Imola. A chi credere? Al va tutto (quasi ) bene del sindaco e del direttore generale dell’Ausl Andrea Rossi o alle critiche dei sindacati e delle minoranze in consiglio comunale?

Di certo per la sanità in generale non è un gran bel periodo. Si sperava che la positiva risposta alla pandemia rimettesse in modo una spinta ad investire nei nodi mai sciolti del nostro sistema sanitario. Invece, rallentato il Covid restano vecchi e nuovi problemi, in particolare quelli relativi all’aver sospeso per tanto tempo le attività di routine, ma anche dall’avere allungato ulteriormente e a dismisura i tempi per accedere a cure ed esami.

Se da una parte da tempo la Cgil ha sollevato il problema dei ritmi insostenibili di medici ed operatori sanitari e la carenza degli stessi, dall’altra le forze politiche di minoranza non perdono l’occasione di rimarcare le carenze della sanità del circondario imolese.

“La situazione del nostro ospedale Santa Maria della Scaletta è evidentemente in una situazione molto critica se non allo sfascio: i dati regionali confermano un inesorabile declino delle attività garantite, già prima dell’arrivo del Covid19. Dal 2017 al 2020 gli interventi in Chirurgia sono passati da 1.253 annui a soli 935; in Urologia addirittura da 132 a 88, in Ginecologia si sono dimezzati, in Ortopedia dai 1308 sono diminuiti fino a 873 – affermava qualche settimana fa Marinella Vella della lista civica Cappello -. Mancano primari, mancano infermieri e Os e soprattutto ora mancano medici anestesisti: sono tutti ‘scappati’ verso altre strutture pubbliche.

Da novembre stiamo ‘rincorrendo’ l’assessore regionale alla Sanità Donini per avere un incontro e chiedergli, dati alla mano, quale futuro la Regione prospetta per il nostro ospedale. Non abbiamo ricevuto nessuna risposta nè via mail nè telefonicamente per fissare una data. Siamo stati ignorati: forse il tema è troppo scottante? O forse la Regione non intende sbilanciarsi e raccontare la verità ai molti cittadini imolesi che da anni hanno una percezione di scadimento del proprio ospedale?”.

A snocciolare i numeri ci ha pensato in questi giorni il consigliere leghista Daniele Marchetti: “Procedono a passo di lumaca le liste d’attesa dell’Ausl di Imola per quanto riguarda le visite specialistiche. La percentuale che emerge tra numero di prenotazioni garantite entro il tempo prestabilito standard ed il numero totale di visite previste per il solo mese di aprile è impietoso: per l’elettromiografia la percentuale e dell’11%, TAC al torace 12%, Risonanze Magnetica Celebrale 14%, Risonanza Magnetica Muscoloscheletrica 14%, TAC addome 22%, visita ortopedica 24%, dermatologica 24%, Otorinolaringoiatrica 30%, Pneumologica 30%, Fisiatrica 37%, Cardiologica 38%, Gastroenterologica 46%, Oculistica 52%, Diabetologica 52%, Ginecologica 58%, Audiometrica 58%, mammografia 59%, urologica 61%, Endocrinologica 61%”. Numeri che dimostrerebbero la gravità della situazione e che, certamente meriterebbero una risposta da parte del sindaco, la massima autorità sanitaria del territorio.

Numeri che, secondo Marchetti, potrebbero anche esser peggiori perchè “non tengono conto di tutte quelle persone che vengono rispedite a casa perché magari una determinata lista è stata chiusa. In sensibile aumento anche il fenomeno della procedura utilizzata ormai da tempo per le richieste con sollecito alle quali non vengono garantiti i giorni stabiliti dalle normative vigenti. A molti cittadini infatti – spiega Marchetti – nel momento in cui si recano presso uno sportello Cup per prenotare una prestazione specialistica richiesta dal medico, viene consegnato un foglio con il quale viene comunicata loro l’impossibilità di prenotare la prestazione richiesta nei tempi prestabiliti, invitando la persona ad inviare la prescrizione medica direttamente all’ambulatorio competente. Fra chiusure e invii direttamente all’ambulatorio competente, bypassando così l’inserimento nella lista d’attesa, i numeri già negativi potrebbero essere ancora peggiori”.

“In questa situazione gli unici a guadagnarci sono i centri privati convenzionati, che ormai svolgono tutte le attività che non vengono più rese dalla sanità pubblica. E le Ausl confinanti a cui spesso gli imolesi sono costretti a rivolgersi anche per prestazioni non di elevata complessità”, sottolinea Vella.

“Le commissioni sanità del Comune sono del tutto inutili sotto questo fronte – continua Vella -: ad ogni seduta partecipa il direttore generale che fa una sintesi della situazione dei contagi e dei ricoveri da Covid19 ma non si esprime quando viene incalzato sul futuro del nosocomio imolese, sulla sua palese dequalificazione, sull’incapacità di dare risposte adeguate. Solo frasi di circostanza su una presunta conservazione della nostra autonomia, che stridono però alla luce della situazione reale e dei dati sull’efficienza e sui livelli di prestazione molto critici se confrontati con quelli delle Asl limitrofe: di Bologna e della Romagna, Ravenna in primis”.

Cosa fare allora? La Lega annuncia di aver depositato un Progetto di legge regionale per prevedere la presa in carico sempre garantita. Nessuno deve essere rispedito a casa e tutte le richieste registrate a sistema”, afferma Marchetti, nella sua veste di vicepresidente della commissione regionale Sanità.

“Chiaro però che non possiamo ignorare il rovescio della medaglia – continua -, ovvero la difficile situazione economica e le sue ripercussioni sulla Sanità che sconta ancora gli arretrati sulle prestazioni sanitarie eredità dell’emergenza Covid. Il nostro Progetto di legge, quindi, affronta anche l’aspetto economico di questa innovazione: proponiamo di efficientare il Servizio sanitario regionale, accorpando il più possibile le funzioni tecnico – amministrative, un po’ sulla traccia dell’Azienda Zero introdotta negli anni passati in Veneto. Tagliare i rami secchi di gestione per investire in servizi alla persona”.

Per quanto riguarda le risorse necessarie a garantire questa innovazione nell’assistenza sanitaria “dovranno essere garantire anche da un ripensamento delle politiche degli acquisti. L’obiettivo non è spendere meno riducendo i servizi, effettuando tagli sulla spesa e sul personale, bensì spendere meglio, incrementandoli: continuando ad assicurare agli assistiti in Emilia-Romagna una sanità qualificata e specializzata, che non costi ai contribuenti un euro in più del necessario” conclude Marchetti.

Una richiesta di risposte convincenti arriva invece dalla lista Cappello: “Di fronte alla grave crisi dell’ospedale di Imola, se comparata alla spiccata efficienza delle Asl limitrofe, crediamo che l’assessore regionale, il direttore generale e il sindaco, come titolare della delega alla sanità, qualche risposta convincente debbano darla, invece che sottrarsi agli incontri o distrarre l’attenzione da criticità strutturali evidenti per spostarla sull’andamento di Omicron2. Noi insisteremo ancora per avere un appuntamento in Regione, fosse anche di doverlo ‘prendere’ per sfinimento, perchè a finir male qui siamo noi e i tanti operatori sanitari che hanno il coraggio di rimanere a Imola e che sperano in un rapido ed efficiente cambio di passo”.