Questo immenso dramma, frutto della stupidità umana, che ci sta coinvolgendo molto da vicino, ha una sola motivazione, che appare ben chiara alla semplice luce di un’analisi estremamente facile ed intuitiva. Il timore di Putin riguardo la vicinanza della Nato ai suoi confini ha un fondo di verità, ma non deve trarci in inganno quella che sembra apparire come il timore della dirigenza russa riguardo le armi dell’avversario che si stanno avvicinando ai confini delle proprie terre, perché esiste un’arma ben più potente capace di infliggere dure sconfitte all’oligarca di turno e si chiama “democrazia”.

Vladimir Putin (foto Kremlin.ru, da Wikipedia)

Il giusto, dal suo punto di vista, timore di Putin che da anni si trova al comando mettendo a tacere in vari modi il dissenso e la diversità di pensiero politico deve essere individuato nella possibilità che qualcosa si stia avvicinando troppo ai suoi confini, qualcosa che, nel bene e nel male, si respira nell’area europea e che potrebbe arrecare un danno irreversibile al suo potere, a quello dei suoi amici, ai cosiddetti “oligarchi” (dal greco: potere di pochi): la libertà nella democrazia. E si capisce bene per quale ragione lo stesso Putin abbia trovato un buon alleato in ambito cinese, alleato che sta trovando non poche difficoltà nelle proprie scelte, oscillando tra la forza deleteria (dal proprio punto di vista) della democrazia e il peso della moneta, degli scambi commerciali, della necessità di soddisfare il bisogno interno di benessere.

Se qualche dubbio ancora si aggirava all’interno della nostra analisi, la messa in scena del gigantesco comizio tenuto dallo stesso Putin all’interno di uno stadio, immagini che ci hanno riportato indietro nel tempo, alla folla plaudente di fronte ad un uomo solo al comando che la arringava con forti frasi ad effetto dall’alto di un balcone, comizio poi misteriosamente interrotto proprio sul più bello: qualcosa deve essere andato storto e il solo fatto dell’interruzione improvvisa ed imprevista sigla la correttezza dell’analisi.

Poi, senza dubbio alcuno, deve aver suggerito la possibilità di un intervento armi in pugno l’evidente debolezza di un’Europa sostanzialmente divisa un po’ su tutto, troppo intenta alle problematiche individuali da non riuscire al vedere altre la classica punta del proprio naso.
Talmente distratta che ha continuato a veder dipendere la propria capacità produttiva dalle forniture di energia da un insieme di poteri che non le potevano fornire alcuna certezza di un domani almeno parzialmente sicuro: si tratta di un errore fatale, un grave errore perpetrato da decenni dalla nostra classe politica, senza nessuna esclusione.
Un errore di una gravità tale da permettere di definire gli uomini e le idee politiche che si sono alternate nella stanza dei bottoni dei veri e propri dilettanti: quest’ultimo aggettivo è il solo che si adatta senza dover incorrere ad una vera e propria offesa. E poi si insiste: la paura della mancanza di energia ci spinge a reperirla in zone, in sistemi politici, in uomini di potere che potrebbero, in un domani anche non troppo lontano, rivelarsi dei piccoli Putin.

E si comprende pure bene perché, nel trascorrere del tempo e delle vicende sociali e politiche, alcuni dei nostri rappresentanti abbiano intravisto in Putin un modello, l’uomo forte, capace di decisione, senza dover incorrere in tutta quella serie di balzelli che noi, improvvidi faciloni, definiamo democrazia. Questo non assolve tutti quelli che, di volta in volta, si sono trovati antagonisti di queste figure osannanti: abbiamo visto anche di peggio e ancora ne vedremo.

Da ultimo, come se non ce ne fosse a sufficienza, appare macroscopico e non facilmente spiegabile, l’errore di valutazione da parte di Putin circa la tipologia, la difficoltà, lo svolgimento sul terreno della guerra in corso: eppure gli esiti di precedenti avventure avrebbero dovuto insegnare qualcosa, ma ciò sarebbe possibile unicamente se le menti dei nostri condottieri fossero davvero in grado di definire analisi approfondite e monde di qualsiasi pregiudizio o partito preso. Ora si viene a trovare davanti ad una resistenza che non aveva previsto e riesce unicamente a trovare sfogo nella propria rabbia nel distruggere tutto ciò che può, usare le armi più potenti e minacciare di usarne di ancora più potenti: tipico dei deboli e dei poveri di spirito affidarsi alla forza bruta per dirimere la controversia.

Tutto quanto sopra non ci faccia sentire i soli dalla parte della ragione: i nostri errori, le nostre errate posizioni politiche, la non sempre corretta analisi riguardo le scelte dei nostri uomini di potere risultano essere un facile viatico per chi fa della violenza la strada per l’ottenimento dei propri risultati.

Il non troppo lontano Vietnam, le menzogne circa il Kuwait, il disastroso fallimento in Afghanistan (militare, umano, sociale) non hanno insegnato nulla anche a noi e il drammatico risiede nel fatto che stiamo continuando imperterriti sulla stessa linea.

Questa assurda e drammatica guerra, la pandemia dalla quale stiamo uscendo (ma stiamo davvero uscendo?) e il mutare del clima, sotto gli occhi di tutti, risultano essere la sintesi di una molteplicità di errori perpetrati da noi tutti afflitti da grave cecità (vedi Saramago): la resa dei conti si avvicina e chi vivrà dopo di noi dovrà trovare all’interno di sè stesso la capacità di ricordare, di comprendere e, possibilmente, di evitare il ripetersi: lasciamo una pesante eredità ai nostri figli.

(Mauro Magnani)