Imola. Una conferenza incentrata sulla fotosintesi a prima vista può sembrare un evento non molto interessante. Argomento toccato a scuola in biologia, per molti degli ascoltatori quasi nella notte dei tempi, sembra roba vecchia. Tuttavia, presentato da chi non tanto tempo fa ha parlato di intelligenza artificiale, risveglia il nostro interesse e assume un’altra dimensione, che vedremo essere quella incentrata sulla transizione ecologica e sulla sostenibilità dell’economia, come è stato evidente a seguito della conferenza. Il professor Luca Corelli Grappadelli del dipartimento di Scienze e Tecnologie agro-alimentari (ex facoltà di Agraria) dell’università di Bologna è infatti stato ospite di SpazioTempo a Villa Torano, Imola, riscuotendo molto interesse e ottima partecipazione di pubblico, con una conferenza sulla fotosintesi, il 6 settembre scorso.
Professor Corelli Grappadelli che cos’è la fotosintesi?
“La fotosintesi è il processo che consente la vita sul nostro Pianeta, come molti sanno. Ciò perché grazie alla fotosintesi le piante crescono e producono semi, frutti, legno, foglie, che si usano per la nutrizione umana – direttamente – o quella animale, di cui poi gli uomini si cibano. Questo processo è unico in quanto consente la trasformazione di energia luminosa, veicolata dai fotoni, in energia biochimica, i carboidrati (detti anche zuccheri) che le piante utilizzano per i loro processi di crescita”.
Si tratta di un evento molto complesso, un po’ misterioso. Lei ne ha parlato a lungo e quasi tutti i presenti non finivano di stupirsi per la sua complessità …. e qualcuno rifletteva sulla superficialità con cui spesso si liquida la biologia come scienza prevalentemente mnemonica o al più descrittiva. Invece ci troviamo di fronte a una chimica articolata, eterogenea, che è innanzitutto fotochimica, poi diventa biochimica nella sua espressione più complessa e raffinata. Come mai è necessario un cammino tanto difficile e così poco lineare, piuttosto articolato e diversificato?
“Perché i fotoni della luce solare sono troppo veloci, e la loro energia impossibile da immagazzinare in quanto tale. Occorre pertanto un percorso complesso, che si avvale di soluzioni distinte e caratteristiche per arrivare ai carboidrati, un modo di conservare l’ energia e immagazzinarla nelle riserve della pianta, per poi essere utilizzata quando e nelle parti di pianta in cui è necessaria”.
A quando risale la comprensione completa del processo fotosintetico, iniziata già nel 1600?
“La comprensione dei processi fisico-chimici che sottendono la fotosintesi è relativamente recente, infatti le scoperte significative hanno avuto luogo nella seconda metà del secolo scorso e sono ad oggi importanti e attuali. Infatti gli studi – soprattutto applicati ai metodi di coltivazione delle piante agrarie – che misurano la fotosintesi delle piante sono ancora considerati fondamentali per valutare la bontà delle soluzioni tecniche di coltivazione adottate”.
Quali aspetti del processo fotosintetico sono particolarmente significativi?
La fotosintesi della maggior parte delle piante produce come primi carboidrati, molecole a 3 atomi di carbonio, e per questo viene definita di tipo ‘C3’. In questa fotosintesi si riconoscono due fasi: quella di cattura dell’energia dei fotoni, che costituisce la ‘fase luminosa’; e quella – conseguente – in cui questa energia viene immagazzinata sotto forma di carboidrati, che non richiede luce per avvenire, e per questo è chiamata ‘fase oscura’.
Nella prima fase si ha la conversione dell’energia dei fotoni in due tipologie di particolari molecole (indicate brevemente come NADPH e ATP ) che forniscono energia per catalizzare le reazioni della fase oscura”.
Interpretando le previsioni dei non addetti ai lavori, ci si aspetterebbe da questo processo che la Natura ha inventato e che è alla base della vita biologica, una trasformazione vigorosa ed efficace dell’energia solare in energia chimica. E invece…
“L’efficienza della fotosintesi, in termini di fotoni che vengono utilizzati rispetto a quelli che vengono intercettati è molto bassa, meno del 5% nel migliore dei casi”.
Sembra deludente, sì. Tuttavia la ricerca ha messo in evidenza una risposta da parte delle piante.
“E’ così. Poiché le foglie hanno una capacità limitata di ridurre la loro intercettazione luminosa, e la pressione dei fotoni è fuori dal loro controllo, esse hanno sviluppato meccanismi biochimici di difesa dagli eccessi di radiazione, che causano danni simili a quelli che la radiazione solare fa alla pelle di noi umani. Tali processi biochimici proteggono sì le foglie, ma non riescono a eliminare tutti i possibili danni. Le foglie possono riparare questo ‘fotodanno’, ma per farlo consumano una parte dei carboidrati prodotti con la fotosintesi, il che riduce la loro produttività”.
Conoscendo il danno da eccessiva radiazione avrete certamente prospettato soluzioni al problema…
“Un’ opportunità l’abbiamo ‘inventata’ pensando di combinare vari materiali tecnologici in commercio, già disponibili per gli agricoltori, in modalità nuove, per attenuare la radiazione solare, e aumentare la sostenibilità della coltivazione di frutti. Un esempio è il progetto finanziato dalla Regione Emilia Romagna nell’ambito del Piano POR-FESR 2013-2020, chiamato ‘Smart, Specialized, Sustainable Orchard’e cioè Orto Smart, Specializzato e Sostenibile, brevemente indicato come S3O”, di cui la figura sottostante fornisce una vista dall’alto.
Combinazioni di strumenti già disponibili hanno creato la novità…
“Infatti, in questo esperimento sono stati combinati teli antipioggia che riducono del 50% l’intensità luminosa quando il sole è direttamente sulla verticale dei filari, con reti antigrandine, e reti antinsetto, sui lati del frutteto. Sistemando in questo modo i diversi materiali, abbiamo potuto modificare il microclima luminoso nel frutteto (si tratta di un meleto), riducendo l’intensità della radiazione. Abbiamo così reso meno calda e più umida l’atmosfera”.
…ottenendo quali risultati?
“I cambiamenti ci hanno permesso di ridurre del 50% l’irrigazione nel corso del 2019 e del 2020, senza penalizzazioni produttive o nella qualità dei frutti. Direi si possa già parlare di esempio per la transizione ecologica, visto il risparmio di acqua. E non è tutto!”.
Avete ottenuto anche altri successi ?
“Prevediamo di ottenerli regolarmente, infatti si potrà espandere la sostenibilità del frutteto, quando i teli ombreggianti saranno sostituiti da pannelli fotovoltaici per la produzione di elettricità, una parte della quale potrà essere usata per caricare le batterie del veicolo a guida autonoma che è presentato nella figura sottostante, e che è stato sviluppato come prototipo da team di ingegneri e agronomi dell’Università di Bologna.
Con l’introduzione di questi ulteriori strumenti si raggiunge una riduzione delle emissioni di CO2, considerando sia l’uso del veicolo nella gestione del frutteto, sia l’utilizzazione dell’elettricità per l’impianto irriguo e per il trattamento fitosanitario.
Veramente notevole! E siete partiti dai risultati della ricerca sui danni provocati dalla luce alle piante!
“La conoscenza della fisiologia fotosintetica delle piante coltivate è dunque centrale per ottimizzare la loro coltivazione, e promette di donarci molti progressi nella sostenibilità dell’agricoltura nel futuro prossimo”.
(Carla Cardano)