Siamo appena usciti dalla campagna elettorale e, senza dubbio alcuno, un po’ di verità “applicata” non può che farci star bene. C’è da restare perplessi trovandosi a dover soppesare due posizioni tanto distanti tra di loro: da un lato una insulsa valanga di promesse che mai, come del resto sempre, verranno mantenute e dall’altra parte un silenzio che ha il sapore della consapevolezza del proprio ruolo, della propria scelta, del vero bisogno degli altri. Di tutti gli altri. E una volta tanto senza distinzione alcuna di colore della pelle, di lingua parlata, di capelli lisci o crespi.

Non ricordo (ho davvero cercato di ricordare una data accettabile) quando mi trovavo in quel di Roma di ritorno da un cinema dalle parti delle terme di Diocleziano e ci trovammo a passare ( mia moglie ed io) nei pressi della stazione Termini: ricordo che si stava avvicinando il Natale e che faceva un freddo davvero insolito per la capitale.
La nostra attenzione fu attirata da un gruppetto di persone che si muovevano attorno ad un carretto montato su due ruote, quel tipo di carretto che, una volta, si fissava dietro la sella della bicicletta e così lo si trainava. Osservammo che quasi tutte, le persone attorno al piccolo carretto, volgevano lo sguardo in direzione del grande portico antistante l’ingresso della stazione.

“Sta a vedere che è successo qualcosa – dissi rivolgendomi a mia moglie -, prestiamo attenzione: questa è una zona che a quest’ora può non essere tranquilla. Mentre proferivo queste parole, vidi un uomo che stava rovistando tra quelle che mi sembravano coperte pesanti: indossava un pesante giubbotto con tanto di cappuccio a ripararsi le orecchie e un paio di jeans neri. Prese un paio di coperte e si allontano verso dove era venuto. Mi incuriosii e mi avvicinai al piccolo gruppo, con mia moglie decisamente ricalcitrante e potei vedere meglio ciò che realmente stava accadendo: Il carretto era davvero colmo di grosse coperte e verso il fondo trovava posto quello che sembrava un grosso contenitore termico. Un’anziana signora che doveva aver notato la mia curiosità mi rivolse la parola sorridendo:

– E’ don Corrado. Viene spesso la notte quando comincia la giannetta (venticello tutto romano) invernale a portare coperte, indumenti pesanti e un po’ di minestra calda a tutti questi poveracci che non hanno davvero nulla. Non manca mai!

– Un prete che fa ciò che davvero dovrebbe …

Il cardinale polacco Konrad Krajewski, elemosiniere di Sua Santità (Foto Wikipedia)

– Macchè prete, è sua Eccellenza Konrad Krajewski – mi apostrofò con un tono velatamente stizzito e sorpreso la donna -, uno che non si fa solo baciare l’anello (credo che non lo porti neppure), ma che si prodiga sempre verso chi ha bisogno. E’ instancabile e sempre presente dove serve un po’ di carità, di comprensione dell’altro, del bisogno dell’altro.
Restammo ancora qualche attimo poi ci allontanammo verso la piramide di Caio Cestio, la nostra destinazione.

Mi sono rammentato di quest’episodio quando qualche giorno fa ho letto sui quotidiani che Sua Eccellenza Krajewski era rimasto leggermente ferito dalle parti di Zaporizhzhia, durante un attacco delle forze russe, mentre stava compiendo il quarto viaggio in Ucraina quale elemosiniere apostolico e cardinale.

A chi gli chiedeva come stava e se se l’era vista brutta, rispondeva “Sa com’è, l’erba cattiva … (non muore mai!- finisco io). Incuriosito ho fatto qualche ricerca su internet e ho trovato una quantità di attività svolte nel tempo da Don Corrado, come lo chiamano a Roma.

Avete presente il magnifico colonnato del Bernini che racchiude piazza San Pietro? Bene, lui, in zona, ha aperto sale da bagno, barberia e docce per i poveri, più volte ha organizzato viaggi al mare per chi non può neppure immaginarlo, il mare, e ha portato un grosso numero di affamati nella Cappella Sistina (!?!) approntando tavoli, sedie e vettovaglie sotto gli splendidi colori di Michelangelo.

Ghiotta notizia per i giornali quando riallacciò il contatore della corrente elettrica di un palazzo occupato da diseredati lasciando, sul luogo, il suo biglietto da visita. Per ultimo, ma solo per cronaca di riporto, si è prodigato in aiuti verso transessuali latinoamericane durante la pandemia rimaste senza clienti.

Mentre chiudevo le pagine di internet sono stato attratto da una foto: un furgone bianco con tanto di vespa trainante (ape car) con alla guida Sua Eminenza in maniche di camicia che scarica pacchi, distribuisce tessere telefoniche e scarpe in quel di Lampedusa agli immigrati. Lo stesso si è potuto vedere a Moira, a Lesbo o a San Severo tra le baracche dei “neri” sfruttati quotidianamente.

Un profondo senso di verità, di verbi applicati, di esempio nella coerenza. Fa bene poter assimilare il profumo di questi gesti una volta tanto al posto dei tanti tromboni gonfi di parole e promesse a vuoto. Tanto di cappello, Don Corrado: insegni, se si trova un po’ di tempo’ anche a tutti noi il “come si fa”.

(Mauro Magnani)