Bologna. “Con questo risultato Bologna si conferma la città più progressista d’Italia con un centro-sinistra forte e unito che saprà vincere l’appuntamento di ottobre”. Queste le parole di Matteo Lepore, neo eletto candidato per la coalizione di centro-sinistra nelle primarie bolognesi di fine giugno. Concettualmente, il progressismo è una nozione delineata che non lascia adito a particolari dubbi ma la sua unità di misurazione? In altre parole, quando tra i progressisti lo si è più degli altri?

Bologna non è certo una città progressista dal punto di vista climatico, attestandosi tra le più inquinate in Europa con valori medi di PM10 vicini o superiori ai 100 microgrammi al metro cubo, il doppio del limite consentito dalla norma, per decine di giorni all’anno. E il progressismo della rossa risulta instabile anche nel tanto decantato livello sanitario, con una sanità privata che registra numeri sempre più alti e un pubblico che performa bene in ambiti altamente specializzati e per patologie gravi, ma fatica a tenere il passo sulla prevenzione e la gestione dei medici di famiglia generalisti. Manca addirittura il registro tumori, indispensabile per mappare l’effetto delle esposizioni a sostanze e la salute nelle varie zone della città metropolitana: il capoluogo emiliano rimane l’unica provincia del Nord Italia a non averlo. Bologna non è nemmeno la più progressista dal punto di vista abitativo, con un tessuto lacerato dal numero crescente di appartamenti adibiti ad Airbnb, fuori e dentro le mura, con studenti costretti a lasciare la città perché impossibilitati ad affittare un letto in una tripla, e una quantità enorme di sfratti. Oltre 1500 quelli previsti per il 2021, soglia insuperata dal 2014.

Matteo Lepore, assessore uscente con deleghe al turismo, promozione della città, cultura e immaginazione civica, siede spesso e a suo agio a tavoli di confronto con i sindaci municipalisti d’Europa (l’ultimo dibattito alla Festa dell’Unità del 1 settembre) ma laddove una Ada Colau lancia invettive e si posiziona duramente contro l’avanzare dei colossi come Airbnb vietando gli affitti brevi al di sotto del mese nella città di Barcellona, il dem Lepore si limita a “rendere la vita più semplice a chi è host Airbnb a Bologna”, permettendo alla categoria di versare automaticamente l’imposta di soggiorno dovuta e girarla al Comune. Qui un primato, condiviso ma pur sempre valido, c’è: “in Italia questa modalità è possibile solo a Bologna e a Genova”, leggiamo sul sito del candidato.

Il banner ”città più progressista” è stato applicato alle esternazioni dell’intera coalizione di centro-sinistra, ma non risulta così calato dall’alto per la lista di Coalizione Civica, che già nel 2016 puntava a una “Bologna città meno diseguale d’Europa”. Potrebbe sembrare un mero rebranding comunicativo ma “Non lo è” – dice Emily Clancy, capolista e consigliera uscente ri-candidata, “sei anni fa quando formammo Coalizione Civica decidemmo che il nostro obiettivo era proprio quello di rendere Bologna la città meno diseguale d’Europa. A distanza di sei anni, con una pandemia in mezzo e la crisi climatica che incombe sono sempre più convinta che siamo stati profetici. Sono emerse con chiarezza carenze sistemiche, discriminazioni, la correlazione fra l’aria che respiriamo e il nostro benessere psicofisico: non si può più tornare indietro o chiudere gli occhi su queste diseguaglianze”.

Dalle affermazioni dei candidati, il primato sembra delinearsi come tensione da un lato e conquista da difendere dall’altro. Sebbene Bologna detenga il primato per qualità della vita in Italia, in base alla classifica 2020 del Sole 24 ore, pensare allo status quo come un qualcosa da difendere sarebbe un errore, specialmente avendo avuto occasione di osservarne le gravi fragilità in tempo di pandemia. “Non c’è normalità alla quale ritornare, c’è una realtà da cambiare. Se la normalità è puntare su idee di città superate dall’attualità, in cui i turisti vengono prima dei cittadini, noi non ci stiamo. Non è un caso che Bologna sia la quarta città più cara d’Italia per costo degli affitti. È normale? Per noi di Coalizione Civica, no. Bologna è una delle città più inquinate d’Europa. Non d’Italia, d’Europa: per me non è accettabile che sia la normalità. Le ordinanze anti alcool e anti bivacco non sono normali ma procedimenti abusati negli anni passati per dividere la città in una scacchiera, come per la raccolta differenziata dei rifiuti”. La consigliera però crede che questa tendenza si possa invertire: “chi nasce o sceglie di vivere qui è bolognese, indipendentemente dalla sua provenienza geografica o da quella dei suoi genitori: è con tutt* loro che costruiremo la Bologna del futuro. La meraviglia del municipalismo è proprio questa, scrivere insieme una nuova identità collettiva”.

Il nominato municipalismo, o la tendenza a rivendicare autonomie amministrative locali per agire sui problemi politici, economici e sociali in termini municipali, ristretti, senza delegare al livello regionale o nazionale, è una risorsa a livello politico. È ciò che permetterebbe alla nuova amministrazione di Bologna di rendere concreti gli ideali, trasferire i valori dalla dimensione dell’astrattezza a quella della tangibilità quotidiana, nella vita delle persone. Senza contare il possibile effetto a catena: le decisioni prese a livello di comune hanno la capacità, la potenza di esplodere e travalicare i confini delle città raggiungendo lo spazio della realtà globale, influenzandola nella sua evoluzione con l’adozione e il confronto delle cosiddette buone pratiche.

L’idea di progressismo e quella di lotta alle disuguaglianze non sono sovrapponibili, laddove la prima non necessariamente incontra le necessità della popolazione nel suo complesso. Per dirne una, se il livello di inquinamento complessivo cala, ma le zone più interessate dal problema rimangono a rischio, non vi è ragione di gioire, specialmente se queste coincidono con le aree a basso reddito, meno istruite e peggio servite della città e quindi, per definizione, più fragili. È interessante ipotizzare, in un’ottica di allocazione del budget, quale tra le due prospettive assumerà maggior rilievo nell’operato della giunta. Il consociativismo della sinistra bolognese, stretta a sostegno di Lepore con sette liste da trentasei candidati ciascuna, potrebbe portare a una scelta obbligata. In ogni caso, tra cinque anni sapremo se Bologna sarà scesa alla decima o magari quindicesima posizione tra le città con affitti più cari o se investire in immobili da affittare su Airbnb sarà la migliore scelta di mercato per il bolognese del 2026.

(Alessia Muzzarelli)