Imola. La giunta ha approvato nei giorni scorsi il progetto presentato da Asp Circondario imolese, denominato “Costruire Comunità – Uscire dalle macerie”.
“Questo progetto nato dalla collaborazione tra la nostra Amministrazione, il servizio politiche sociali, e l’Asp, caldeggiato anche dai sindacati in sede di bilancio preventivo, risponde primariamente al desiderio di sicurezza della nostra comunità. Accanto alle necessarie azioni repressive, crediamo fermamente che non debbano mancare interventi educativi e di mediazione in quei contesti in cui più facilmente si generano conflitti”, spiega Daniela Spadoni, assessora alle Politiche sociali.
Il progetto, finanziato dal Comune di Imola per 250mila euro, è finalizzato prevalentemente alla mediazione sociale in ambiti abitativi e residenziali particolarmente fragili, come quelli riconducibili agli alloggi di edilizia residenziale pubblica e/o altre zone e quartieri con problematiche già note e conosciute.
Spadoni: “Dopo il Covid noi non vogliamo tornare come prima, ma meglio di prima” – “Il progetto proposto quindi dai servizi sociali parte prima di tutto dallo studio della situazione relazionale in alcuni contesti territoriali già definiti. Alcuni quartieri un po’ più a rischio di conflittualità. Il tutto si basa sulla creazione di un gruppo di lavoro composto da OSS, educatori, coordinati da un assistente sociale che restano fisicamente sul territorio, grazie anche ad un ufficio mobile, realizzato su un camper per essere più vicino ai bisogni reali delle persone – sottolinea l’assessora Spadoni che aggiunge -. Il progetto è sperimentale per due anni e contiamo poi, con il consenso dei sindaci del territorio, se raggiunge il suo scopo, di poterlo proporre anche alla programmazione circondariale come progetto strutturale. Si avvale comunque della rete di associazioni e realtà presenti già sul territorio, perché abbiamo bisogno di tutti per creare comunità. E da qui proprio il nome al progetto. Creare comunità, uscire dalle macerie, perché dopo il Covid noi non vogliamo tornare come prima, ma meglio di prima”.
Il progetto partirà da alcuni territori in cui vi sono molte abitazioni Acer, per cominciare da lì a risolvere i conflitti che si generano sia in relazione all’uso dei beni pubblici, sia come rapporti tra famiglie. “Nel restare sul territorio si possono incontrare anche fragilità che hanno bisogno di un aiuto ma che avrebbero fatto fatica a palesarsi. E restare sul territorio vuol dire abitare, essere lì presenti e impedire che il vuoto si riempia di non senso. Oltre a ciò, vi è anche l’obiettivo di diffondere la cultura della responsabilità verso i beni comuni, le opere pubbliche, e le relazioni umane”, mette in evidenza la Spadoni.