a vedere San Francesco (la crocifissione del Lorenzetti) e l’Oratorio di San Bernardino, uno scrigno pieno di Sano di Pietro, Neroccio di Bartolomeo, Beccafumi, Sodoma, Manetti e ne dimentico sicuramente tanti altri. Un’ottima scusa per ritornare. E la vecchia Banca non ci sarà più. Ve ne sarà una nuova, del tutto identica a quella attuale: un po’ di certezza non fa mai male.

(Mauro Magnani)