Nell’articolo precedente il vice presidente della Cefla, Claudio Fedrigo, ha fatto riferimento ad un attuale mercato del lavoro caratterizzato da un cambiamento nelle tradizionali posizioni di forza. Riprendiamo da qui la seconda parte della sua intervista. “Nella prima parte dell’intervista, dal punto di vista aziendale, ho provato a declinare quali sono a mio avviso i cambiamenti storici e quindi consolidati, avvenuti nel mondo del lavoro, che hanno contribuito assieme al booster delle recenti crisi, alla modifica del terreno di confronto tra aziende e lavoratori. Ho evidenziato che lo stipendio non è più il solo ed unico parametro che guida il divenire del rapporto di lavoro nelle sue varie fase: recruitment, assunzione, e fidelizzazione. Ho aggiunto che questi cambiamenti sono stati agevolati e/o influenzati anche da una diversa distribuzione delle forze tra azienda e lavoratore.”

Esatto. Cosa intende per posizioni di forza cambiate all’interno del mercato del lavoro?
“Rispetto al passato, l’informatizzazione e la diffusione di internet ha facilitato il rapporto con le aziende e l’ottenimento di informazioni sulle aziende.
Fatto salvo il fenomeno migratorio, un tempo le aziende target di molti giovani, soprattutto alle prime esperienze lavorative, erano quelle collocate nella propria città o nelle immediate vicinanze. Tra i vari motivi penso sia corretto annoverare anche questi aspetti: un tempo il colloquio di lavoro richiedeva il recarsi fisicamente presso l’azienda o presso luogo definito dall’azienda; in caso di assunzione, la prestazione lavorativa poteva essere espletata esclusivamente in presenza.
Oggi invece ogni singolo ragazzo nella comodità della propria stanza, con un PC ed una connessione internet, può sostenere on-line decine di colloqui al giorno con decine di aziende sparse ovunque; non solo, con il “remote working” può svolgere da casa molte delle attività che un tempo richiedevano la presenza in azienda. Il giovane non è più rilegato al proprio territorio ma può interagire, sia in fase di recruitment che di prestazione lavorativa, con un numero di aziende nettamente superiore al passato.

Claudio Fredrigo, vicepresidente Cefla Imola

Un tempo il colloquio aziendale era una delle poche occasioni che un giovane lavoratore aveva per ottenere informazioni direttamente dall’azienda. Esisteva una importante disparità informativa: da un lato l’azienda che, grazie al CV, conosceva quasi tutto del potenziale lavoratore e dall’altro lato il potenziale lavoratore che conosceva poco più che il Job Title oggetto di selezione.
Oggi tutti possono attingere innumerevoli informazioni dai siti aziendali: attività, risultati economici, composizione consiglio di amministrazione, filiali, mercati, numero dipendenti, ecc. Queste informazioni possono essere utilizzate dai potenziali lavoratori per fare dei benchmark con altre aziende similari o per formulare domande e richieste in fase di colloquio.
Questi sono semplici esempi che giustificano, rispetto al passato, una diversa ripartizione delle forze e che in una situazione di ripresa ordini e di difficoltà nel trovare personale, giustificano la frase: “un tempo erano le aziende che sceglievano i lavoratori, oggi sono i lavoratori che scelgono le aziende”.

Quali, secondo lei, gli effetti sui lavoratori dei cambiamenti introdotti dalle aziende per fronteggiare nuovi mercato, nuove tecnologie ed esigenze competitive?
“Anche in questo caso la lettura può essere molto soggettiva, provo a rispondere cercando di decodificare le preoccupazioni e/o le osservazioni dei miei figli che ancora studiano ma soprattutto dei figli di amici alle prime esperienze lavorative e lo faccio partendo da aspetti già citati nella prima parte dell’intervista come: i contratti di somministrazione, l’aleatorietà delle professioni in essere, e il remote-working.
Per quanto riguarda i contratti di somministrazione, tralasciando i motivi economico e produttivi che portano le aziende ad utilizzare queste forme contrattuali, posso evidenziare che quando una azienda reitera nei confronti dei propri dipendenti una “fiducia a scadenza”, diventa poi complesso attuare future politiche di fidelizzazione. Oggi tra i lavoratori il grado di apprezzamento del “patto di non concorrenza” è ai limiti storici e questo palesa come le aziende improvvisamente si accorgono di non poter più vincolare chi è stato abituato ad essere forzatamente svincolato.
Per quanto riguarda le professionalità, abbiamo detto che le aziende devono fare i conti con veloci evoluzioni tecnologiche, gestionali ed organizzative che richiedono spesso nuove competenze, nuove professionalità, spesso nuove attitudini comportamentali. Questa variabilità fa sì che i giovani lavoratori, ancor prima di lavorare, sanno che uno storico patto generazionale tra loro ed azienda non funziona più: un tempo con l’aumento della anzianità aziendale, si diventava senior quindi esperti e, per questa ragione, meglio retribuiti; oggi con l’aumento della anzianità aziendale si rischia di diventare obsoleti, difficili da ricollocare ed avvolte meno pagati dei nuovi assunti. Ecco quindi che piani di crescita professionale diventano elemento di competitività rispetto al solo stipendio.
Abbiamo parlato come l’informatizzazione e l’internet ha ridisegnato la ripartizione delle forze tra aziende e lavoratori. Per i giovani lavoratori internet, il cloud, l’ambiente virtuale è un ambiente “normale” dove studiano, acquistano, giocano, ecc.
Per la maggior parte delle aziende il lavoro in “remote” è una opzione straordinaria da attuarsi solo in caso di situazioni straordinarie come è stato per il lockdown pandemico; per i giovani lavoratori è una modalità di lavoro “normale” che si aspettano di trovare in azienda e che può fare la differenza in fase di recruitment.
Il fatto che il tempo che abbiamo è limitato si è palesato prepotentemente con una pandemia che per due anni ha fatto in Italia dai 200 ai 500 morti al giorno, e tale percezione si è ulteriormente rafforzata causa il recente conflitto bellico Russo -Ucraino che risveglia la paura della guerra e del nucleare. Una situazione che induce ad interrogarsi sulla fragilità della propria esistenza e quindi sul valore del tempo a disposizione, quindi ove collocare il lavoro sulla scala delle priorità.”

Quindi la conferma della complessità di cui si parla e che, in un modo o nell’altro ha impatti importanti sia sul fronte aziendale che sul fronte dei lavoratori?
“Come detto è quasi un circolo di causa ed effetto dove le forze si influenzano le une con le altre e si rende necessaria una continua ricerca dell’equilibrio.
Quanto detto non vuole essere una fotografia della realtà ma soltanto la mia interpretazione; una interpretazione che mixata con quella dei colleghi del consiglio di amministrazione della Cefla e con la visione del gruppo manageriale ci permette di attuare strategie ed azioni per la gestione di questi grandi cambiamenti.”

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(a cura di m.z.)