Martedì 8 novembre si sono svolte negli Stati Uniti le elezioni di mid-term (metà mandato) in cui si sono state rinnovate totalmente la Camera dei rappresentanti e per un terzo il Senato.

I repubblicani hanno puntato sulla situazione economica, con la grave inflazione che si sta verificando anche negli States, generando difficoltà economiche.

I Democratici hanno puntato, invece, sul tema dei diritti civili, messi a repentaglio dalle recenti sentenze della Corte Suprema.

In questi giorni una inchiesta del New York Times sta generando grande attenzione.

Il giornale collega le ingerenze di Mosca nelle presidenziali americane del 2016 con il conflitto in Ucraina, ipotizzando che l’aiuto del Cremlino per l’elezione di Donald Trump mirasse fondamentalmente ad ottenere l’appoggio del candidato Repubblicano per uno smembramento dell’Ucraina.

Trump e Putin (foto tratte da Wikipedia)

Il quotidiano statunitense ha pubblicato un dettagliato articolo intitolato “La storia non raccontata del Russiagate e la strada verso la guerra in Ucraina. Le interferenze russe nella politica dell’era Trump furono più direttamente connesse all’attuale guerra di quello che si era capito prima”.

Una ricostruzione basata sulla revisione di centinaia di pagine di documenti dell’indagine del superprocuratore Robert Mueller, della commissione intelligence del Senato, delle udienze di impeachment di Trump, nonché su interviste con quasi cinquanta persone in Usa e Ucraina.

Tutto sarebbe iniziato la notte del 28 luglio 2016, quando Hillary Clinton stava accettando la nomination per la Casa Bianca alla Convention democratica a Philadelphia.

In quelle ore il responsabile della campagna di Trump, Paul Manafort, ricevette una email Konstantin Kilimnik, un russo suo socio in affari, che ottenne un incontro urgente con lui, durante il quale gli illustrò il “Piano Mariupol”, che prevedeva – in cambio della pace – la creazione di una repubblica autonoma nell’Ucraina dell’est guidata dal deposto presidente Viktor Ianukovich.

Trump se eletto avrebbe poi garantito un sostanziale immobilismo, nel caso in cui la Russia avesse deciso di muovere guerra a Kiev invadendo l’Ucraina.

Nelle settimane successive cominciarono gli hackeraggi e le fake news russe contro Hillary Clinton e il partito democratico, un vero e proprio assalto alla democrazia americana, conclusosi con la vittoria di Trump.

Gli scandali probabilmente non furono decisivi, ma aiutarono significativamente “The Donald”.

Una volta eletto Joe Biden nel 2020, come si è visto Putin avrebbe preso di petto la situazione.

Ovviamente le dure accuse rivolte dal giornale nei confronti di Trump sono ancora tutte da dimostrare, ma lo svolgersi degli avvenimenti sembra propendere verso l’ipotesi formulata dal New York Times.

(Tiziano Conti)