Bologna. Se è partito, tornerà? Si dice che ogni viaggio è un ritorno, ma non è detto che si riesca sempre a tornare. Se vogliamo essere un partito che torna con successo, dobbiamo sapere prendere partito oggi, adesso, saper dire: andiamo lì, quella è la nostra direzione. Quindi dove andiamo? Verso una comunità di liberi e eguali: al primo posto il lavoro a tempo indeterminato e l’aumento delle retribuzioni. La precarietà e i bassi salari non permettono la sicurezza necessaria e una vita dignitosa.
Oggi la riforma fiscale urgente e prioritaria è quella delle tasse sul lavoro dipendente e autonomo. Insieme a tre riforme sociali:
1) Incentivi strutturali per aggregazione di impresa o cooperative di lavoratori autonomi, perché il lavoratore autonomo singolo nei servizi subisce il ricatto del lavorare sempre di più a sempre meno, con falsa autonomia.
2) Democrazia economica con presenza nei consigli di amministrazione e rappresentatività regolata per legge.
3) Disoccupazione con indennità adeguata e universale per tutti i tipi di lavoro. Seconda direzione: Istruzione e formazione in una scuola pubblica che riscopre la sua funzione principale: educare. Un insegnante ogni 15 ragazzi. La terza direzione è la buona occupazione delle donne e la parità salariale effettiva per lavori uguali e una forte incentivazione alla previdenza integrativa per i giovani, con introduzione del servizio civile obbligatorio ( legge regionale?).
Partito come comunità di liberi e eguali . Il nostro tempo è segnato da una nuova inedita lotta tra due modi di intendere la vita sociale: individuo o persona. C’è antagonismo tra queste due condizioni di vita. Il mondo globale frantuma i legami sociali in nome del denaro liquido. Questo è la società liquida: consumismo e diseguaglianze. E continui processi di chiusura individualista. Libertà come libero egoismo e familismo tribale. Ma apre anche occasioni di nuovi legami di libertà, di condivisione, di cooperazione. Spazi di autonomia nei quali il cittadino fa coincidere libertà con responsabilità verso l’altro. L’antagonismo tra questi due modi di essere e di fare può essere il nuovo discrimine su cui prendere partito, la missione della politica democratica. In Emilia Romagna ci sono le condizioni per costruire intorno alla persona la lotta contro l’individualismo liquido.
Una condizione necessaria è riformare il modo di essere e di fare dei partiti. Oggi sono comitati elettorali e le correnti interne sono la leva per assicurare candidature e posti. Il Pd non è riuscito ad arrestare la deriva che dal pluralismo a portato alla formazione di tanti notabili, che usano le posizioni differenti per la propria sopravvivenza. Esemplare il caso di Bologna, dove i capi corrente hanno cambiato diverse volte i propri riferimenti correntizi nazionali, restando al comando sempre della stessa fetta di partito e di seguaci.
Vorrei essere chiaro: le correnti servono, servono i punti di vista differenti, serve io conflitto democratico per definire una posizione politica prevalente. Ma oggi siamo alla pandemia correntizia e al trasformismo opportunista. Chi ricorda più la clamorosa dimissione di Zingaretti da segretario, motivata proprio dalla degenerazione delle correnti: prima i posti, poi i contenuti e la lealtà? Oggi servono nuove sorgenti, non altre correnti.
Per me potranno sgorgare solo da una riforma radicale: gli iscritti devono votare sulle scelte, in modo organizzato e periodico, non solo al congresso, ma sugli orientamenti di fondo e sui temi importanti di settore o di diritti generali. Propongo che si lavori a una proposta di riforma del Pd dell’Emilia/Romagna e che il suo contenuto sua sottoposto, dopo fase di adeguata discussione, a votazione diretta degli iscritti.
(Virginio Merola, presidente Istituto Parri)
Dotti, medci e sapienti…