Imola. Mai titolo fu più azzeccato. Perchè le storie che Benito Benati racconta nel suo lavoro di ricerca “Storie dimenticate da non dimenticare” (Bacchilega Editore, 2020) davvero dovrebbero essere ricordate, dovrebbero far parte del materiale di studio delle nostre scuole, perché ciò che è raccontato in queste righe, nel bene e nel male, ha caratterizzato tutta la nostra storia futura.

Si tratta di una raccolta di 38 articoli di Benati pubblicati sul settimanale “sabato sera”. “Mi sono chiesto varie volte se fosse in un qualche modo utile o ragionevole riproporli, raccolti in un volume, all’attenzione di qualche lettore; poi ho deciso di farlo – afferma l’autore -. Rileggendoli a distanza di tempo mi è parso infatti che almeno alcune di queste storie contenessero spunti – pur dopo il tempo trascorso – di un qualche interesse anche attuale”.

Ed ha fatto bene Benati, perché il riproporli assieme dà un valore aggiunto ad ogni storia e nel complesso ne esce un quadro di vite straordinarie e indimenticabili che tracciano un solco in tutto ciò che fa parte del nostro passato, permettendoci di guardare al futuro capendo “perché nella vita non dobbiamo arrenderci mai alle ingiustizie, alle sconfitte e alla viltà”, come scrive Ricky Salvatore Lantino nella prefazione.

E usiamo ancora le parole di Lantino per cercare di comprendere fino in fondo il valore di questo saggio. “Praticamente tutti i protagonisti del libro di Benito Benati (tutti realmente esistiti e tutti rigorosamente veri nelle straordinarie e in dimenticabili vicende di cui sono stati protagonisti) hanno molto delle parole di Zarathustra. Sono tutti personaggi che hanno provato ad «andar dall’altra parte». E che tuttavia nel frattempo vedevano, durante il cammino, l’abisso che avevano sotto. Sono state tutte persone che certamente hanno provato, a volte riuscendoci e a volte no, ad andare dall’altra parte, certamente coscienti del pericolo, incerte se «guardare indietro» e indietreggiare, a volte sicuramente e umanamente tremanti, e spinte perciò a «star ferme» a riflettere su quale fosse la scelta migliore: se quella egoisticamente e «umanamente» migliore e più comoda, quel la di «tornare indietro», o se quella straordinariamente «Superumana», quella di «andare avanti», di «andare dall’altra parte», a qualunque costo. Tutte persone che, coerentemente con lo spirito contemporaneamente «epico» e «folle» che condividevano con Zarathustra, hanno infine scelto di andare avanti, a qualunque costo e anzi spesso pagando con la loro vita il prezzo di quella scelta; in uno slancio esclusivamente altruistico in cui di egoistico non c’è proprio nulla. E non è un caso che i protagonisti delle vicende raccontate da Benati siano spesso imolesi e romagnoli. Gente, quella di Romagna, che da sempre eccelle e si distingue per quel suo patrimonio genetico e culturale ricco di coraggio, di slanci, di ideali e valori irrinunciabili, di paure da vincere e superare, se necessario, anche con un pizzico di follia”.

“Sono quasi tutte storie dimenticate, alcune addirittura probabilmente sconosciute – sottolinea Benati -. Gli odierni mezzi di informazione – per chi ancora sopporta il peso di seguirli – ci sommergono giornalmente di una miriade di notizie le ultime delle quali fatalmente cancellano quelle precedenti; si perde così, spesso, la memoria del passato e della storia che il passato rappresenta; una storia che sicuramente – per quel che purtroppo si vede ogni giorno – non è più «maestra di vita» ma dalla quale, bene o male tutti siamo stati plasmati. Spero che qualche lettore trovi queste «storie ritrovate» di lettura agevole e di contenuto non banale”.

Storie di “uomini e donne capaci di rinunciare al loro presente per il futuro di altri, fossero genitori, figli o nipoti, fossero idee e ideali, fossero compagni di vita o interi popoli… E così, leggendo il libro di Benati, ti rendi conto dell’universalità e della eternità dei comportamenti, delle scelte e delle imprese degli uomini e delle donne «affamati e folli» raccontati da Benati”, sono ancore parole di Lantino.

“Nello scoprirle, approfondirle e riscriverle sono stato guidato, per la maggior parte di esse, da un intento molto preciso: parlare dei fatti, degli avvenimenti, ma in particolare degli uomini e delle donne che nel mondo, in Italia e nella nostra città, hanno dedicato la loro vita alla democrazia contro le dittature, all’antifascismo, alla libertà e all’emancipazione dei popoli: in una parola al bene degli altri. Per questo, antifascismo, resistenza, militanza politica e impegno sociale sono presenti in molte di queste storie”, spiega Benati.

Benito Benati

Un libro certamente non neutrale o dai giudizi ovattati, “ma chiaramente e orgogliosamente schierato: non è un caso che esso esca con il patrocinio dell’Anpi di Imola, di quella di Faenza, dell’Associazione culturale partigiana “Ca’ di Malanca” e sia stato scritto in diversi casi con la preziosa collaborazione del Cidra (Centro imolese di documentazione della Resistenza e dell’Antifascismo). Mi auguro che il contenuto ideale che promana da molte di queste storie serva a rafforzare la determinazione e la volontà di resistere di quanti lo leggeranno: ce n’è grande bisogno. Orgogliosamente dobbiamo rimettere in campo e difendere valori costituzionali della nostra Repubblica; e, come diceva nei momenti difficili un grande democratico italiano, Francesco Saverio Borelli: resistere, resistere, resistere”, conclude Benati.

Benito Benati è nato a Imola l’1 febbraio 1938. Diplomatosi in ragioneria, ha iniziato la sua attività professionale nel 1958 svolgendo attività di direzione amministrativa in alcune industrie cooperative imolesi. Nel 1965 è stato nominato direttore amministrativo della Sacmi di Imola, carica che ha mantenuto fino al 1993, quando ha assunto la funzione di controllore del Gruppo, ricoperto fino alla fine del 1998. Si è dedicato allo studio della Economia della Partecipazione (imprese partecipate dai lavoratori), approfondendo in particolare gli aspetti giuridici, economici e sociali del le Coop industriali italiane, dell’Azionariato dei dipendenti (Job Ownership) negli Stati Uniti d’America e della codeterminazione tedesca (Mitt Bestimmung). Su questi temi ha partecipato quale relatore a numerosi convegni internazionali. Ha ricoperto incarichi di amministratore e revisore dei conti in imprese cooperative, società di capitale private ed enti pubblici. Negli ultimi tempi si dedica allo studio e divulgazione della storia locale, dell’antifascismo e della Resistenza.

“Ricky” Salvatore Lantino è un prestigioso avvocato attivo a livello internazionale, nipote di due martiri della Resistenza e dell’Antifascismo imolesi, Livia Venturini e Livio Poletti: è il figlio di Wanda, la loro bimba che appena undicenne rimase orfana di entrambi i genitori e fu cresciuta a Bubano dai propri zii. La storia tragica ed eroica dei nonni di Salvatore – nato in Sicilia da Wanda e dall’avvocato Vincenzo Lantino, ma rimasto sempre molto legato alle sue radici imolesi – è raccontata nel capitolo 25 del libro e rappresenta uno dei capisaldi ideali della memoria della Resistenza e dell’antifascismo imolesi.