Lo scudo dei vaccini (un po’) funzionerà e la cura per il Covid-19 prima o poi arriverà, si potrà lavorare, viaggiare e comunque far studiare i figli, si può perciò iniziare (anche) a parlar d’altro e affrontare al meglio gli altri “dossier” post-pandemia, ad iniziare dal cambiamento climatico colpa dell’attività umana che dal 1750 ha immesso troppi gas serra scaldando atmosfera e oceani con i risultati che anche quest’anno abbiamo visto, incendi, alluvioni e caldo estremo dalla Cina alla Siberia e alla Columbia britannica; l’altra piaga è “sociale” e interessa la povertà della quale ci indigniamo, scandalizziamo e protestiamo col risultato che alla fine rimane tutto come prima perché siamo divisi e alziamo quotidianamente “barriere” che non ci fanno andare avanti tutti assieme, in nome di un individualismo che tende più a escludere che includere.

Anche per questo due anni di pandemia hanno creato una enorme massa di gente che, pur inserita nel circuito dei richiedenti asilo, “scompare” agli occhi di chi gestisce la prevenzione, l’intervento umanitario e quello di sussistenza, finendo per risolvere nulla e lasciando in balìa degli eventi questa umanità (devastata) di migranti e clochard che sono abbandonati a loro stessi al pari dei vagabondi che chiedono soldi e sigarette, che vomitano per terra e delirano.

Una folla di gente “dimenticata” che non trova posto nei dormitori sold-out e nelle collassate strutture di accoglienza di grandi e piccole città e che è costretta a sopravvivere nei tunnel-sottopassi in giacigli di fortuna tra cartoni, teli e sporcizia dividendosi lo smog, colpa delle interminabili fila di auto che incolonnate nel traffico congestionato fanno diventare l’aria irrespirabile.

Servirebbero soldi e buon senso ma l’attenzione della politica, della Tv, di Internet e della società è rivolta ad altro, ad esempio alle vittime d’odio maschile sulle donne promuovendo iniziative come “panchine e scarpette rosse” o alle crudeltà da droga e abuso d’alcol intensificando i controlli mirati, come a voler (ri) educare alla legalità e al rispetto che sono i soliti inutili sermoni del “prevenire anziché curare” divulgati per anni “prima” del virus, di cui sentiremo parlare anche “dopo”, ma che ai giorni nostri sono rimedi fuori dal tempo.

La politica del resto segue il trend, con il governo Draghi che ha militarizzato la logistica e fatto risalire in tutta fretta il Pil già prima dell’estate ricevendo plausi da sinistra e destra rendendo così difficile la sua iscrizione a uno schieramento, almeno fin quando i partiti saranno in grado di riacquistare peso; dimenticati in gran fretta temi storici come quello sulla legge elettorale, con Meloni d’accordo perfino con Letta sul maggioritario malgrado la contrarietà di tanti Dem.

Malgrado gli anni di “rigore” finanziario del recente passato sta finendo nel dimenticatoio l’enorme montagna di quattrini che dobbiamo ai nostri debitori compreso quella accumulata recentemente dovuto all’abbandono di ogni remora di spesa per rispondere alla pandemia e ai lockdown. Un argomento quello delle passività nazionali colpevolmente “sottopesato” che invece dovrebbe essere fonte di analisi e discussione quotidiana anche a costo di creare l’atmosfera un po’ più cupa di quella odierna, che è bella e propositiva anche perché sotto i riflettori del “andrà tutto bene” e in sintonia coi temi del momento, moda e bellezza, arti e cultura, lifestyle e costume, e ciò come logica conseguenza da parte di chi dopo due anni di pandemia gioisca nel vedere realmente la luce in fondo al tunnel in barba a Delta e Omicron.

Tutto ciò, malgrado il picco di contagi del periodo fine 2021 – inizio 2022, lascia sempre più spazio all’idea che la fine della pandemia sembra essere più vicina perché il bisogno di normalità, di cui ha bisogno la vita sociale, sta prendendo il sopravvento sulla paura di contrarre l’infezione. Omicron non fa ammalare in modo grave chi è vaccinato e si attiene scrupolosamente alle normative anticontagio, e ciò fa propendere la gente a uscire, interagire e socializzare, bisogno irrinunciabile di noi umani fin dalla notte dei tempi.

Passata la frustrazione della prima ora verso i vaccini, necessari per ridurre danni e rischi per noi e le altre persone, quanto illusori perché (a prescindere) dovremo far meglio la prossima emergenza sanitaria – perché ci sarà una prossima volta – bisognerà (ri) trovare l’importanza di “parlar d’altro” e non solo di green pass che in fin dei conti è solo un semplice documento che attesta che si è fatto il vaccino o si è guariti dal Covid. E’ giunto il momento di ignorare il vittimismo d’opinione udito fino alla noia sui media e iniziare a riorganizzare radicalmente le nostre agende, cambiando tutto o quasi tutto delle bolle di rancori e sfiducie intentate in questi due anni dalla “Rete”, diffondendo (e difendendo) il senso di comunità, di appartenenza e di solidarietà attiva.

(Giuseppe Vassura)