Capitolo 19
Malgrado l’estate ormai fosse arrivata, l’altitudine del paese teneva lontano l’afa che gravava sulla pianura lontana e all’interno del teatro non era ancora stato necessario accendere l’impianto di condizionamento.
Vladimiro e Greta erano seduti nella prima fila della platea del teatro, in attesa. Apparve Agnese, molto in anticipo sull’orario. Fece un breve saluto con la mano.
«Quella?» chiese Greta.
«La maestra della recita» rispose lui quasi con un sospiro.
Il primo apparve quasi senza che loro tre se ne accorgessero e si sedette sulla poltroncina vicino alla porta, come se temesse l’improvvisa scossa di un terremoto. Arrivò una coppia di ragazze che andarono a sistemarsi dalla parte opposta del ragazzo; ne giunse un secondo. Padre e figlia iniziarono a percepire la loro presenza, ma fecero finta di sentirsi a loro agio; il gruppo aumentò ma invece di concentrarsi in un determinato punto, si disperse nella platea vuota come un branco di lupi in attesa di piombare sul gregge. La lancetta lunga dell’orologio raggiunse il numero sei.
Negli ultimi dieci minuti non era entrato più nessuno. Vladimiro indugiava ancora; doveva trovare l’energia giusta per affrontarli. Era la prima volta che aveva a che fare con tanti ragazzi contemporaneamente e sentendosi persino incapace di avere una relazione serena con la figlia, aveva sentito salire il disagio e il panico.
Ma non poteva rimandare oltre. Si alzò e messosi davanti al palcoscenico cercando di mascherare la tensione, disse, abbracciandoli tutti con un’occhiata, mentre anche Greta, rimasta seduta si era voltata: «Benvenuti. Se volete avvicinarvi, così iniziamo a conoscerci».
Loro si alzarono, alcuni più titubanti, altri più coraggiosi e infine si sedettero tutti nella fila dietro loro due.
«Bene. Buongiorno, innanzitutto. Io mi chiamo Vladimiro e, forse come già sapete, ho ricevuto l’incarico di gestire questo meraviglioso teatro per i prossimi sei mesi. Questa è la maestra Agnese, che forse conoscete meglio di me e che si è offerta di darmi una mano. E Greta, mia figlia, che mi farà da assistente. Ho lavorato in diversi teatri per venticinque anni, collaborando e partecipando a tanti spettacoli, commedie, tragedie, con attori famosi o compagnie amatoriali, allestendo testi di autori greci, Shakespeare e tanti altri e anche con bambini, ragazzi della vostra età».
Stentava a credere alla sicurezza con cui aveva parlato e che ora si era palesata.
Una ragazza alzò la mano. «Ha incontrato Alessandro Gassman?»
«Certo. Una volta anche suo padre» mentì.
«Fico» disse lei, stupita. Lui sentì già di avere catturato la loro attenzione; un primo passo decisivo.
«Bene. Prima di chiedervi come vi chiamate, visto che comunque mi ci vorrà un po’ di tempo per imparare i tutti i vostri nomi, vorrei provare a spiegarvi cosa significa stare su un palcoscenico, anche se so che alcuni di voi hanno già “calcato le scene” grazie alla scuola. Greta?» disse rivolto alla figlia, che lo guardò un po’ stupita «vai sul palco».
L’ordine era perentorio. Lei obbedì, guardandolo stupita, mentre passando accanto lui gli sussurrò solo «menti».
Greta andò a prendere posizione in mezzo al palco, un po’ in imbarazzo e senza avere capito cosa avesse voluto dire il padre; era la prima volta e avvertiva tutta l’interesse dei ragazzi su di lei. Deglutì.
«Ora» proseguì Vladimiro «nessuno di voi conosce mia figlia. Perciò, fatele tutte le domande che volete».
Trascorse un po’ di tempo prima che qualcuno trovasse il coraggio necessario.
«Come ti chiami?» chiese una ragazza.
Lei esitò un attimo ma colse nello sguardo del padre un invito a fingere e capì come avrebbe dovuto rispondere.
«Giulia».
«Quanti anni hai?» domandò un’altra.
«Diciotto».
«Hai il moroso?» disse l’ultimo della fila.
Grata indugiò nella risposta. «Sì».
«Che scuola fai?»
«Il liceo delle scienze umane».
Ora che aveva intuito il gioco del padre, si sentiva più sicura e iniziava anche a divertirsi; ma il padre fece un gesto per fermare le domande.
«Adesso avete avuto alcune informazioni su mia figlia. Vi chiedo, e alzate una mano per affermare di sì, le credete?»
Tutti sollevarono il braccio.
«Bene. In realtà mia figlia si chiama Greta, ha diciassette anni, frequenta il liceo artistico e, per quanto ne so», disse guardando Greta con un sorriso, «un moroso non c’è là».
Li guardò. Erano tutti silenziosi, i loro visi che non nascondevano la delusione di essere stati presi in giro.
«Perché abbiamo fatto questo gioco, secondo voi?»
Greta ritornò a sedersi, anche lei ignara del perché.
«Forse non dobbiamo dire bugie?» disse quello che era forse il più piccolo. Tutti risero.
«Come ti chiami?» chiese Vladimiro.
«Maurizio» disse lui con piglio sicuro.
La testa sbucava a malapena sopra la poltroncina.
«Maurizio non è andato così lontano dalla verità. Vi aiuto: perché avete creduto alle bugie di Greta?»
«Perché le ha dette bene» disse uno.
«Perché nasconde qualcosa» disse un’altra.
Vladimiro agitò il palmo della mano in segno di “quasi, ci siete vicino”. Nessuno aggiunse altro.
«Maurizio» chiese lui «che classe fai?»
«La seconda media».
«Pensi di avere mai detto una bugia, anche piccola, ai tuoi genitori, agli amici?»
Il ragazzino rimase un attimo indeciso e si guardò attorno, forse alla ricerca di un amico con cui si era comportato in quel modo e al quale non voleva ora rivelare di avergli mentito. Poi il timore svanì dai suoi occhi e guardando Vladimiro disse convinto: «Sì».
Vladimiro sorrise. «Non ti preoccupare, succede a tutti». Poi continuò «Lì» e indicò il palcoscenico «oppure su uno schermo cinematografico o di una televisione, o tra le pagine di un libro, le bugie sono in qualche modo ammesse e noi, spettatori o lettori, visto che queste bugie non ci coinvolgono direttamente, le accettiamo, perché i personaggi delle tragedie, dei film e dei libri, devono avere un carattere, una personalità, per apparire normali e cioè, ai nostri occhi, credibili. E quando si sale su palco, anche se voi non volete, non siete più voi, ma siete un personaggio e a quello è permesso anche di raccontare delle bugie, perché il pubblico, darà per scontato che state dicendo la verità. Come quando s’incontra una nuova persona e, fino a prova contraria, non sapete se sta dicendo o meno la verità».
Vladimiro si bloccò, come si fosse trasformato in una statua di gesso. I ragazzi erano attoniti, in silenzio, incapaci di una reazione.
«Bene» e disse cercando di darsi un tono il più professionale possibile. Greta, fece fatica a trattenere una risata.
Cambiò discorso. «Come sapete, il Sindaco tiene in particolare modo a questo laboratorio teatrale, pensa che possa rappresentare per voi un’opportunità non solo di svago, ma anche di socializzazione, di crescita. Questo percorso lo costruiremo insieme e sono qui anche per ascoltare le vostre proposte, idee.
Cercherò di darvi gli elementi fondamentali per stare su un palcoscenico, il rapporto con il pubblico e tra gli attori sulla scena; spero che ci sia qualcuno tra voi che possa appassionarsi all’uso delle attrezzature tecniche che abbiamo a disposizione e quindi imparare a usarle.
La macchina teatrale è una struttura complessa in cui gli attori sono solo una parte, certo la più importante, così come il testo drammaturgico.
Uno spettacolo è composto anche da tutte quelle persone che permettono con il loro lavoro di metterlo in scena.
Greta, che funge da mia assistente, vi consegnerà un piccolo questionario che v’invito a compilare. Così inizierò a conoscere i vostri nomi e a capire che parte volete avere all’interno di una rappresentazione. Dopodiché, il prossimo incontro, vedremo se riusciremo a coprire tutti i ruoli; ci divideremo in gruppi e ogni gruppo inizierà a dedicarsi alla mansione che gli sarà assegnata. Ma alla prima lezione dovrete partecipare tutti assieme.
Vi consegnerò una scheda in cui sarà illustrato ogni elemento del teatro e del palcoscenico e che vi invito a leggere, così che quando useremo le parole del vocabolario teatrale, tutti ci capiremo. Greta puoi distribuire il questionario».
Greta iniziò a consegnare il foglio a ognuno di loro che subito si dedicarono a compilare. La lezione finì con i fogli che a mano a mano si accumulavano tra le mani di Vladimiro. Dopo che l’ultimo ragazzo ebbe lasciato la sala si sedettero.
«Complimenti, papà» disse Greta e l’abbracciò.
«Grazie piccola. Sono completamente fradicio di sudore» e mentre la stringeva incontrò lo sguardo lontano di Agnese.
Continua… la prossima settimana