Bologna. Stefano Bonaccini è uno dei massimi leader nazionali del Partito democratico, presidente della Regione Emilia Romagna che in questi anni post pandemia ha raggiunto livelli economici di livello europeo, facendo di fatti da traino all’intero Paese.  In questa intervista a tutto campo affronta le principali questioni sul tappeto a cominciare dalla prossima tornata elettorale.

Stefano Bonaccini

Presidente, lei ha continuato ad essere molto presente nei territori della regione, ha quindi un osservatorio privilegiato per capire quali sono i temi che stanno maggiormente a cuore a cittadini, imprese e amministrazioni.
“Sono convinto che l’unica maniera per provare a fare bene il compito che i cittadini pro tempore ti hanno assegnato sia innanzitutto essere tra la gente, là dove le cose accadono. Non è automatico che questo basti, ma di certo, se non ascolti quello che ti dicono le persone, è impossibile comprendere i problemi e cercare di risolverli. Per questo, sto poco in ufficio e molto in giro. E’ un’indicazione che ho dato anche alla mia Giunta e credo stia dando risultati, se è vero che nessuna regione italiana è cresciuta come l’Emilia-Romagna negli ultimi sei anni”.

La politica come risponde alle preoccupazioni che lei ha sottolineato?
“Non ho la pretesa di insegnare nulla a nessuno, ma sono molto contento del metodo che abbiamo scelto in Emilia-Romagna da sette anni a questa parte con l’istituzione del Patto per il Lavoro nel 2015, all’indomani della mia prima elezione a presidente. In un momento di grande sfiducia e scollamento tra politica e società, decidemmo di riunire tutte le parti sociali, imprenditoriali, le istituzioni, le università, le associazioni in un organismo chiamato a discutere insieme le linee strategiche della Regione. Ha avuto grandi riscontri, tanto che nel 2020 l’abbiamo riproposto, estendendolo, con il ‘Patto per il Lavoro e per il Clima’, all’emergenza climatica che è la sfida più importante che abbiamo di fronte a noi. Rischiamo di giocarci il bene più prezioso che abbiamo, il pianeta Terra, e di lasciare alle nuove generazioni una situazione catastrofica se non agiamo tutti insieme, e subito. Gli aderenti al Patto sono cresciuti, con una presenza importante del mondo del terzo settore e del volontariato, così radicati in Emilia-Romagna, superando quota 60 firmatari. Non è facile discutere e confrontarsi tra così tanti soggetti, ognuno con i propri legittimi interessi, ma alla fine la fatica paga. E decidendo insieme, si sbaglia meno. Mi fa piacere che questo metodo stia guadagnando attenzione e interesse anche a livello nazionale”.

E in particolare come può il Pd mettere in gioco il risultato elettorale e con quali proposte e progetti?
“Parlando alle persone di temi e proposte concrete. Il Pd ne ha di importanti e immediatamente realizzabili. Penso al taglio del cuneo fiscale, che porterebbe immediatamente nelle tasche dei lavoratori una mensilità in più per far fronte all’aumento delle bollette che ci attende in autunno. Una scelta che aiuta le fasce più in difficoltà e che ci differenzia in modo netto dalla destra, che invece vuole tagliare le tasse ai più ricchi. E poi la difesa della scuola e della sanità pubblica: la destra vuole privatizzare, legittimo, ci hanno fatto una campagna elettorale due anni fa anche in Emilia-Romagna, noi, invece, pensiamo che siano diritti universali da difendere e anzi potenziare con investimenti massicci. Infine, un’Italia protagonista in Europa, perché senza Europa non si esce dalla crisi e non ci sono prospettive di sviluppo: il Pnrr è un’occasione unica di rilancio per colmare quei divari infrastrutturali e sociali che l’Italia sconta da troppo tempo, un piano economico senza precedenti contro cui Fratelli d’Italia aveva votato contro, perché seguaci di una dottrina nazionalista come quella di Orban in Ungheria. Infine, i diritti civili: siamo di fronte a una destra oscurantista e fuori dalla realtà, il Pd, invece, vuole ampliarli dando piena cittadinanza a chi – penso ai migranti di seconda generazione – si sente italiano, è nato nel nostro Paese e qui va a scuola e non si capisce perché non debba vedere riconosciuta una cosa così ovvia”.

(m.z.)