La scomparsa di Elisabetta II, regina del Regno Unito per 70 anni, avvenuta l’8 settembre, e la morte di Michail Gorbačëv, ultimo presidente dell’Urss, accaduta poco più di una settimana prima (il 30 agosto) ha rappresentato, non solo per inglesi e russi ma per molti popoli del mondo, considerato il ruolo internazionale svolto dalle due figure, il taglio dell’ultimo legame con la seconda metà del XX secolo, che oggi ci appare, alla luce dei numerosi e gravi problemi che stiamo vivendo, un periodo d’oro, di cui, almeno i meno giovani, iniziano a provare grande nostalgia.
Con la morte di Michail Gorbačëv e della Regina Elisabetta sono scomparse, a distanza di pochi giorni, due figure cardine della storia del XX secolo.
Si può dire che Elisabetta II sia stata la regina dei due secoli, quello breve, il Novecento, e quello ancora tutto da costruire, il nostro, regnando a cavallo di due millenni e traghettando il Regno Unito dalle ceneri del grande impero di memoria vittoriana al mondo contemporaneo.
Nata a Londra nel 1926 e diventata regina nel 1952, è stata testimone di un pezzo di storia mondiale carico di cambiamenti e scoperte, testimone di crisi economiche e guerre, una mondiale e tante locali.
Figura istituzionale sempre, politica mai, Elisabetta è stata molto attenta a non invadere le sfera di influenza del governo, limitandosi a consigliare, suggerire, indirizzare i 15 primi ministri che si sono succeduti sotto la sua guida. Da Winston Churchill, in carica dal 1951 al 1955, a Liz Truss, sebbene quest’ultima abbia fatto in tempo solo a essere designata dalla regina a Balmoral, pochi giorni prima della sua scomparsa.
Per quanto riguarda Gorbačëv la sua carriera politica nell’Urss (Unione delle repubbliche socialiste sovietiche) inizia nel 1970, quando venne nominato primo segretario del partito a Stavropol, ai confini con la Georgia. Dieci anni dopo torna a Mosca come membro a pieno titolo del Politburo: è il più giovane di tutti.
Viaggiò spesso all’estero e nel 1984 incontrò per la prima volta l’allora primo ministro britannico Margaret Thatcher, “un osso duro” con cui stabilirà poi un rapporto di stima e fiducia.
L’anno dopo è il suo turno: l’11 marzo 1985 diventò segretario generale del Pcus. Aveva solo 54 anni, una svolta generazionale dopo un lungo periodo di persone anziane al comando.
Nel febbraio 1986 Gorbaciov lanciò le sue parole d’ordine, Glasnost (trasparenza) e Perestroika (ristrutturazione), per portare una inedita ventata di libertà nei media e nell’opinione pubblica e per riformare un sistema economico sempre più stagnante.
In ottobre dello stesso anno invece si incontrò con l’allora presidente americano Ronald Reagan a Reykjavik, in Islanda, per discutere la riduzione degli arsenali nucleari in Europa, suggellata l’anno successivo dalla firma di uno storico trattato.
Il percorso democratico interno avanza, le riforme economiche meno. Il potere viene spostato dal partito agli organi legislativi eletti a suffragio universale e nel marzo del 1989 ci sono le prime libere elezioni: una data storica.
Il 9 novembre 1989 crolla il Muro di Berlino, il simbolo della guerra fredda, seguono le rivoluzioni di velluto nell’Europa centro-orientale e la riunificazione della Germania. Tutto con l’avallo di Gorbačëv.
Nello stesso anno due visite storiche: a maggio a Pechino, dove Cina e Urss riallacciano i rapporti interrotti trent’anni prima; il primo dicembre in Vaticano da Wojtyla, primo leader sovietico ad incontrare un Papa.
Nel successivo anno 1990 vincerà il Premio Nobel per la pace.
Poi, complice anche un fallito colpo di stato dell’esercito, il 26 dicembre 1991 la bandiera rossa dell’Urss viene ammainata, sostituita da quella bianca, rossa e blu della Russia: Michail Gorbačëv esce di scena.
Grazie a Putin abbiamo iniziato a rimpiangere le aperture di Gorbačëv e il suo dialogo diplomatico verso il disarmo. La regina colonialista Elisabetta, leggendo la sua storia dalla parte dei popoli, è stata la sovrana (costituzionale) che ha gestito parte della dissoluzione dell’impero britannico.
In questi tempi così difficili da decifrare ci lasciano una grande eredità, accanto a un po’ di nostalgia per il tempo che scorre.
(Tiziano Conti)