La Cgil di Imola ha capito subito che un lavoro senza qualità non è più sopportabile per una società come la nostra e che se il lavoro è un diritto lo è altrettanto essere al sicuro nel luogo di lavoro.

Quali gli strumenti per interrompere la lunga catena di lutti, garantire sicurezza e qualità? Un tema che deve coinvolgere non solo il mondo sindacale, ma anche quello imprenditoriale. I controlli: chi li fa con quale frequenza e quali gli interventi per chi non rispetta le regole? Sulla situazione imolese e su come può migliorare ne abbiamo parlato con la segretaria della Cgil di Imola, Mirella Collina.

Mirella Collina, segretaria Cgil Imola

“Il 2021 ha visto una ripresa in alcuni settori economici nella nostra regione e del circondario imolese. Purtroppo persiste l’impossibilità per il nostro territorio di avere dei dati certi e aggiornati rispetto al mondo del lavoro, in un sistema globale dove l’informatizzazione e le statistiche la fanno da padrona. Questo scoglio deve essere superato e colgo l’occasione per ribadire alla regione e alla città metropolitana, la necessità di avere dati occupazionali disaggregati per Comune”.

Dal vostro osservatorio che situazione emerge?
“Registriamo un aumento del lavoro precario e poco retribuito (part-time involontario) dovuto all’entrata nel territorio di aziende legate alla grande distribuzione, logistica e multiservizi e in contrapposizione una ricerca da parte delle aziende di personale specializzato. Tutto questo ci ha portato a lavorare ad accordi importanti sulla ‘buona qualità del lavoro nel nostro territorio’, successivamente sottoscritto anche in città metropolitana, con le Istituzioni, le parti datoriali e le organizzazioni sindacali. Ci siamo dati come obiettivo il contrasto alla precarietà, al lavoro discontinuo e al part-time involontario, che colpiscono anche nel nostro territorio in modo particolare i giovani e le donne, attivando percorsi di formazione permanente per consentire un aumento delle capacità nel proprio lavoro, l’acquisizione di nuove competenze richieste dalla digitalizzazione, dalle nuove tecnologie, dalle riconversioni green delle aziende, a supporto di meccanismi di ricollocazione per coloro che hanno perso il posto di lavoro”.

Siamo certi che poi segua un impegno concreto?
“Le intese sottoscritte prevedono un forte impegno da parte di tutti i soggetti firmatari di promuovere il rispetto della normativa sulla sicurezza nei posti di lavoro (DPI, ecc.), una formazione puntuale sulle attrezzature usate dal lavoratore, la formazione anche ai datori di lavoro e responsabili dell’azienda, corsi di formazione per gli studenti negli ultimi due anni della scuola secondaria di secondo grado, in molti casi già adibiti alla scuola-lavoro o stage e una formazione di base sulla lingua italiana. Viene ribadito il rispetto del contratto nazionale di lavoro e la necessità di ridurre la precarizzazione con l’inserimento del contratto a tempo determinato come forma contrattuale di riferimento.
Nelle intese del settore della logistica viene istituito un tavolo di monitoraggio circondariale che si riunirà almeno due volte l’anno e ogni qualvolta le parti lo ritengano necessario, che avrà il compito di verificare l’andamento dell’attuazione del protocollo e in modo particolare rispetto al tema sicurezza”.

Impegno, formazione, monitoraggio: tutti aspetti importanti, ma li ritiene sufficienti per limitare il problema?
“Tutte queste intese sono molto importanti ma non sufficienti. Sicuramente il DL 146/2021 ha messo in campo alcuni primi strumenti richiesti dalle organizzazioni sindacali per rispondere all’emergenza infortuni e morti sul lavoro, ma c’è ancora molto da fare.

Sicurezza sul lavoro (Foto di Rolf Dobberstein da Pixabay )

Servono più controlli ma per fare questo serve più personale. Le assunzioni di 2.500 unità di personale dell’Ispettorato nazionale del lavoro, con aumento di 1.024 unità di dotazione organica e 3,7 milioni di nuovi investimenti in tecnologie nel 2022/2023, l’aumento del personale del Comando carabinieri per la tutela del lavoro fino a 660 unità, l’ampliamento delle competenze dell’Ispettorato nazionale del lavoro e coordinamento tra Ausl e Ispettorato, per far crescere l’attività di vigilanza a livello provinciale, sono tutte azioni necessarie che devono essere messe in campo in tempi brevissimi. Così come la sospensione delle attività per le imprese che violano le norme in materia di salute e sicurezza fino al ripristino della legalità, con l’obbligo di continuare a pagare i lavoratori e le lavoratrici e la sospensione immediata delle attività dove si riscontrassero almeno il 10% dei dipendenti non in regola (anziché il 20%) e l’utilizzo degli introiti derivanti dalle sanzioni per finanziare attività di prevenzione dei luoghi di lavoro e una formazione più specifica.
Si deve porre l’attenzione sugli appalti, introducendo il modello della patente a punti per l’accesso alle gare di appalto (in particolare quelle pubbliche) sulla base della regolarità delle imprese rispetto alle norme su salute e sicurezza, legalità e correttezza dei contratti di lavoro.”

(m. z.)