“Rosari tra le dita, croci sbaciucchiate, professioni de fede nelle piazze”. La religiosità è diventata, nel nostro paese, quasi un messaggio subliminale della campagna elettorale. Si attinge a idee e immagini religiose per legittimare il proprio status, per allargare una sorta di “luogo comune” in cui ancora molti si riconoscono, così da convincerli ad abboccare, come pesci all’amo del politico di turno, deciso a utilizzare, di per sé, un dato di fatto, che riconosce nel cristianesimo un elemento di riferimento dell’identità culturale del nostro paese.

Rosario (Foto di Myriams-Fotos da Pixabay)

Certo c’è modo e modo di interpretare quella “presenza”, tanto più in un momento in cui il cristianesimo stesso, anche in Italia, è coinvolto in un processo di profonda “revisione” esistenziale.

Usare il cristianesimo in funzione “identitaria”, populista, porta con sé, quindi, un connotato di “prepotenza” ideologica che si esprime in una sfida, che si realizza, soprattutto, nella esibizione di alcuni “valori etici” ritenuti assoluti, come “Dio, patria famiglia” e altri simili, usati, ad esempio in funzione nazionalistica, perfino razziale, selettiva!

Per chi legge la Bibbia, il grande documento anche per il cristianesimo, compare, invece, chiaro che Dio non gradisce quando la politica si ammanta di sacro e la religione fa da supporto alla politica. Al contrario il re e il sacerdote, stimolati dai rispettivi “tafani profetici” devo restare distinti, separati. Il “sacro” resta sostanza diversa da quella del potere politico, economico e sociale e se non si “politicizza” esso stesso costituisce un polo ideale che orienta, dà senso ed eleva la stessa sfera del reale!

Le contraffazioni, le manomissioni, non riguardano solo i vestiti, borsette o quadri: riguardano anche idee, valoro da credere, richiami religiosi.

Ci sono leaders e correnti di cattolici, supportati da vecchi e soprattutto nuovi media, che utilizzano pezzi di vangeli, pezzi della tradizione, pezzi di rivelazioni annunciate come speciali……dichiarati l’unica verità, quella autentica, “di sempre”. Il vangelo, invece, è per definizione annuncio del “nuovo”, dell’inedito, dello sconvolgente.

Per descrivere l’esperienza cristiana Paolo di Tarso usa termini come “rinascita”, “rigenerazione”, “ricreazione”, così che si impone per ogni “cercatore di Dio” l’abbandono di ogni forma di autorefenzialità e di autogiustificazione per rendersi disponibile a ricevere. “un dono sempre nuovo dall’alto” come ricorda Gesù di Nazareth a Nicodemo, l’amico che era andato a trovarlo di notte! Come a dire che, per lui, “il culto è sempre oltre le parole, l’etica è sempre oltre le norme e la giustizia sempre oltre i tribunali”: l’oltre!

(Marcello Farina, prete e filosofo)