C’è qualcuno che ha voglia di ascoltare questa storia?

C’era una volta, in un tempo e in un luogo lontano, una città che si chiamava Penny Chein.

Era governata da un consiglio di anziani eletti dai cittadini di Penny Chein, che avevano dato loro il mandato di rendere la città, se non la migliore in assoluto, il luogo in cui l’esistenza di ognuno potesse essere la più serena e felice immaginabile e lì, potere realizzare i propri sogni, la propria vita.

Abitanti da tutte le regioni, anche le più lontane, venivano per studiare in una delle più antiche università del mondo, per lavorare, costruirsi un futuro; lì si erano concentrate molte delle menti più aperte e positive di tutta la nazione e dove, dei giorni passati, si tramandava solo il desiderio di libertà, uguaglianza, fraternità degli esseri umani e non i soprusi, la violenza, l’odio, la guerra; una “città aperta”, a tutti e a tutto.

Il netturbino, il postino, il fornaio, il barbiere, conoscevano tutti i cittadini del quartiere in cui operavano; avevano pazienza con gli anziani un po’ sordi e svaniti, che continuavano a ripetere, ogni giorno, la storia della loro vita, i giorni duri della guerra, le privazioni, così come le giovanili avventure boccaccesche, e poi l’amore della loro vita, i figli divenuti “dottori, grandi lavoratori, con la casa di proprietà”; e allo stesso tempo avevano parole ferme per i “cinni” troppo irruenti, parole generose per gli tutti stranieri che ora accorrevano sempre più numerosi di riprendere in mano il proprio destino o giunti per ammirare le antiche torri pendenti, i lunghi portici rossi, la sacralità della tavola imbandita, la bonarietà e l’accoglienza che trasudava, semplicemente, da Penny Chein.

E dal sottosuolo umido delle cantine, dal palcoscenico di chiese sconsacrate, sopra i muri affacciati sulle strade, dai garage abbandonati, dai cinema delle periferie, dai centri per i giovani, saliva prepotente la nuova, vitale e futuristica, onda che urlava il proprio bisogno e diritto d’ascolto mentre menestrelli, bardi, folli, giungevano dalle contrade più lontane per incantare gli abitanti di Penny Chein.

Ma poi, da oltre oceano e stretti marini, giunsero le creature della notte; la perfida maga Maggie l’Incantatrice e il losco baro Ronnie il Burattino che grazie alle malìe e ai perfidi inganni, sparsero sui campi incontaminati, nelle profonde miniere, nelle lontane isole come sulle montagne più alte, come novelli Mangiafuoco, lo scintillio dello sterco del Diavolo, e finirono per catturare le menti anche di Penny Chein.

A nulla valsero le profezie della futura sventura, le grida che invocavano il pericolo; prima scomparvero i netturbini, ma nessuno se ne accorse, in fondo, erano pochi.

Poi scomparvero i postini, ma nessuno ci fece caso, in fondo la posta continuava ad arrivare,

Poi scomparvero i controllori sugli autobus, ma così si risparmiava.

Poi abbassarono le serrande il fruttivendolo, il fornaio, il macellaio, la trattoria, il ciabattino, ma a nessuno importò molto, si poteva trovare tutto all’ipermercato.

Poi chiusero il cinema, il centro giovanile, la libreria di libri di seconda mano, ma a pochi interessò, si poteva trovare tutto all’ipermercato.

Poi gli abitanti furono “trasferiti” in periferia, e le banche, i negozi alla moda, gli avvocati, i notai, gli studi associati, presero possesso delle case, delle abitazioni, dei palazzi del centro.

E così, alla fine, scomparve anche il “Consiglio degli Anziani”, sostituiti dall’”Ordine dei Giovani del Presente”.

Foto di Gerd Altmann da Pixabay

E ora, sui pochi san pietrini rimasti, si ode solo il tintinnio delle monete gettate dentro le macchinette delle slot-machine, dei parcometri, sui tavoli alcolizzati degli Happy-Hours, mentre i cavalieri elettrici pedalano forsennatamente tra nuvole di smog & acciaio. Gli schiavi della notte e del giorno, dei supermercati, del codice degli appalti, giunti con un biglietto di prima classe di sola andata sulle navi negriere, con le scarpe rotte e senza più lacrime da piangere, chinano il capo in fila in attesa di ricevere l’elemosina mensile che nemmeno la Madonna Rom davanti alla chiesa ottiene più.

Il cuore dei cittadini si è fermato, l’anima è stata ricoperta da foglie dorate, gli occhi sono stati catturati dagli schermi LCD, le orecchie non ascoltano più, il respiro dell’alba è stato sostituito dal sibilo della carta di credito.

La città ora ha cambiato nome per cancellare così, il passato.

Si chiama Penny Dein.