Per due mesi chi come me (ed eravamo tanti…) ha criticato pubblicamente la linea suicida del centrosinistra, duramente, arrivando a definire Letta “il peggiore” (in antitesi a Togliatti detto “il migliore”), denunciando una classe dirigente ottusa, distante da qualsiasi senso comune presente nel paese, muta, e sorda persino agli appelli che venivano dai circoli locali del Pd che non volevano candidature imbarazzanti di (ex?) avversari politici, paracadutati su collegi sicuri che sarebbero diventati a rischio, è stato spesso attaccato e bacchettato da saccenti e zelanti opinionisti, arrivati fino ad insinuare che certo eravamo noi il nemico interno, le serpi in seno che boicottavano la contesa.

(Foto di David Yu da Pixabay)

Si è giunti all’abominio di screditare pure l’antifascismo, giocandosi la carta antifascista in campagna elettorale, una carta che dovrebbe essere usata con grandissima parsimonia e senso di responsabilità, e invece è stata brandita e gettata sul tavolo per conquistare un pugno di voti in più, per motivare un popolo di sinistra spaesato e stordito da tanta demenza politica.

Naturalmente, come era ovvio, il giorno dopo tutti di nuovo geni, di nuovo campioni, a piangere e a giubilare l’ennesimo segretario e magari a proporsi essi stessi (come se il problema fosse solo il segretario, ben sei più tre reggenti in 15 anni di esistenza del Pd, in media uno ogni due anni).

E a dire: “adesso bisogna cambiare”, dimenticandosi che dal 2008, cioè dalla sua fondazione, il Pd non ha mai vinto un’elezione politica.

Non perdonerò mai a questi dirigenti di aver scelto lucidamente la sconfitta, di aver chiamato la propria gente alle armi con arco e frecce contro i carri armati, di aver sputtanato l’antifascismo relegandolo a puro espediente elettorale e soprattutto di aver compiuto l’impresa di portare l’ex Msi al governo come primo partito del paese.

Ciò detto il nodo da sciogliere per il Pd non è ora (solo) il segretario.

Magari, sarebbe tutto più semplice.

Il problema è il Pd stesso: un esperimento politico malriuscito, un ibrido, che nessuno si azzarda a dire che è fallito e quindi come un’opera pubblica riuscita male resta lì, inefficiente ma inamovibile.

Nessuno si azzarda a dire che il Pd non ha più alcuna relazione “sentimentale” col paese, quindi non si sa bene chi rappresenti o cosa, quali battaglie debba fare, quali obiettivi ottenere.
Insomma, nato per tenere dentro tutto alla fine non tiene dentro nulla e risulta alieno alla gran parte del popolo, a parte quello che – solo nella propria testa, soprattutto nell’ex granaio rosso – lo identifica (a torto) col vecchio Pci.

Dal Pd sedicente partito di sinistra si entra e si esce come da un albergo, e si imbarca tutto, ma soprattutto centristi d’ogni tipo e pezzi d’establishment o tecnocrati di salda e robusta costituzione.
Il Pd si costruisce spesso anche da solo i chiodi che poi lo saldano alla bara: come l’attuale legge elettorale voluta dal Pd gestione Renzi, o le leggi neoliberiste sul lavoro e l’appoggio alla Fornero sulle pensioni che gli alienano la fiducia di intere masse lavoratrici e settori sociali.

In questa eterna zona grigia il Pd si è a poco a poco adagiato, coltivando una classe dirigente rissosa e divisa su tutto tranne che su un punto: la gestione del potere, a cui il Pd partecipa spesso e nonostante tutto, anche quando perde le elezioni.

E vi partecipa in ragione dell’unica ragione sociale che lo mantiene in vita: essere il garante di Bruxelles e di un europeismo spesso acritico, ma anche di Washington e della Nato schiacciandosi su un atlantismo altrettanto acritico: quindi viene generalmente percepito come la longa manus dei grandi poteri sovranazionali, a cui nulla frega dei popoli delle singole nazioni ma a cui preme molto che venga mantenuto lo status quo.

Vivendo in questa bolla è normale che Letta e tutta la dirigenza Pd abbiano vissuto la non fiducia di Conte come un “draghicidio”, come l’uccisione di Cesare da parte di Bruto, e lo abbiano immediatamente scomunicato e messo all’indice, convinti che farsi alfieri del draghismo e della sua (inesistente) agenda fosse una cosa che scaldava il cuore del paese.
Sfasciare un’alleanza larga con questa legge elettorale è un errore mortale che dovrebbe conoscere anche un bambino, figuriamoci scafati politici, eppure è stato fatto correndo verso il baratro.

Inoltre, ironia della sorte, nel Pd non percepivano che Draghi poteva anche avere degli estimatori ma nel paese non era ancora stato eletto Santo e gli elettori infatti hanno premiato proprio quelli che a Draghi si erano sempre opposti o hanno rotto con lui (a parte Salvini che rimanendo a mezza via ha pagato dazio).

Per concludere: può esistere un partito in cui convivono costantemente pulsioni le più diverse, con dirigenti preoccupati solo della loro carriera che per metà costruiscono un’alleanza coi 5 stelle mentre l’altra metà fa di tutto per farla fallire, in cui si passa senza problemi da Conte a corteggiare Calenda, tanto per fare mucchio, come se tutto fosse uguale?
In altri paesi (Grecia, Francia) il fallimento dei vecchi partiti socialisti pigliatutto e corrotti ha portato a poco a poco a fare chiarezza ridisegnando un quadro politico: Melenchon e Macron in Francia, Syriza e neocentristi in Grecia, tanto per dire. Opzioni più chiare e riconoscibili per gli elettori.

In Italia non abbiamo avuto questa fortuna, si rimane dunque nel limbo, e per paradosso ormai il partito che per gli elettori incarna meglio la sinistra non è più il Pd ma è quello di un ex elegante avvocato devoto di padre Pio, passato attraverso mille peripezie: Presidente del Consiglio per caso, mille volte dato per morto e puntualmente risorto, che toltosi dalle spalle l’ingombrante Grillo e suoi mediocri e improvvisati discepoli ha abbandonato i deliri dell’estremismo sovranista e qualunquista, quelli del “né di destra né di sinistra” per proporsi apertamente come il partito progressista italiano, difensore dei deboli e degli sfruttati.

Scomodando forse un po’ troppo Gramsci: “il vecchio mondo (quello del Pd) sta morendo, quello nuovo tarda a comparire. E in questo chiaroscuro nascono i mostri”

(Paolo Soglia)