Talvolta mi capita di ricevere mail di aspiranti scrittori che mi chiedono consigli su come pubblicare. Rispondo sempre volentieri, soprattutto raccontando la mia esperienza personale, che è particolare e costellata di errori, errori che elenco con piacere affinchè gli altri possano evitarli. È capitato che qualcuno si spingesse oltre, inviandomi anche qualcosa da leggere. Io fatico a leggere quello che vorrei, ho una pila di libri acquistati e mai sfogliati, in attesa di attenzioni, figuriamoci se mi cimento sui manoscritti degli aspiranti scrittori. Per quelli ci sono le agenzie letterarie, ci sono gli editor freelance.

Ad ogni modo, quando ricevi un file, la curiosità prende il sopravvento e finisco per scorrere qualche riga. Solo in un caso mi è capitato qualcosa di veramente valido e l’ho segnalato al mio agente. Negli altri casi no, racconti o romanzi anche discreti, ma difficilmente pubblicabili. Non mi sono mai esposto, mi sono sempre trincerato dietro un Non ho tempo per leggere o un diplomatico Non è male, in bocca al lupo. Questo fino a qualche mese fa quando, al cospetto di qualcosa di bestialmente indecente, ho risposto al malcapitato con tutta la mia sincerità: “Se scrivere ti fa stare bene fallo, mi fa piacere”, gli ho detto, “ma nessuna casa editrice ti pubblicherà mai, ti puoi al limite autopubblicare su Amazon”. Mi è dispiaciuto, ma non più di tanto, sono entrato nel mood Master Chef e devo dire che è liberatorio.

Dopodiché ho ripensato a quell’articolo di Sandrone Dazieri che, di tanto in tanto, vado a rileggere. Non mi trovo d’accordo su tutto, ma ritengo che ogni aspirante scrittore dovrebbe leggerlo e rifletterci sopra per qualche decina di minuti.

Lettera a una ragazza di 16 anni che vuole pubblicare.
(di Sandrone Dazieri)

Quando termino la presentazione di un libro non mio, normalmente mi alzo e lascio che gli scrittori  rimangano a disposizione del pubblico. E’ in quel momento, di solito, che ricevo manoscritti o richieste rivolte alla casa editrice che in quel momento rappresento, perché da sempre, oltre a scrivere, pubblico libri altrui con grande godimento.

L’ultima volta, mi si è avvicinata una ragazza e mi ha confessato di avere sedici anni e un manoscritto nel cassetto. Il suo sogno era pubblicarlo e voleva consigli su come e a chi spedirlo. Io ho messo la marcia automatica e le ho spiegato, come faccio con tutti, che doveva cercare un editore che pubblicasse cose simili alle sue e che prendesse italiani esordienti. Quando si è allontanata, però, ho pensato che ero un vigliacco. Ok, ero stanco, e non avevo voglia di far piangera una ragazzina, ma avrei dovuto dirle la verità. Cara ragazza di sedici anni che vuoi pubblicare, te la scrivo qui la cosa che avrei dovuto dirti.

Lascia perdere.

Ti spiego perché.

  1. Perché la tua storia fa acqua. E’ vero, il mercato ora ha aperto la grande categoria degli Young Adult, ovvero dei libri per ragazzi della tua età – poco di meno, poco di più – e capita che qualcuno della tua età riesca a toccare il cuore dei suoi coetanei con un storia scritta con mano felice. Ma le possibilità sono una su un milione, forse di meno. A scrivere si impara leggendo e lavorando di lima sul proprio testo, per anni e anni. Leggi da troppo poco, hai letto troppo poco, hai lavorato troppo poco. La tua storia sarà stata già letta e scritta milioni di volte, solo che non hai ancora lo spirito critico e l’esperienza per rendertene conto.
  2. Perché i tuoi personaggi sono di cartone. Hai conosciuto troppe poche persone a fondo, forse solo i tuoi genitori, l’amore stai cominciando a scoprirlo e non hai la giusta distanza per ragionarvi. Quello che sai del mondo, della vita e della morte, per lo più lo hai imparato da altri libri o dai film, prodotti culturali che sono la sintesi, più o meno riuscita, del percorso di vita e conoscenza di altre persone, che però non può sostituire il tuo. Per questo i tuoi personaggi saranno fasulli, i dialoghi penosi, le psicologie infantili.
  3. Perché scrivere è bellissimo, ma solo lo si fa per sé stessi. Poi diventa un lavoro. Brutto. Non puoi scrivere quando hai voglia, non puoi scrivere quando hai tempo, non puoi scrivere quando ti gira. Devi farlo in modo regolare, tu ne abbia voglia o meno, perché è l’unico modo per entrare davvero in quel mondo che stai costruendo. Scrivere è la ricerca della solitudine, del silenzio. Non puoi scrivere mentre chatti, mentre guardi la televisione, mentre parli al telefono. Non puoi scrivere dopo che hai fatto i compiti, non puoi scrivere solo la domenica. Fidati, la terza volta che dovrai editare il tuo testo, se non sei l’uno su un milione di cui sopra, sarai triste, disperata e con l’autostima sotto le scarpe. Probabilmente, poi, la terza non sarà nemmeno l’ultima.
  4. Perché sarai invisibile. Al novantanove per cento – e probabilmente sono generoso – il tuo libro non venderà niente. Se avrai pubblicato con un piccolo editore stamperanno poche centinaia di copie. Con un grande editore dalle due alle quattromila. Non sarai esposta ma infilata in qualche scaffale. Se ci sarai. In Italia ci sono circa 3 mila librerie, fa un po’ tu il conto in quante potrai essere. Niente pigne, niente vetrine. Sarai rumore di fondo.
  5. Perché non venderai niente. Delle tirature abbiamo parlato. Venderai, se ti va bene e non sei l’una su un milione, dal quaranta al sessanta per cento di quello che è stato distribuito. Ma se ti va male neanche quello. Non finirai in classifica, non diventerai ricca, non ti ci comprerai nemmeno una borsa o un motorino.
  6. Perché non diventerai famosa. Se non sarai una su un milione, il tuo libro sarà dimenticato insieme con il tuo nome subito dopo l’uscita. Il tuo editor si romperà le scatole di sentirti, il libraio dovrà cercare il tuo nome sul database per capire se esisti.
  7. Perché non sarai recensita. In Italia escono circa 4-5000 titoli nuovi all’anno, i giornali a tiratura nazionale sono pochi. Anche volendo, non hanno spazio per te. Ma anche se si liberasse uno spazio, non lo dedicherebbero a un libro per ragazzi, perché al giornalista non frega niente di leggerlo e si sente un po’ sminuito a recensirlo. Il critico famoso disdegna quello che fai, non è letteratura. Ti citerà, a fatica, solo se avrai già venduto un milione di copie, possibilmente in America, o se diventi un caso perché stai morendo di leucemia, fai la prostituta, tuo padre di molesta. Puoi avere, forse, fortuna con qualche giornalista “alternativo” se il tuo romanzo contiene un ragazzo che muore di cancro, il prigioniero di un campo di concentramento, la problematica del bullismo, dell’incesto e dell’accettazione dell’omosessualità.
  8. Perché diventerai molesta. Con gli amici cui lo farai leggere, con i parenti cui lo farai comprare, con quelli che hanno un blog o un twitter e possono farti pubblicità, con gli scrittori che prima ammiravi perché vuoi che te lo presentino in qualche buco di libreria, che ti facciano una frasetta in copertina, un’introduzione. Ti unirai alla lunga fila di questuanti dell’attenzione altrui, dell’altrui approvazione. Per lo più senza ottenere nulla.
  9. Perché ti scoppierà la ghiandola velenosa. Tutto quello che ho scritto ti sembra trascurabile, lo so. Dici in questo momento che l’importante è pubblicare, che l’importante è comunque trasformare il tuo manoscritto in un libro. Il giorno dopo la pubblicazione, però, la ghiandola scoppierà inondando il tuo sangue di fluidi malefici. Tutto ti apparirà sotto un’altra prospettiva. Porterai rancore verso i librai che non ti espongono, verso l’editor che non ti ha aiutato, verso la casa editrice che non ti ha spinto a sufficienza, verso il giornalista che ha recensitoquella perché sicuramente gli fa i pompini, verso gli altri scrittori che ti paiono di maggior successo senza alcun merito. Sono protetti, sono raccomandati. Vivrai male. Ti farà male la pancia. Proverai invidia. Sarai incazzata e depressa. Inutilmente, perché la sorte del tuo libro non cambierà di una virgola che tu sia incazzata o meno. Non ci credi? Guarda che succede anche agli scrittori più grandi di te. Leggiti un paio di polemiche sui giornali, per esempio durante e dopo il premio Strega. Lo vedi come sono tutti incazzati? Vuoi diventare così? Comunque, allo Strega non ci arriverai mai.

Avrei altro da dirti, ma mi fermo, perché mi dispiace per te. Se tutto questo non ti ha convinto, se stupidamente pensi che puoi essere davvero quell’una sul milione, mandami pure il manoscritto. Anch’io sono dentro questo gioco, ti ho avvisato e basta così.

Se avrai fortuna lo scarterò.

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(Corrado Peli