Andrea Pagani

La nostra rubrica letteraria, “Lo scaffale della domenica”, a cura di Andrea Pagani, propone l’ultimo romanzo del mese di giugno, del genere Gotico: storie di fantasmi, incubi, oscure ossessioni. Buona lettura!

Molte pagine si sono scritte e molte parole si sono spese sulla fertile produzione letteraria di Stephen King, ma forse un aspetto non è stato ancora sufficientemente esplorato: la struttura dei suoi libri. La perfetta logica interna. Il modo con cui l’autore riesce a tenere in piedi, senza una sbavatura, addirittura riuscendo credibile, storie del tutto inverosimili, dove il paranormale, la fantascienza, il surreale s’intrecciano in una trama che si regge in piedi alla perfezione, instaurando così fra autore e lettore un patto di mutua complicità per cui, pur nell’assurdità della vicenda, è impossibile non riuscire irretiti.

La maestria delle costruzioni narrative di Stephen King si declina in diverse direzioni ed è capace di adagiarsi, con estrema abilità, a tutti i generi letterari, per cui l’elemento visionario – che è ricorrente – si adatta al genere fantapolitico nel capolavoro 24/11/63 (dove l’omicidio Kennedy viene calato in un contesto gravido di fiaba, noir e sentimento), al genere western nella saga di otto romanzi della Torre nera (dove ancora una volta il western si condisce di ingredienti horror e fantasy), fino al genere gotico, di cui King è senz’altro uno dei maestri contemporanei, ad esempio in un romanzo rapinoso e dal ritmo mozzafiato, che non a caso è diventato (come tanti libri dello scrittore nativo di Portland) una serie tv di successo: The Outsider (traduzione di Luca Briasco, Sperling & Kupfer, 2018).

La storia si svolge in una tranquilla cittadina dell’Oklahoma: Flint City, ai giorni nostri. Accade un fatto di raccapricciante violenza: un ragazzino di 11 anni viene trovato morto, massacrato, dopo aver subito terribili violenze sessuali.

Tutti gli indizi portano a Terry Maitland un padre di famiglia ineccepibile, professore di inglese, amatissimo allenatore di baseball, molto attivo nella piccola comunità di Flint City. Nonostante numerose impronte digitali rilevate sul luogo del delitto, la presenza di tracce di DNA e le testimonianze di molti suoi concittadini che dichiarano di averlo visto in prossimità del luogo del delitto e persino in compagnia della giovane vittima, Terry continua a dichiararsi innocente.

Il colpo di scena avviene quando il suo avvocato, Howard Salomon, riesce a individuare un video che lo ritrae il giorno del delitto, esattamente nelle stesse ore in cui è avvenuto l’omicidio, ad un convegno in un’altra città e in compagnia di molti suoi colleghi che confermano l’alibi.

Com’è possibile che Terry sia stato visto in luoghi diversi allo stesso momento? Non c’è nessuna spiegazione razionale.

È qui che entra in scena, in un ruolo di assoluta centralità non solo a livello investigativo ma anche come veicolo di riflessione sui temi fondanti del romanzo, il detective Ralph Anderson, divorato dai sensi di colpa per aver arrestato in modo plateale Terry Maitland, portandolo alla morte, ed aver così distrutto la sua famiglia.

Terry decide di indagare fuori dalle regolari ortodossie razionalistiche e avvalendosi di una singolare investigatrice privata, dotata di poteri paranormali, Holly Gibney. È qui che la storia si carica di tensione, tocca il suo vertice emotivo, assume tinte gotiche, in un crescendo di mistero e serrati colpi di scena, nel momento in cui la detection porta al crollo graduale e ineluttabile di ogni logica di verosimiglianza: l’investigatore Terry, modello di un’illuministica e inossidabile fede nella ragione, vede smontare, giorno dopo giorno, le sue certezze, e deve fare i conti con un altrove oscuro, con la dimensione del trascendente, con l’ipotesi inquietante di un Doppelgänger, il cosiddetto doppio che cammina, che secondo i racconti medioevali nordici rappresenta un gemello maligno, una bilocazione, un duplicato spettrale che venendo a contatto con il DNA di una persona non solo ne assume le sembianze me ne diventa un vero e proprio doppio malvagio.

Il genio di Stephen King mostra per intero il suo splendore e la sua maestria nella padronanza degli strumenti narrativi, non solo perché riesce a tenere in piedi la macchina del romanzo senza una contraddizione strutturale, mettendo in piedi un’impalcatura perfetta dove la soluzione al mistero risponde allo stesso tempo a canoni di mistica soprannaturalità e di rigore compositivo, ma anche perché l’indagine produce un perturbamento decisivo, e tenerissimo, nel protagonista: egli, che aveva perduto il figlio e che non aveva ancora esorcizzato il lutto, in un legame profondo ma problematico con la moglie, ora può immaginare un altrove, una dimensione immateriale e incorporea, al di là della severa freddezza del raziocinio, dove potrà di nuovo abbracciare il figlio perduto.

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(Andrea Pagani)