Nei giorni scorsi ho letto un post su Linkedin, che riprendeva un articolo del Corriere della Sera: una di quelle storie per cui vale la pena avere fiducia nel genere umano, tema un po’ complicato in questi giorni in cui l’odio tra le nazioni sembra diventare inarrestabile.
Flavio Patriarca, 25 anni, adesso è un praticante avvocato in uno studio legale: alla festa di laurea all’Università Cattolica c’erano l’assistente sociale e i giudici che lo hanno seguito nella sua adolescenza difficile.
La storia della sua vita in realtà non è una sola ma sono due: una inizia dove finisce l’altra.
Prima era un adolescente che comincia a commettere reati finché una giudice non firma un ordine di custodia cautelare e lo fa entrare al carcere minorile Beccaria; poi diventa uno studente universitario e si laurea con 110 in cinque anni all’università Cattolica in Giurisprudenza: vuole diventare avvocato, per aiutare i ragazzi che si sono persi, come era capitato a lui.
Con lui alla cerimonia di conferimento della laurea c’erano coloro che lo hanno traghettato dalla prima alla seconda parte della sua vita. La relatrice della sua tesi sulla giustizia riparativa, l’incontro che gli ha cambiato la vita: con il suo supporto e la sua umanità ha incarnato lo spirito più alto dell’insegnamento. L’assistente sociale che ha sempre avuto per lui le parole giuste. Il magistrato che Patriarca intervistò per la tesina di maturità sulla “messa alla prova”, che aveva superato da poco.
Alla cerimonia c’era anche il preside del liceo che scrisse una bella lettera per farlo uscire dal Beccaria ed entrare in comunità e permettergli così di andare a scuola.
Ed anche la giudice che lo ha seguito nel programma fino all’estinzione del reato per finire con il magistrato che firmò l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, dieci anni fa, nel 2013.
Nove anni dopo Flavio Patriarca, che vuole diventare penalista e sogna anche un futuro in politica decide di raccontare tutta la storia. Si può cambiare: dipende dalle persone che incontriamo nella nostra vita, che siano in grado di darci fiducia. Tutti insieme hanno attuato l’articolo 27 comma 3 della Costituzione sulla funzione rieducativa della pena.
Il suo percorso, dall’adolescenza nel quartiere Barona all’Università Cattolica, Patriarca lo ha raccontato nelle scuole superiori e ai detenuti del carcere di Opera. Prima i soldi facili, le figure che dominano e indirizzano il gruppo e così è arrivato il carcere. Poi la ripartenza grazie a chi gli ha dato fiducia.
Ha scelto di studiare legge dopo aver visto al Beccaria e in comunità tanti giovani con le vite rovinate. Il suo messaggio è anche per chi ha un figlio o un fratello che a quindici anni si è perso. La famiglia e gli amici sono in grado di fare la differenza: sua zia, aveva 90 anni e gli scriveva in carcere, per dargli conforto senza fare domande.
A volte per vincere occorre arrivare ultimi.
(Tiziano Conti)