Dopo la Grande Crisi c’è stata la pandemia mentre ora è il conflitto russo-ucraino a (quasi) vanificare lo spirito del 1° Maggio che, solidale coi disoccupati alla ricerca di un lavoro dignitoso al pari di gioire assieme a chi ne è in possesso, è sinonimo di festa anche se gli eventi degli ultimi mesi hanno lasciato poco spazio a immaginare una ripresa che cambierà le carte in ambito occupazionale, con l’allungamento dell’età lavorativa che ha tagliato le vie intermedie e la riforma della Cassa Integrazione che di per sé è già fonte di bassa motivazione.
Da qui l’incubo, soprattutto per la fascia 50-60enni senza lavoro, che è quello di trovarsi a giocare a carte in un bar nella necessità di sbarcare il lunario integrando con qualche lavoretto nel quartiere in attesa della pensione sociale, è anche per questo che negli anni sono fiorite figure operose (rigorosamente in nero) come ad esempio quelle del food fai da te, provetti chef che con 15 euro a persona vengono a casa con la spesa già fatta a cucinare anche per i tuoi ospiti, oppure i “tuttofare” fattorini-autisti-guardiani-custodi-commessi, finultimo quelli “dedicati” che tanto possono pulire casa quanto fare aggiornamenti e back-up informatici.
Gente di terza età sempre a “caccia” sui portali più in voga, Kijiji, Bakeca, Subito.it, ecc., primattori di un mondo del lavoro in evoluzione-involuzione residenti nei grandi agglomerati urbani e nelle cinture metropolitane dove le reti “social” sono un valore aggiunto a scapito degli uffici “istituzionali” deputati all’occupazione sommersi dalla burocrazia e imbrigliati in procedure fuori dalla realtà “domanda-offerta” di oggi.
Sono genitori che fatto grandi i figli sono diventati nonni, una utenza a capelli grigi e occhiali da vista che a dispetto dell’età è in costante mutamento generazionale e che ha visto nelle forme di auto-imprenditorialità che la rete propone la soluzione all’immediatezza dei propri bisogni occupazionali, a fronte la cronica carenza (e indifferenza) della risposta pubblica.
E’ una falange di neo-disoccupati colpa della grande Crisi 2008-2015 dove le aziende (anche di carattere cooperativo) hanno imparato a loro spese a dover per forza risparmiare sui costi dando così vita a quel fenomeno tutto italiano (all’estero non è affatto così) dove si è “imparato” a pagare poco, soprattutto nei segmenti dell’industria cultural-turistica e dell’information technology, creando un “terziario” low cost a compensi bassi e qualità idem, dove la qualifica professionale di questi autonomi (artigiani, commercianti, agricoltori, ecc.) “pesa meno” e così pure il loro guadagno, che è inferiore a quello del dipendente di fascia bassa a tempo determinato, come ad esempio quello dell’operaio o della commessa del market.
Capita perciò a proposito la ricorrenza del 1° Maggio a ricordare la necessità di “riavvolgere il nastro” per non dimenticare la sorte imboccata da questa creativa massa di lavoratori che nel recente passato ha “magnificato” il Pil nazionale con eccellenze invidiate da tutto il mondo e che la crisi ha obbligato loro al ridimensionamento perché è cambiato il “modus operandi” all’interno delle aziende e nei rapporti con l’estero sul ciclo di vita dei prodotti (che era di 15 anni diventando in breve tempo appena di 3), con conseguenze inevitabilmente devastanti per una filiera troppo “ingessata” da involuzioni e immobilità interne che a cascata hanno travolto l’operato delle figure professionali, e da qui l’eclatante esempio tutto italiano dei lavoratori troppo giovani per andare in pensione e al contempo troppo vecchi per trovare un nuovo lavoro.
Una colpa dirigenziale e di management questa di vecchia data, perché i “percorsi” delle aziende italiane sono sempre stati lenti e dove nessuno ha (quasi) mai pianificato le carriere, per cui quando si “esce” e si perde un lavoro stabile poi ci si trova a mal partito a trovarne un altro.
La pessima funzionalità dei Centri per l’impiego ha poi dato il colpo di grazia a questo sistema-lavoro che negli anni è stato by-passato ad innumerevoli società interinali che però hanno “coperto” solo parzialmente il territorio, privilegiando i distretti industriali e artigianali, lasciando una “terra di nessuno” preda del campo libero delle relazioni interpersonali e del passa parola, per cui se ti serve un elettricista, idraulico o muratore non “prendi” da Centro impiego o da Randstad quello più bravo rimasto disoccupato, ma l’amico dell’amico (spesso in nero), a danno poi di chi non riuscendo a mettere in moto nessun conoscente finisce col “deprimersi” via curriculum consultando innumerevoli (e spesso inutili) banche dati, sfogliandone le risposte e le inserzioni dal divano di casa, per poi finire in breve tempo negli elenchi della Caritas.
(Giuseppe Vassura)