Faenza concederà la cittadinanza onoraria a bambini e ragazzi stranieri nati e cresciuti in Italia. Lo ha stabilito l’ordine del giorno che è stato recentemente approvato dal Consiglio comunale, quale scelta di civiltà che vorremmo si traducesse in legge nazionale che si attende oramai da tanto, troppo tempo.

Consiglio comunale di Faenza

Quello che abbiamo voluto mandare alla casa dei diritti della nazione, il Parlamento, è un segnale forte, convinto. È per questo che Faenza, prima città non capoluogo di provincia e seconda in regione, ha deciso che fosse arrivato il momento di lanciare un monito per il giusto riconoscimento non solo di un diritto ma di una presa di consapevolezza di quanto accade intorno a noi.

È fuori discussione, e nessuno potrà obiettare, che la nostra sia una società multiculturale, fatta da chi vive, cresce e vive nei nostri territori. È proprio attraverso il lavoro di tutti, nessuno escluso, che si contribuisce alla vita civile del Paese.
Crediamo sia quindi giunto il momento che una legge nazionale ponga rimedio a una stortura sotto gli occhi di tutti, quella di non concedere la cittadinanza a chi è nato in Italia e stabilmente integrato nella nostra società.
Continuare a perpetrare la distinzione tra cittadini italiani e stranieri, per chi è nato e risiede da anni in Italia, vuol dire continuare a evidenziare differenze che oramai esistono solo sulla carta e nelle convinzioni di alcuni.
Pensiamo, ad esempio, ai nostri figli che frequentano asili e scuole. Hanno come compagni di banco bambine e bambini, ragazze e ragazzi, non figli di stranieri, stranieri a loro volta. Tra loro giocano, studiano, vivono a stretto contatto e di certo, loro, che vivono la vita di tutti i giorni, non guardano alla differenza del colore della pelle o alla nazionalità dei loro genitori.

Su questo fronte, e per questi li ringrazio di cuore, un enorme lavoro è fatto dal nostro personale scolastico. Nei palazzetti sportivi, sui campi da gioco, ci spelliamo le mani tifando per i giocatori delle nostre squadre preferite e di certo non andiamo a chiedere loro la nazionalità di origine quando segnano un canestro o fanno gol, facendoci felici.

Allo stesso modo ogni giorno lavoriamo a stretto contatto con persone che seppure non siano nate in Italia sono nostri colleghi. Sono gli stessi che ogni giorno accudiscono i nostri anziani, i nostri bambini, fanno lezioni private ai nostri figli o di chi viene a riassettare le nostre case.

Lavoratori, colleghi, studenti, persone. Perché quindi non considerare anche loro italiani a tutti gli effetti se abitano, lavorano e contribuiscono alla vita dello Stato? È questa la domanda dalla quale siamo partiti e alla quale, nell’ambito delle nostre competenze che il legislatore ci attribuisce, abbiamo voluto dare una risposta forte attraverso l’ordine del giorno che è stato approvato nell’ultimo Consiglio comunale di Faenza, la nostra casa delle libertà e dei diritti.

È sulla spinta di questo mandato ricevuto dal Consiglio comunale che vogliamo mandare un messaggio ai nostri parlamentari affinché al più presto si metta fine, a livello nazionale, a questo silenzio imbarazzante.
Vogliamo che i compagni di scuola dei nostri figli abbiano gli stessi diritti, anche se i loro genitori non sono nati in Italia.

La cittadinanza che questi ragazzi riceveranno non è una concessione o agevolazione come purtroppo qualcuno ritiene o ha detto, ma un sacrosanto diritto, una scelta di civiltà, un’idea di mondo e di nazione senza confini, senza barriere, nell’ottica più cosmopolita di diritti e doveri comuni e non basandosi, in un’ottica medievale, sulla base della provenienza o del luogo di nascita.