“Anno nuovo, libri nuovi!”. Con l’inizio del 2022, per la rubrica letteraria “Lo scaffale della domenica”, a cura di Andrea Pagani, abbiamo avuto l’idea di accompagnare il lettore con libri “nuovi”, appena usciti, come si suol dire, freschi di stampa. Un modo per tenerci aggiornati con libri di qualità. Buona lettura!

Andrea Pagani

Quando, nel 1976, Carlo Ginzburg con Il formaggio e i vermi, ricostruì la storia di un umile mugnaio friulano, Menocchio, mandato al rogo dall’Inquisizione alla fine del Cinquecento, si aprì, non solo per la storiografia, ma per l’intera comunità culturale, un nuovo modo di osservare il passato: non più, cioè, in relazione a “illustri” personaggi (capi di stato, comandanti, papi), ma finalmente alla luce della gente comune, delle minute occasioni della cronaca.

Ora, questo punto di osservazione, che ha trovato in tempi recenti un altro grande maestro in Piero Camporesi, viene declinato in una chiave narrativa, pur sorretta da un robusto impianto documentario e saggistico, nel meraviglioso libro di Fernanda Alfieri, Veronica e il diavolo. Storia di un esorcismo a Roma (Einaudi, 2021).

La narratrice racconta di essersi imbattuta, quasi manzonianamente, presso l’Archivio generale della Compagnia di Gesù a Roma, in un antico documento, il resoconto di un esorcismo avvenuto nel XIX secolo, da parte di alcuni padri gesuiti, Esorcisazione di Maria Antonina Hamerani, ritenuta ossessa (1834-5).

E su quell’evento, Fernanda Alfieri, docente e ferrata indagatrice storica ma anche raffinata scrittrice, imbastisce una trama destinata ad incatenare il lettore fino all’ultima pagina.

Nella serata del 23 dicembre 1834 due padri gesuiti, padre François-Antoine Kohlmann e il fratello coadiutore Peter Joseph Böckmann, si recano in un vicolo romano, chiamati al capezzale di una giovane donna di nome Veronica Hamerani, ritenuta ossessa. Il loro compito è liberare la donna dagli assalti del demonio.

Da questo nucleo drammatico si snoda una vicenda che presenta tinte gotiche e inquietanti, ma registrata sempre con il lucido rigore e la severa onestà intellettuale di una professionista della scrittura, in margine al diario che gli esorcisti hanno tenuto nei mesi in cui è durato il rito.

Viene così riportata in corsivo la cronaca di quelle drammatiche giornate, dal 24 dicembre 1834 al 22 giugno 1835, stilata dagli stessi gesuiti, in cui sul capezzale della ragazza si alternano gli uomini di chiesa e gli uomini di scienza, con le loro tormentate e controverse ipotesi: «strida orrende, gambe in aria, corpo ripiegato in modo che le ginocchia venivano a stare un buon palmo dietro la testa e le gambe molto più ora contro il muro, ed ora fuori dalla sponda del letto […] urli, lamenti, disperazione, indi vomito e strette alla gola e impulsi di soffocazione […], a lato il medico introdotto da qualche tempo esaminò il polso, lo trovò naturale […], padre Kohlmann le mette addosso l’immagine di Maria, e la giovane in strapazzi e affanni […], Infame, tu, sei sporco tu, vecchiacchio, io ti voglio minchionar, tu sei carogna…».

Ed è qui che la pagina dell’Alfieri tocca i suoi vertici d’intensità stilistica, e diremmo anche di coraggiosa evocativa liricità: quando, cioè, il testo, in un’autentica polifonia di registri, riesce ad intrecciare le annotazioni del diario, la memoria e l’esposizione dei fatti, le ipotesi del medico e dei religiosi, alla voce perturbante del diavolo, che entra in scena fra violenti improperi e battute in romanesco.

Il che ci regala, alla resa dei conti, una vivida icastica cornice dell’Ottocento, dove il povero corpo di Veronica, scosso dalle convulsioni, è conteso fra i medici e il Vaticano, fra saperi e poteri, fra scienza e soprannaturale.

Un corpo violato, a cui il libro della Alfieri sembra voler restituire la giusta dignità.

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(Andrea Pagani)