C’è chi pensa che il presente di ciò che mangiamo sia complesso e duro: ingiustizie globali e sofisticazioni ma anche cibo… senza agricoltura e un’industria alimentare irresponsabile che minaccia la salute del pianeta.
Forse potremmo rifugiarci nella letteratura.
A proposito dell’alimento-base, il pane, Yossorian – uno dei protagonisti di «Comma 22», splendido romanzo antimilitarista di Joseph Heller – ci racconta questa piccola, grande storia. «Ho tritato centinaia di pani di sapone militare insieme alle patate al solo scopo di dimostrare che la gente ha gusti filistei e non sa distinguere fra ciò che è buono e ciò che è cattivo». Tutta la squadriglia finisce in ospedale, e Milo gli replica: «Si è dovuto rendere conto quanto la sua opinione fosse sbagliata». La risposta di Yossorian è secca: «Al contrario, ne divorammo piatti interi chiedendo a gran voce che ce ne portassero ancora».
Accade già con il cibo-spazzatura: insomma ci piace la merda se è luccicante e pubblicizzata. Sempre in «Comma 22» Milo propone alla mensa «cotone (egiziano) ricoperto di cioccolato» e soprattutto «compra uova a Malta per 7 centesimi l’una per rivenderle a Pianosa per 5 cent, guadagnandoci su» che è decisamente il trionfo del capitalismo-discount. Ma questo ci porterebbe fuori strada.
Comunque la tavola è sempre stata e resterà un campo di battaglia. Per evidenti ragioni: chi mangia e chi no; chi si ammala per i veleni nel piatto e chi si nutre in modo sano. Ma anche per le imposizioni-sperimentazioni (ogm in testa) a vantaggio di pochi; per i veleni nei campi e nei conservanti; per questioni intricate che si legano a identità, insicurezza e/o dittatura dell’immagine traducendosi nell’aumento di anoressia e bulimia; per la sacrosanta lotta contro il Mc-disgusto o i vari Neskifezzè; per i tentativi di dare un salario equo a chi lavora nei campi (o nelle cucine globali) e viene sfruttato fino alla schiavitù.
Ma la cucina resta terreno di lotta anche per antichissime e nuove seduzioni: è imperdibile il romanzo «Come cucinare un marito all’africana», con tanto di ricette, di Calixthe Belala; in certi punti ricorda e amplia il famoso pranzo erotico del film «Tom Jones» di Tony Richardson.
E domani? Nel futuro prossimo avremo nel piatto sempre più alghe, e/o formiche e locuste, e/o polli fatti in laboratorio? Oppure pillole iper-nutrienti? O forse ci saranno i negozi di cibo sorvegliati da guardie armate cone fossero gioiellerie? Questa ultima profezia è del 1966 nel romanzo «Largo, largo» di Harry Harrison poi diventato un film di successo con il titolo 2022: i sopravvissuti… Toh, è l’anno prossimo.
Ma esiste un racconto o un romanzo di fantascienza al cui centro sia – in futuro o in qualche mondo lontano – il semplice pane? Secondo una prima ricerca (tra chi conosce il genere) parrebbe di no. Eppure… all’inizio di quest’anno Oscar Mondadori ha pubblicato «Radicalized: quattro storie del futuro», una splendida antologia del canadese Cory Doctorow. E il primo, lungo racconto si intitola «Pane non autorizzato».
Inizia così: «Lei teneva la fetta davanti al monitor (del fornetto tostapane) in attesa che comparisse l’emoji del pollice alzato ma al suo posto era apparsa la faccina che si grattava la testa, accompagnata da un flebile brrt». Da qui si snoda una vicenda che potrebbe davvero essere il nostro futuro prossimo. Essendo ormai lo spoiler – cioè svelare le trame – un grave reato non si rivelerà qui lo sviluppo e tanto meno la fine del racconto. Se non per dire che, dopo drammatiche vicende, c’è un sorriso in fondo al tunnel: «mandami la ricetta delle brioches al cardamomo per favore».
A proposito di “ricette” uno dei più celebri scrittori di fantascienza, Robert Sheckley, scoprì la semplice formula per trasformare le mele in arance: «gusto diviso sapore più la radice quadrata di colore moltiplicato per il quadrato dei semi». Facile, no? Ma a volte – si sa – la soluzione non la vediamo perchè è proprio sotto il nostro naso.
(Daniele Barbieri)