Avendo comperato sia il Manifesto che Il Sole 24 ore di venerdì 25 febbraio ho visto con mia sorpresa che concordano sulle sanzioni economiche alla Russia, senza pronunciarsi se siano desiderabili, nè giudicano le conseguenze.

Il Sole 24 ore con un articolo di Roberto Bongiorni a pag. 9 esamina anche la battuta di arresto degli accordi per un disarmo nucleare fra le due maggiori potenze nucleari che fa temere per il futuro. Non farò quindi un discorso allegro ma preferisco attendere la conclusione delle ostilità in Ucraina per determinare che cosa vi stia effettivamente succedendo: si dice che quando scoppia una guerra il primo cadavere sia quello della verità.

Sono stata sorpresa, come quasi tutti, compreso il presidente Zelensky, dal movimento a tenaglia sulle principali città ucraine iniziato dall’esercito russo il 24 febbraio, ritenevo o speravo che l’intervento armato si sarebbe limitato a riprendere le aree delle contee (oblast) di Donetsk e Lugansk in mano all’esercito ucraino ed al consolidamento dell’indipendenza delle due repubbliche che si sarebbero federate alla Russia.

Lo scopo dichiarato da Putin di tale scontro militare è l’indipendenza della zona del Donbass, un cambiamento del governo e una smilitarizzazione e neutralità dell’Ucraina, paese del quale non ritengo la Russia voglia farsi carico. Sospetto che né la Francia né la Germania desiderino l’Ucraina nella Nato o nell’Unione Europea. Quanto al governo ucraino, che spera di fermare l’attacco di forze e mezzi che sono almeno il quadruplo del suo esercito, temo che presto dei soldati russi informeranno Zelensky che non si trova in uno studio televisivo.
Iniziare una guerra sembra facile ma gli esiti sono imprevisti e tornare alla pace spesso difficile, come dice il Papa la fine di un conflitto trova l’umanità in condizioni peggiori di quelle iniziali.

Il Sole 24 ore così riassume “La Russia ha elevate riserve, poco debito e alti incassi. Il vaso di coccio è l’Europa”. Non solo importiamo più del 40% del gas che ci serve ma anche petrolio, grano e mais. I prezzi di gas e petrolio si sono infiammati (con prevedibili conseguenze sulle bollette) ma anche i metalli (di cui sia Ucraina che Russia sonno ricche) come palladio, alluminio e nickel sono cresciuti.

Le sanzioni hanno colpito oligarchi, grandi banche russe ed esportazioni tecnologiche ma la Russia, convivendo con le sanzioni dal 2014, si è preparata, rafforzando la relazione con la Cina e creando, come la Cina, un sistema alternativo al Swift di pagamenti interni e anche (per il 20% degli scambi) internazionali.
Se l’Europa escludesse Mosca dal sistema di pagamenti Swift la misura impedirebbe i pagamenti per qualsiasi esportazione dalla Russia, gas compreso e in Italia le nostre riserve di gas ci basterebbero per circa un mese.

Nell’immediato non vi sono nemmeno le attrezzature portuali necessarie ad accogliere gas da altri fornitori. Un suicidio, in particolare per la Germania e l’Italia. I russi potrebbero invocare la clausola di forza maggiore (non essere pagati) per bloccare le forniture all’Europa. L’Italia che importa il suo gas per il 94% potrebbe ricorrere temporaneamente al carbone riattivando centrali chiuse, si dice che vi sia un’offerta algerina di gas – che arriverebbe per gasdotto – all’Italia (per inciso le forniture di gas russo all’Ucraina vengono mantenute). Dico “se” perché la decisione nell’Unione Europea deve esser presa all’unanimità e comunque lo Swift è una compagnia belga di diritto privato che si definisce una cooperativa globale e presumo che il suo management sia autonomo.

La posta più importante è il riassetto della sicurezza europea e oggi Mevdedev suggerisce che la Russia potrebbe uscire dal trattato “New Start” per la limitazione delle armi nucleari. Il trattato di non proliferazione delle armi nucleari entrato in vigore nel 1970 segnava l’inizio di un percorso, ma il disarmo è passato di moda e dal 2000 le spese militari globali sono raddoppiate giungendo a due trilioni annui.

La situazione non sarebbe degenerata fino a questo punto se la Nato, divenuta un’alleanza offensiva da difensiva che era sulla fine del secolo scorso, non si fosse aggressivamente allargata ad est, e l’Unione Europea non fosse rimasta cieca e muta su eventi strategici che la riguardano in prima persona. Fornire armi all’Ucraina non mi pare una gran soluzione: Israele si è recentemente rifiutato di fornirle l’Iron dome che lo protegge da missili e razzi.

Il “New Start”, firmato nel 2010 durava per dieci anni ed è stato rinnovato per altri cinque, pone un limite di 1.550 testate MA non comprende le armi nucleari tattiche, inoltre nel 2018 Trump ha ritirato gli Usa dal trattato sui missili a medio raggio.
Entrambe le nazioni, di gran lunga le maggiori potenze nucleari, sembrano attribuire crescente importanza al nucleare nelle loro strategie difensive. (vedi articolo di Roberto Bongiorni a pag. 9 de Il Sole 24 ore del 25.02.2022).

Mosca, che ha fatto per anni richieste precise e ripetute ma si è sentita trattata come fosse San Marino, desidera mettere in chiaro un paio di cose e purtroppo gli ucraini ne stanno subendo le conseguenze, ma potremmo infine subirne le conseguenze anche noi europei. Gli Usa per ora sono al sicuro oltre atlantico e sto cambiando opinione sulla dolorosa Brexit: forse non era una cattiva idea. Metà del mondo aspetta di vedere come evolva la situazione: Cina e India, Brasile e Turchia, mantenendo le richieste del ritiro delle truppe russe offrono qualche sostegno o si astengono dal voto in consiglio di sicurezza sulla mozione ucraina (è stata poi convocata l’assemblea generale dell’Onu) o criticano l’imposizione di sanzioni.

Le manifestazioni che chiedono pace e si stanno moltiplicando anche in Russia sono certamente un buon segno e le file di profughi alle frontiere ci ricordano che a fare le spese dei conflitti armati sono spesso le persone più indifese. Il governo russo si è preso una grave responsabilità riportando la voce delle armi nel cuore dell’Europa e ne subirà le gravi conseguenze, ma sarebbe utile che i media smettessero di psicoanalizzare Putin e considerassero anche le responsabilità dei governi anglosassoni ed europei e che qualcuno si ricordasse della necessità di limitare la proliferazione degli armamenti e delle armi nucleari.

George F. Kennan, il diplomatico e studioso delle relazioni Usa-Urss nel secolo scorso, prevedette nel 1997 ( all’inizio dell’espansione della Nato nell’est europeo) questa possibilità: “L’allargamento della Nato sarebbe il più fatale errore della politica statunitense [ e, aggiungo io, europea] dalla fine della guerra fredda. Ci si può aspettare che questa decisione susciti tendenze nazionalistiche, antioccidentali e militaristiche nell’opinione pubblica russa; che faccia rivivere un’atmosfera da guerra fredda nelle relazioni est-ovest e che orienti la politica estera russa in una direzione che non sarà quella che noi vogliamo”.[ New York Times del 5 Febbraio 1997].

(Cecilia Clementel )