Imola. Nei giorni scorsi si è svolto un incontro promosso dalla Fondazione Pico per affrontare il tema dell’innovazione nelle cooperative. Al termine del convegno abbiamo ricostruito temi del confronto grazie alla disponibilità di alcuni partecipanti.

“Intanto Pico è una fondazione nata per aiutare le imprese cooperative nel gestire il processo di trasformazione digitale attraverso: mappatura dei possibili percorsi di sviluppo digitale, supporto tecnologico e organizzativo, analisi delle competenze digitali, individuazione dei finanziamenti esistenti sul tema, formazione digitale, supporto tecnico/gestionale, implementazione”

Cosa è emerso dal convegno?
“È emerso che le Cooperative, come qualsiasi azienda indipendentemente dalla ragione sociale, può ambire alla continuità (quasi un obbligo statutario per le Cooperative) solo se riesce a stare sul mercato con profitto, e per far questo deve riuscire a stare al passo con le evoluzioni culturali, tecnologiche e sociali. Questo è ancor più veritiero in questo periodo storico dove tutte le organizzazioni sono diventate dei sistemi socio- tecnici complessi ove le difficoltà non solo insite nella complessità ma nel fatto che non c’è una storicità alla quale attingere in termini di best practices”.

E quindi le Cooperative….
“Le cooperative hanno nel loro Dna la complessità. Un concetto che va spiegato meglio, una cooperativa sorge quasi esclusivamente per affrontare situazioni di difficoltà ed alla base tutte le cooperative hanno un assunto tanto semplice quanto primordiale: un gruppo di persone con un obiettivo comune ha maggiori opportunità di successo del singolo individuo. La cooperazione e la mutualità sono state le chiavi per affrontare tematiche complesse e quindi – ancora una volta – possono essere le chiavi per affrontare la complessità della trasformazione digitale”.

Perché usate il termine  di problema?
“Perché possiamo parlare di ‘trasformazione’, possiamo parlare di ‘transazione’, possiamo anche parlare di ‘innovazione’ che oggi va molto di moda ma di fatto stiamo parlando di una sola cosa: di cambiamento. Cambiare non è mai semplice, cambiare fa paura soprattutto per delle cooperative quando il cambiamento – soprattutto se tecnologico – getta ombre sull’occupazione. Quando il successo della cooperativa si fonda su un particolar ‘saper fare’ che sempre più velocemente diventa obsoleto. Quando da una competenza/conoscenza ‘fisica’ se vogliamo tangibile e materiale si deve passare a una competenza/conoscenza del tutto nuovo, digitale, virtuale, intangibile. Pensiamo alla terra per le cooperative agricole, al ‘ferro’ per le cooperative metalmeccaniche, all’essere umano e le sue fasi di maggior vulnerabilità (l’infanzia e l’anzianità) per le cooperative sociali”.

Ci sono anche le opportunità?
“Sì, perché ogni cambiamento ha in sé il germe della novità e normalmente si attua nel momento in cui lo status-quo inizia a manifestare segni di cedimento, quando la sicurezza del fare il noto non compensa più il suo calo di redditività o di gradimento in senso lato. L’opportunità si trova alla fine del percorso, quando superati gli scogli della curva di esperienza iniziale e dell’abitudine (che forse è il maggior freno inibitore al cambiamento) si giunge alla piena gestione della nuova situazione con tutto quanto quello che concerne”.“

Rispetto ad altre forme di azienda la cooperativa è avvantaggiata o svantaggiata nell’approcciare la trasformazione digitale?
“La cooperativa per citare una frase fatta è come il calabrone: ‘Secondo la fisica il calabrone non potrebbe volare. Eppure vola’. Le sfide e le difficoltà sono nel Dna delle cooperative molte delle quali, come sappiamo, nascono proprio con lo scopo di cercare lavoro in periodi difficili e non allo scopo di investire o mettere a reddito capitali. Tipici esempi di questa propensione alla sfida sono le cooperative storiche nate nel dopoguerra per far fronte alla mancanza di lavoro e più recentemente le cooperative nate da processi di worker buyout per riappropriarsi di una occupazione persa. Abbiamo già citato tra gli svantaggi una storia cooperativa fondata sul fare materiale; sicuramente per estremizzare un processo di trasformazione digitale è maggiormente abbordabile da una azienda informatica o da una azienda ad alto contenuto tecnologico rispetto ad una piccola cooperativa meccanica.
Altro fattore di svantaggio può essere un processo decisionale che all’interno delle cooperative può risultare mediamente più dispendioso in termini di tempo rispetto altre forme di azienda. In Cooperativa infatti il gruppo manageriale deve ottenere una delibera del Cda; il Cda – essendo espressione della proprietà – deve ottenere una delibera dai membri della base sociale (i soci delle Cooperativa); la base sociale che è miscelata tra i dipendenti deve essere motore di indirizzo ed attuazione di quanto deliberato nei confronti dei lavoratori tutti”.

In pratica, come dice il presidente di Cefla Gianmaria Balducci, “un iter decisionale lungo e faticoso che nella nostra Cooperativa prevede non meno di 10 assemblee all’anno e tanti incontri informali al fine di garantire una partecipazione collettiva di tutti gli stakeholder (managers, cda, soci, lavoratori) al processo propositivo e decisionale delle scelte ed indirizzi strategici, ma che porta come risultato finale ad un commitment profondo dell’intero tessuto aziendale. Caratteristica molto tipica delle cooperative industriali imolesi (Cefla, Sacmi, Ceramica Imola, ecc). Quindi uno svantaggio inziale in termini di tempistica ed impegno per la condivisione che viene recuperato e più che compensato dal vantaggio finale dati da un gruppo coeso all’obiettivo”.

Abbiamo poi chiesto a Claudio Fedrigo, cicepresidente della Cefla con delega alle risorse umane, quale è allora la sfida più importante legata alla trasformazione digitale, “Nel mio modo di vedere la sfida della trasformazione digitale non è insita nella parola digitale ma si annida nella parola trasformazione. In sostanza, in qualità di cooperatore e per il ruolo che ho l’onore di ricoprire in Cefla, ritengo che la vera sfida sarà nella capacità di legare la ‘trasformazione digitale’ alla ‘trasformazione delle professionalità esistenti’ e non ad una sostituzione delle professionalità esistenti”.

Questo non solo per ancestrale attaccamento a principi statutari e/o valori cooperativi ma per mera considerazione statistica: “I lavoratori restano in azienda più anni rispetto al passato, il pensionamento è posticipato, l’anzianità media dei dipendenti tende ad alzarsi. Per effetto dell’obsolescenza tecnologica e dell’obsolescenza dei processi produttivi – molto più rapida che nel passato – il periodo di tempo lungo il quale un lavoratore riesce a scaricare a terra il suo background scolastico e/o il suo background lavorativo si riduce velocemente Per queste ragioni la sfida sarà quella di trasformare le competenze esistenti, senza trascurare il fatto che – ed ogni rivoluzione lo ha confermato – nasceranno nuove professioni e quindi nuove forme di occupazione. La storia ci insegna che tutte le innovazioni e/o trasformazioni industriali liberano tempo. Tempo impiegabile per crescere, formarsi e condividere con gli altri; la condivisone delle esperienze, delle informazioni, dei dati, e quindi la fiducia in azienda e tra le aziende sarà l’altro aspetto fondamentale che permetterà di scaricare a terra gli enormi vantaggi derivanti da questa trasformazione ed in primis i vantaggi che possono derivare dal corretto utilizzo delle informazioni contenute nei big data. Siamo partirti dall’associazionismo che è tipicamente una espressione legata alla cooperativa per chiudere il discorso con un concetto di condivisione delle “esperienze digitali” che come la mutualità è altra valore fondate della cooperativa. Forse il cambiamento è meno brutto e meno difficile di quello che si pensa.”

Claudio Fredrigo, vicepresidente Cefla Imola

Chiediamo al termine di questa riflessione sulla trasformazione digitale, come procede la new.co Irs (Imola retail solution) nata dalla cessione della BU Shopfitting di Cefla all’azienda svedese Itab. “Lo scorso anno abbiamo avuto modo di parlare approfonditamente delle ragioni di questa cessione e di come Cefla – con l’aiuto delle parti sindacali – hanno cercato di dare corpo ad un progetto che oltre a soddisfare ragioni industriali potesse tutelare l’occupazione. Ad un anno dall’operazione abbiamo il piacere di constatare che per il momento gli obiettivi sono stati raggiunti su entrambi i fronti. Sul fronte dell’occupazione tutti gli ex colleghi della BU Shopfitting hanno trovato lavoro in Irs che continua a mantenere stabilimento produttivo ed uffici nelle palazzine Cefla di via Selice a Imola.  Irs ha incrementato l’organo trasferito dalla ex Bu Shopfitting con almeno tre nuove assunzioni e con l’impiego di circa 30 lavoratori somministrati. Contrattualmente, fino al 31/12/2021, sono distaccati presso la New.Co circa 17 Soci Cefla; al loro rientro in Cooperativa- se il mercato continuerà a rispondere come oggi – le loro mansioni dovranno essere ricoperte da nuove assunzioni.
Sul fronte industriale e quindi di business abbiamo potuto constatare, come sempre sostenuto, che le economie di scala conseguibili nell’essere parte del gruppo Itab ha permesso di consuntivare alla New.co – in un anno falcidiato dal Covid – un risultato molto interessante. La presa ordini è molto corposa tanto che da un portafoglio ordini con visibilità storica inferiore al mese si è passati ad un portafoglio ordini di 3-4 mesi. Questo significa che a fine settembre ci saranno ordini da evadere fino alla fine dell’anno. Un risultato straordinario non solo per IRS ma anche per la media registrata tra i competitors del settore.
Queste performances e la buona riuscita del progetto sono le ragioni per le quali la capogruppo ITAB ha deciso di organizzare a Imola in data 22 settembre il proprio Board Meeting.  Leggiamo questa decisione come un segnale molto positivo che headquarter svedese ha voluto dare alla nuova realtà.
In occasione dell’incontro avuto con la delegazione svedese, abbiamo colto soddisfazione per le performance consuntivate, soddisfazione per le linee produttive acquistate e per le competenze dei nostri ex colleghi; le prospettive per il prossimo anno sono minate dal problema del costo delle materie prime. Costo che IRS nel corso del 2021 ha parzialmente compensato con tre incrementi mirati  – per cliente e nazione – sui listini di vendita. Una operazione che la ex Bu Shopfitting avrebbe faticato a mettere in atto senza compromettere la presa degli ordini e quindi i volumi di vendita”.

(a cura di m.z.)