“Anno nuovo, libri nuovi!” è il tema di questo mese della rubrica letteraria “Lo scaffale della domenica”, a cura di Andrea Pagani. Abbiamo avuto l’idea di accompagnare il lettore con libri “nuovi”, appena usciti, come si suol dire, freschi di stampa. Un modo per tenerci aggiornati con libri di qualità. Buona lettura!
Esistono diverse forme di romanzo d’investigazione. C’è il tradizionale giallo deduttivo, intellettuale e razionalistico, alla Agatha Christie, dove la soluzione dell’enigma diventa una partita a scacchi mentale fra detective e colpevole (fra autore e lettore). C’è il poliziesco criminale che sfocia nell’hard boiled, che affonda le sue radici nei romanzi di Dashiell Hammett, dove il detective duro e irriverente resta coinvolto in scontri violenti. C’è il giallo d’azione o thriller, dove l’investigatore, superando difficoltà e ostacoli, incappando in avventure e pericoli, mostra coraggio e determinazione, e risolve il mistero non tanto per le sue doti intellettuali quanto soprattutto per le sue abilità fisiche.
Poi c’è un romanzo di mistero più intimista, dove il detective non esibisce tutta questa sicurezza di sé, ma anzi manifesta una certa vulnerabilità, dubbi, disagi, anche una visione amara della vita. Romanzi dove è fondamentale l’affresco dell’ambiente, le atmosfere, il profilo umano dei personaggi, più che la trama poliziesca in sé.
Non v’è dubbio che il romanzo di Andrej Longo Chi ha ucciso Sarah? (Sellerio, 2021) presenti gran parte di questi caratteri narrativi, benché li rimaneggi e plasmi abilmente in modo originale, così che, anziché definirlo un romanzo giallo, verrebbe da definirlo un romanzo intimista, ricco di atmosfere sentimentali e poetiche, quasi struggenti.
Siamo a Napoli. Giorni nostri. In un’estate torrida e rovente, in un agosto con un «sole come una palla infuocata che ti voleva accecare», viene rinvenuto il cadavere di una ragazza, Sarah Lo Russo, nell’androne di un palazzo antico e elegante, in un quartiere bene, al numero 7 di via del Parco Mastriani, all’altezza di Palazzo Donn’Anna. Quartiere Posillipo.
I dettagli ambientali sono importanti, perché il libro di Longo si muove su questo doppio piano: da un lato la descrizione precisa dei luoghi partenopei, dall’altro il riverbero emotivo, malinconico e lirico, che hanno quei luoghi nel protagonista, il giovane poliziotto di pattuglia, l’agente Acanfora. Si snoda così una trama avvincente, non solo per la detection, ma anche per le rifrazioni emotive: il mistero dell’omicidio di Sarah, trovata riversa nell’androne buio con una strana ferita sulla fronte, sviluppa infatti interrogativi e inquietudini di Acanfora, che viene dalla periferia, abituato alla micro criminalità degli ambienti più malfamati, e che ora deve confrontarsi col mondo dei ricchi benestanti, professionisti, gente distinta, eppure con le loro ambiguità e i loro sotterfugi.
Accanto ad Acanfora si muovono, nell’indagine, altre due figure importanti: il commissario Santagata, funzionario esperto, solitario, con un passato tormentato che lo insegue; e il collega Cipriani, originario di Brescia, con le sue cadenze dialettali e il suo modo impacciato di affrontare la metropoli partenopea.
Ed è qui che prorompe l’altro registro stilistico del romanzo: l’irresistibile ironia, ben dosata con le pagine liriche e intimiste, quando s’intrecciano le espressioni, gli ammiccamenti, i modi di dire, gli affreschi di costume dei napoletani Acanfora e Santagata, di contro al punto di vista e agli atteggiamenti del bresciano Cipriani, la colorata vivacità un po’ caotica e improvvisata dei primi, contro il bisogno di precisione e regolarità, spesso comica, del secondo.
Un romanzo dalla singolare forza evocativa, che sa alternare le corde del riso, della suspense e della commozione, come di rado capita di leggere.
Scopri il progetto dello “Scaffale” >>>>
Vai all’archivio dello “Scaffale” >>>>
(Andrea Pagani)