Non so che cosa mi abbia incuriosito di questa persona, forse la sua giovane età, o forse un mestiere di cui conosco poco, o forse la sua auto equipaggiata per il lavoro. Fatto sta che ora sono qui con lui e comincio a snocciolare domande partendo dalla sua adolescenza.
Che cosa sognava del suo futuro Luca Grandi, oggi geologo/speleologo, da bambino e adolescente?
“Sognavo il ‘Camel Trophy’, vedevo in televisione gli avventurosi viaggi a bordo di speciali fuoristrada e sognavo di parteciparvi. Mi sollecitavano la passione per l’avventura e quella per i motori. Mio padre mi regalò una macchinina che si guidava e con quella i miei ‘Camel Trophy’ erano assicurati. Poi c’è stata la mia prima macchina vera e questa di oggi. Avevo anche un’altra passione, quella della montagna. Il mio papà faceva arrampicate, ma non ha mai voluto che le facessi anche io. Mi aveva spiegato delle cose, delle regole, ma per me le arrampicate continuavano ad essere lettera morta.”
Forse tuo padre temeva per la tua vita?
“Non credo, penso invece che non volesse influenzarmi troppo, voleva lasciarmi libero di scegliere il mio futuro. Di questo suo comportamento, nonostante il disappunto, gliene sono grato. Verso i 18/19 anni, ho cominciato a pensare che la speleologia mi interessava molto, non era l’arrampicata che mi mancava, ma era la materia che più mi avvinceva.
Ma c’era un… ma, non c’è un vero corso di studi di speleologia all’Università, però scegliendo di fare Geologia a Bologna (è possibile anche a Palermo), questa comprendeva parecchie lezioni di speleologia e quindi la mia sete di avventura poteva essere soddisfatta. Inoltre Geologia mi avrebbe permesso di vivere all’aperto, in montagna, tra la natura: era il massimo.
Alla fine rincorrendo speleologia, mi sono trovato a vivere facendo il geologo e ne sono pienamente soddisfatto. Si svolgono lavori per frenare il rischio idrogeologico, si studiano le risorse minerarie e fossili, la conformazione dei terreni, si saggia il terreno facendo carotaggi.
Ho seguito anche un corso di studi di speleologia al di fuori dell’Università, con il Gruppo speleologico bolognese e posso fare lo speleologo nei momenti liberi.
Nei fine settimana posso scendere in grotte, studiare ben bene ciò che sto affrontando, scoprire cose nuove, mettere in pratica tutto ciò che ho imparato, con la massima attenzione e valutando i possibili rischi. Mentre metto in pratica tutto l’equipaggiamento necessario, che non è esiguo, l’entusiasmo si mette in moto e non vedo l’ora di scendere nel buio più profondo. Anche Greta, la mia fidanzata è Geologa e speleologa e anche lei scende in grotta, mi piace molto condividere con lei questa passione. La speleologia è qualcosa tra lo sport e un’ attività vera e propria al servizio della Scienza”.
Iniziare la professione di Geologo è stata dura? Come hai trovato la tua strada?
“ A dire il vero, no. L’ultimo anno di università prevedeva un periodo di tirocinio presso una azienda che elabora studi di Geofisica e un professore decise che io ero adatto a fare il tirocinio presso questo tipo di azienda e lì sono rimasto anche dopo la laurea. Oggi ho una partita Iva, sono indipendente e posso lavorare con/per chiunque. Con questa azienda sono stato in Albania, nella Georgia asiatica, in Olanda e in Cina e naturalmente ho visto anche parecchia Italia”.
Come speleologo invece hai partecipato a qualche interessante spedizione?
“Sì certo, l’anno dopo aver fatto il corso con l’Associazione speleologi bolognesi, siamo stati in Bosnia, siamo scesi nella grotta più grande di tutta la Bosnia. E’ meravigliosa, con sale enormi e in quelle più profonde, più addentro alla montagna, ci sono innumerevoli ossa di orsi e altri animali preistorici che evidentemente in grotta trovavano rifugio. Esperienza indimenticabile. Prima di partire, avevamo fatto un corso con alcuni paleontologi che sono poi partiti con noi per studiare queste ossa. La notte abbiamo dormito lì accanto. Ah dimenticavo che durante il tragitto per entrare in grotta, abbiamo dovuto anche fare i conti con terreni minati. Insomma l’adrenalina c’era tutta”.
Come speleologo hai mai fatto esperienze paurose? Sei ancora talmente giovane…
“Le esperienze paurose si fanno per errore, mancanza di attenzione, valutazioni sbagliate, in genere è così. Per il resto, incontri con pipistrelli a iosa”.
Brrr, i pipistrelli, non farmici pensare! Piuttosto, hai mai fatto qualche scoperta, una grotta ancora inviolata?
“Sì mi è capitato, proprio qui in provincia di Bologna. Capire che nessuno ancora ha visto ciò che vedi tu, che il primo passo dentro è il tuo, la tua luce è la prima luce che è entrata, è una sensazione unica. Piacerebbe molto poterle fotografare queste grotte inesplorate, ma portare tutto l’armamento fotografico non è possibile, quindi abbiamo un’attrezzatura da geometra e tracciamo le mappature, dati che poi vengono inseriti in un catasto delle grotte, con tutti i nomi degli ambienti, delle stanze. Noi esploriamo grotte naturali, ma ci sono persone che esplorano grotte costruite dall’uomo tipo: miniere in disuso, rifugi di guerra, ecc. La speleologia, si può fare anche a livello lavorativo, ho degli amici (pochi) che praticano questa specialità come vero e proprio lavoro”.
E’ un piacere ascoltare Luca, racconta i particolari come un professore universitario, riesce a trasmettere il suo entusiasmo con naturalezza e sollecita la curiosità in chiunque l’ascolti. Non ho potuto ovviamente riportare tutto ciò che ho ascoltato, può essere che prima o poi mi ricapiti l’occasione. Infatti ci siamo salutati con la promessa che appena scoprirà qualcosa di nuovo, mi chiamerà. Grazie Luca.
(Lina Cremonini)