Il dato di fatto è il riconoscimento lunedì 21 febbraio 2022, da parte della Russia, delle aree autonome del Donbass e Lugansk come stati indipendenti e di conseguenza l’appoggio militare ufficiale, battezzato missione di pace. La Russia aveva sin dall’inizio appoggiato le due regioni separatiste di Lugansk e Donetsk con armi e istruttori, ma anche soldati russi volontari sin dal 2014 (quando la Crimea era stata annessa alla Federazione Russa dopo un referendum) (1).

Il 16 febbraio un voto della Duma russa incoraggiava Putin a fare questo passo, e il giorno successivo Zelensky, il presidente Ucraino, denunciava gli accordi di Minsk dichiarandoli defunti, nel medesimo giorno gli osservatori dell’Osce (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) registravano episodi di bombardamenti multipli con artiglieria pesante sulla linea di contatto fra truppe ucraine e separatisti. Il 15 febbraio gli osservatori Osce Usa e Uk si erano ritirati ed erano tornati a casa.

Dal 17 in poi si continua a registrare un pesante sbarramento di artiglieria sulla linea di confine anche su aree civili (2), gli incidenti sono raddoppiati e triplicati, la popolazione civile viene evacuata a Rostov, in Russia. Gli accordi di Minsk (2014-15) fra Russia, Ucraina, separatisti, Francia e Germania prevedevano una forte autonomia di Lugansk e Donetsk, regioni con zone minerarie (carbone) e forte industrializzazione che comprende acciaierie. I nazionalisti ucraini, che hanno partecipato alla rivolta di Maidan, che nel 2013 rovesciò il governo filo-russo, hanno formazioni paramilitari e vengono descritti dai russi come “neo-nazi”. Essi ritennero che la concessione di autonomia ai territori che si sono proclamati repubbliche indipendenti e dal 2014 non hanno rapporti con Kiev (a parte lo scambio di obici) equivalga ad una spartizione dell’Ucraina e sia inaccettabile. Sulla linea di confine è continuata una guerra civile che ha causato migliaia di morti.

Francia, Germania e Russia non sono state in grado di convincere Kiev a concretizzare l’autonomia prevista dagli accordi di Minsk , mentre la Nato (leggi Usa) incoraggiava l’idea di una “soluzione militare” del problema con consulenti militari e materiale bellico. In Ucraina si possono vedere sia media russi (gratis) che ucraini (a pagamento) e quindi la popolazione ha accesso alla propaganda di entrambe le parti.

Il discorso di Putin alla Duma è stato durissimo (3) “Ucraina, serva di padroni occidentali, ha già perso la sua sovranità” e “In Ucraina le armi occidentali sono arrivate con un flusso continuo, ci sono esercitazioni militari regolari nell’ovest dell’Ucraina, l’obiettivo è colpire la Russia”.

La determinazione dei patrioti ucraini si deduce dall’accresciuta presenza militare sul confine e da una fallita incursione militare ucraina (presumibilmente a scopo di sabotaggio) oltre il confine ucraino-russo presso Mariupol, con 5 morti ucraini.

Nel caso gli ucraini intendessero dare una spallata militare a Lugansk e Donetsk si troveranno di fronte le divisioni russe. All’alba i carri armati hanno varcato il confine Russia-Donbass, pare che Putin abbia parlato di un possibile “genocidio” dei separatisti. Il copione, fino ad ora, è quello che fu applicato in Georgia nel 2008 (vedi Wikipedia).

Sembra al momento che la mobilitazione di truppe russe al confine, come una analoga nell’aprile 2021, avesse come scopo non un’invasione dell’Ucraina ma di sottoporre all’attenzione di Europa e Stati Uniti le linee rosse che Putin non vuole siano superate, in particolare non tollera la trasformazione dell’Ucraina (dove nel 2008 la maggioranza non voleva aderire alla Nato) in una “anti-Russia nazionalista”. Nel frattempo la popolazione ucraina è esposta all’ansia e al danno economico che la situazione comporta, ho notizia del fatto che non tutte le pensioni ucraine sono state pagate. La posizione di Zelensky col passare del tempo si fa sempre più scomoda.

Sia L’Osce che il consiglio di sicurezza dell’Onu (su richiesta di Kiev) hanno convocato riunioni d’emergenza. Gli Usa ritengono che truppe russe nel Donbass costituiscano “l’inizio di un’invasione”, e insieme ai cugini inglesi pensano di imporre sanzioni su banche russe. Nell’ ipotesi peggiore il risultato sarebbe di estrometterli dal sistema bancario americano (così intralciando i loro pagamenti internazionali in dollari), far cessare gli scambi con gli Usa e bloccare i loro asset negli Stati Uniti. Il Cancelliere tedesco ferma il progresso della certificazione del gasdotto North Stream 2, già completato da Gazprom ed assai inviso agli Usa. Gli Stati Uniti, sulla base del Magnitsky Act, hanno imposto sanzioni alla Russia sin dal 2012 (cresciute dopo il 2014 a causa della adesione alla Russia della Crimea). In base a tale legislazione si possono bloccare gli asset e la possibilità di viaggiare (travel ban) a individui responsabili di violazione dei diritti umani o corruzione.

La Russia ha reagito alle sanzioni con soluzioni autarchiche ed il rafforzamento del legame con la Cina, per esempio ha firmato un accordo trentennale per vendere gas alla Cina, nota bene che il pagamento sarà in euro. Gli scambi fra Usa e Russia sono minuscoli, mentre l’Europa è per la Russia un importante partner commerciale e l’Europa dipende per almeno il 40% del suo fabbisogno di gas dalla Russia. Venendo a noi le banche in Italia (Unicredit), Francia ed Austria sono molto esposte alla Russia: La Francia per $25 miliardi e l’Italia per una cifra simile, l’Austria per $17.5 miliardi contro un’esposizione degli Usa di $14.7 miliardi (fonte Bank for International Settlement). Banche europee con sedi in Russia sarebbero quelle più a rischio.

Mentre Macron si agita come una gallina senza testa è la Germania ad avere la barra del timone europeo, e il nuovo Cancelliere è una grossa incognita. La Germania è in un momento difficile economicamente.

Come spiegato in un mio precedente intervento per capire la situazione bisogna esaminare l’evoluzione della Nato dopo il 1992. Lo scioglimento del Patto di Varsavia avrebbe potuto dar luogo allo scioglimento della Nato ad esso contrapposta. Al contrario, dopo aver dato assicurazioni verbali che non vi sarebbe stato allargamento ad est, dopo il 1997 questo allargamento fu ampio e la funzione difensiva della Nato divenne funzione offensiva (ovviamente umanitaria) nella guerra Iugoslava (intervento che non richiese l’approvazione del consiglio di sicurezza Onu dove la Russia avrebbe avuto diritto di veto).

La Germania certamente acconsentì e profittò di tale evoluzione. Mosca ha percepito le “rivoluzioni colorate” come operazioni destinate ad installare regimi filo-occidentali alle sue porte. In particolare quella di Maidan in Ucraina utilizzò fiancheggiatori con strutture paramilitari di destra nazionalista: vedi l’incidente di Odessa nel quale più di 40 persone (anti-Maidan) persero la vita nell’edificio dei sindacati circondato e incendiato da gruppi paramilitari. Odessa ha una rilevante minoranza di etnia russa. Per ciò che riguarda  “la violazione dell’integrità territoriale e della sovranità ucraina da parte della Russia” come recita il coro delle cancellerie occidentali abbiamo un precedente: il Kossovo, scorporato dalla Serbia della quale faceva parte. Su questo punto dell’integrità territoriale la Cina è molto sensibile.

L’opinione pubblica, europea ed americana, sembra capace di comprendere gli argomenti di Putin, a dispetto del barrage mediatico (“ Zar Putin”) e la credibilità dell’intelligence atlantica sta per subire un tracollo. Il modo in cui è stata gestita la crisi dagli alleati Nato fa sembrare Trump un genio tattico e strategico.

Lo slogan della recente manifestazione di Roma (comunità di Sant’Egidio), relativa alla situazione ucraina era sia “contro la guerra” che “fuori dalla Nato”, di dossettiana memoria.

(Cecilia Clementel)

[1] Le mie fonti sono un articolo di David Teurtrie  a p.24 di Le Monde Diplomatique del Febbraio 2022, la cui traduzione italiana si trova nel fascicolo allegato a Il Manifesto del 15.02.2022: Ucraina, il perché della crisi, e due interventi (in inglese) sul rispettato blog politico USA di Yves Smith ‘Naked Capitalism’ in data 22.02.2022: nakedcapitalism .com/2022/22/02/what-would-russian-recognition-of-separatist-territories-in-ukraine-mean- a firma Yves Smith;  naked capitalism.com/2022/22/02/washington-is-considering-escalating-financial-war-against-moscow-despite-risks-to-europe-banking-system, a firma Nick Corbishley.

Sugli accordi di Minsk (2014-15) è utile consultare Wikipedia

[2] Dai rapporti Osce non si capisce quale delle due parti sia quella che spara per prima o di più, immagino che sia intenzionale.

[3]  Fonte Il Corriere Adriatico.it.