E’ stata Irina, una studentessa al primo anno di Università alla Facoltà di Beni Culturali di Ravenna, a leggere questa mattina il comunicato del Comitato Pace e Diritti. Irina fa parte della componente studentesca del Comitato. Uno dei tanti soggetti che vi aderiscono. Ventiquattro Associazioni e partiti più singoli cittadini e cittadine. Il Comitato ha organizzato in un lampo il presidio che si è svolto in Piazza Caduti per la Libertà dalle 11 a Imola. Una mobilitazione seguita al banchetto organizzato sabato scorso con la distribuzione di volantini. Pochi punti chiari per chiedere di evitare lo scoppio della guerra in Ucraina; auspicio vanificato 4 giorni dopo con l’invasione del territorio ucraino ad opera della Russia di Putin.
Non si poteva dunque tacere. Sulle note de “La guerra di Piero” di De Andrè, Imola democratica e pacifista ha raccolto l’invito a testimoniare per la pace. Alcune centinaia di persone hanno battuto un colpo, colorando la piazza con le bandiere arcobaleno della pace. Non è poco per un presidio preparato in due giorni.
Oltre allo striscione del Comitato pace e diritti, quello di “6.000 sardine”, le bandiere della Cgil, della Fiom-Cgil, dell’Auser, della Cisl, del Pd, i cartelli di Imola Futuro e del Comitato, diversi Sindaci con la fascia tricolore.
Irina ha letto l’art. 11 della Costituzione e spiega che il Comitato Pace e diritti ha promosso “questo presidio per unire la propria voce a quella di tutti coloro che chiedono di fermare il conflitto armato in Ucraina”. Ha proseguito dicendo che “non possiamo assistere all’ennesima emergenza umanitaria. La priorità deve essere la protezione dei civili, in particolare donne e bambini, che subiranno conseguenze devastanti, costretti a lasciare il proprio Paese e vivere da profughi”. Nel comunicato si chiede all’Italia e all’Unione Europea di “essere parte attiva e prendere iniziative urgenti e significative per ottenere una de-escalation immediata del conflitto e raggiungere un accordo politico negoziato, nel rispetto della sicurezza e dei diritti di tutte le popolazioni coinvolte”. Si chiede inoltre l’attivazione di tutti i canali diplomatici per un processo che crei pace stabile e duratura. Infine si comunica un impegno anche nei prossimi giorni per sensibilizzare l’opinione pubblica e i giovani sulla necessità di perseguire la non violenza e il rispetto dei diritti umani.
In piazza anche donne ucraine di diverse generazioni con la bandiera del loro Paese. Imola conta 418 ucraini residenti di cui 347 donne che hanno lasciato le zone d’origine per prendersi cura delle nostre famiglie. Alcune hanno lasciato tutto, altre si sono riunite con mariti e figli ma rimangono parenti stretti nelle città ora sotto i bombardamenti.
“Sono molto preoccupata” dice Natalia, in pazza con le figlie e le nipotine. “Nella mia città vicino a Kiev non ci sono ancora bombardamenti ma il pericolo è altissimo. Là ho mia madre e mio fratello, i miei nipoti”. Parla con la voce rotta dall’emozione e non finisce di ringraziare perché “con la vostra solidarietà ci sentiamo meno soli. Per noi è molto importante.”
Il presidio imolese si è unito alle manifestazioni che in questi giorni hanno mobilitato migliaia di persone in molte città italiane. Serve una svolta internazionale e l’assunzione, da parte dell’Europa di un ruolo incisivo per far cessare il conflitto e per costruire un ordine internazionale fondato sulla pace a cominciare dalla riduzione degli investimenti sulle armi che anche in Italia quest’anno sono cresciuti di oltre il 5%.
(v.g.)