Pandemia, razzismi, femminicidi, rigurgiti fascisti e pestaggi alla luce del giorno hanno recentemente messo al “brutto tempo” il barometro della paura sociale italiana, colpa anche di una classe politica che in questo periodo sembra vivere un momento non propriamente illuminato e che sta seguendo impotente gli eventi (nefasti) di quel che sta accadendo come dal loggione di un teatro, (forse) distratta da kingmaker e “piani B” per la partita del Quirinale, mancando così di senso di cuore, (spesso di cervello), il senso della giustizia e il dovere della responsabilità.

Sergio Mattarella (Foto Wikipedia)

Il toto Presidente

Toto-presidente in atto ma qualcosa da cui (chi andrà al Colle) dovrà prender le distanze sarà la necessità (come già accaduto in passato in Calabria), per evitare stragi, di trattare con le mafie che sparano in faccia a bambini di tre anni, al pari di quella di bonificare senza indugi la Giustizia che è sepolta sotto una montagna di carte, di timbri, di bolli, che non fa concludere un processo perché una Procura è contro l’altra, col risultato (e la beffa) che si finisce solo per garantire l’inafferrabilità delle colpe e dei colpevoli.

Servirà guanto di velluto invece per la scelta di campo nel gestire l’alternanza di poteri fra lo schieramento di centrosinistra e quello di centrodestra, che è uno dei compiti più spinosi del capo dello Stato grazie al potere di veto sulle leggi e il rinvio motivato al Parlamento, un arbitrio non facile su tante tematiche, dall’economia ai poteri di Grazia (Giustizia) che implica merito, personalità e un rigore (anche morale) di indubbia valenza.

E’ una consuetudine consolidata il “toto-presidente” che i media ci propinano alla vigilia del settennale cambio di vertice al Quirinale ma, durante queste ultime settimane di vigilia la tornata elettorale, sono più del solito le persone che si stanno facendo trasportare dall’eccitazione ascoltando dibattiti e news, frutto delle consultazioni scaturite dagli incontri di partito; chi invece resta coi piedi per terra (come me) aspetta a godersi lo spettacolo sperando che sia la volta buona perché ne nasca qualcosa di (finalmente) utile per lo Stato, Nazione compresa.

Noi italiani…

Infatti come popolo e Nazione pochi al mondo sono “forti” come noi italiani, siamo imbattibili, con storia e tradizioni uniche al mondo e con un senso di solidarietà e abnegazione che non ha pari, tanto nella gioia (arte, sport, cultura, ecc.) quanto nel dolore, dove non conosciamo limiti a buttare il cuore oltre l’ostacolo per soccorrere terremotati, alluvionati o chiunque sia colpito da qualsiasi calamità; diverso è invece l’approccio con lo Stato, che è visto come un qualcosa che piace meno, con servizi, meccanismi e regole che funzionano poco o male, dove ci spendiamo una montagna di quattrini e costa (fiscalmente) tanto, per alcuni troppo.

A rimarcar ciò, senza entrare in particolari squisitamente social, da troppo tempo non si agevola quel “made in Italy” in cui siamo bravi, quello fatto di associazioni e volontariato su cui varrebbe la pena spendere in occupazione e infrastrutture anziché fiscalizzarlo ulteriormente come invece sta accadendo; è forse anche per questo che tanti (e tante) al primo turno si augurerebbero una svolta dal Parlamento che già al primo turno (voti da 2/3 del Parlamento aggiunti a quelli dei rappresentanti delle Regioni) potesse regalar loro una svolta, ad esempio una donna come presidente, dal curriculum giusto e dall’alto profilo a tutela dei 19 articoli della Costituzione di competenza del presidente della Repubblica, come a spezzare questa grande Ztl di uomini (finora) sempre d’accordo a tenerle fuori dai “giochi” del Colle.

Di 24 parole si compone l’Art. 1 della nostra Costituzione citando fra queste “il lavoro”, oggi più che mai di fresca attualità in ambito pandemico, e non solo come sinonimo di fatica (anche sporca) da parte delle donne, elemento questo che potrà abbattere qualche barricata in più del maschilismo pseudo-istituzionale che regna nella politica nazionale e semmai smuovere qualche “coscienza” in più, a favorire una candidatura femminile di un giusto profilo fra le tante già presenti nelle istituzioni fondamentali dello Stato (giustizia, sanità, scuola,) al pari dei validi curriculum di quelle già impegnate nei partiti, lo sport e il volontariato.

(Giuseppe Vassura)