Il ritiro della candidatura di Silvio Berlusconi, avvenuta sabato sera, ha portato un po’ di chiarezza sul tavolo.
Visto che oggi, lunedì, ci sarà la prima votazione vorrei provare a svolgere qualche riflessione.

Quirinale (Foto Wikipedia)

Berlusconi ha detto quello che altri speravano, frenando la candidatura di Mario Draghi. La cosa non dispiace certo a Giuseppe Conte (in un M5s diviso), ma neanche al Pd e a Matteo Renzi.

Cosa può succedere a questo punto? È inutile continuare a ricamare sulle divisioni all’interno dei 5 Stelle, o sulle incertezze e l’ordine sparso nel Pd. Anche perché questa è la stessa situazione che c’è nel centrodestra. Dove sulla carta rimangono le candidature di Elisabetta Casellati presidente del Senato e di Letizia Moratti vice presidente della Lombardia, che però paiono per motivi diversi piuttosto deboli.

Le chance di Casellati

Beninteso le due, e soprattutto la Casellati, restano carte spendibili: oltretutto la presidente del Senato rischia di diventare capo dello Stato reggente se il 3 di febbraio, giorno in cui spira il settennato di Sergio Mattarella, non sarà stato ancora eletto il successore. Ma in realtà nel frastagliato mondo dei grandi elettori e di coloro che ne tengono le fila non c’è nessuno che pensa che ci si spingerà così lontano, perché il rischio sarebbe di far crollare tutto, compresa la legislatura. A suo favore, non essere una protagonista dello scontro politico e ricoprire la seconda carica dello Stato.

L’ipotesi Draghi

Il nome di Draghi, perché pur se indebolito dai no e dai forse delle varie forze politiche rispetto all’ipotesi della sua candidatura, resta sempre la figura e di riferimento e di garanzia a livello internazionale di questo momento dell’Italia, e sicuramente di alto profilo: ma la sua forza paradossalmente è il suo elemento di debolezza per i partiti che tra un anno si giocano la sopravvivenza e la vittoria alle elezioni, dopo questa lunga fase di collaborazione forzata.

I pro e contro di Casini

Conosciuto da tutti, simpatico a molti, per lui è certo difficile, quasi impossibile, usare l’aggettivo “divisivo”. Ma questo è anche il suo limite, di essere stato tra i fondatori del centrodestra berlusconiano, poi tra gli artefici del tentativo di nuovo centro con Rutelli e Fini, per poi essere eletto senatore nelle liste del Pd: per chi si intesta le battaglie per il nuovo (a cominciare dal Movimento 5 Stelle, che pur divisissimo è il gruppone di maggioranza relativa tra i mille grandi elettori) è difficile digerire una soluzione di questo tipo.

L’apprezzamento trasversale per Belloni

Elisabetta Belloni è una donna stimata da tutti, tecnica ma molto a conoscenza dei meccanismi della politica, che ha servito il paese soprattutto dai ruoli diplomatici del ministero degli Esteri e da pochi mesi alla guida dei servizi segreti.

Andrea Riccardi, della Comunità di S.Egidio

Da varie fonti ora si ribadisce che, come candidato per il ruolo di Capo dello Stato, “l’identikit è quello indicato ormai da settimane: profilo non di parte, autorevole. Serve un tavolo tra tutte le forze politiche”. Si ragiona su Andrea Riccardi come profilo di presidente ideale”. Un nome, quello di Ricciardi, che il Pd potrebbe tenere in serbo. “Ha le caratteristiche giuste”, sottolinea anche Conte dei 5 Stelle.

Basta aspettare lunedì pomeriggio, con l’immancabile “Maratona Mentana” e qualche nube verrà dissolta!

(Tiziano Conti)