Varcata la soglia dell’anno nuovo sarebbe saggio non si disperdesse l’indicazione elettorale delle ultime “politiche” quando la maggioranza degli aventi diritto ha indicato alla coalizione vincente di mantenere le promesse sbandierate in campagna elettorale: dalle strade per coprire le arretratezze nazionali ai lavori preparatori per uscire dal pantano della burocrazia, finanche le azioni volte a risolvere tanti dei guai socio-economici, sempre governando per il bene comune senza rumori di fondo, sberleffi, slogan e hastag.

Giorgia Meloni (Foto Presidenza del Consiglio dei Ministri, Palazzo Chigi da Wikipedia)

Sembra invece da questi primi passi del nuovo esecutivo, anche colpa di una opposizione (quasi) inesistente, che le buone notizie stentino ad arrivare perché sta regnando una malinconica rassegnazione alla mediocrità, con le “ordinarietà” della pubblica amministrazione che come sempre al bisogno latitano, la sporcizia in aumento e con dehors e monopattini a farla da padroni nei centri storici contro ogni buon senso.

L’inversione di tendenza per queste italianità è più facile a dirsi che a farsi perchè fanno purtroppo parte del nostro Dna, come d’altronde la questione meridionale che a 162 anni dall’Unità dell’Italia è ancora d’attualità. La mancata unificazione economica e sociale è sotto gli occhi di tutti legittimata dalla minaccia da parte dello Stato della forza in assenza di progetti sociali, cosa che ha fatto nascere i cronici “deficit” meridionali nella frequenza scolastica, nelle strutture sanitarie e nell’apparato della giustizia, causando il black out sui i tre cardini che reggono ogni società civile, che al sud è (quasi) sempre stata amministrata da partiti che hanno sempre preferito dar ascolto ad “eletti”, spesso di natura clientelare ed incapaci di presentare programmi e piattaforme pragmatiche, anzichè agli “iscritti”-

La forbice fra nord e sud in merito a questioni sociali ed economiche si è poi storicamente ampiamente divaricata nei decenni trascorsi perchè è sempre stata curata maldestramente col ritornello che la colpa dei mali meridionali è “di altri” (e non di loro), crisi Lehmann 2008, pandemia e conflitto russo-ucraino hanno poi ulteriormente fatto precipitare le speranze di un cambio di passo.

Anche da qui perciò si evince che l’Italia in ambito europeo è impensabile possa farcela da sola, come invece qualcuno poco tempo fa immaginava possibile, sia sulla la guerra russo-ucraina e le necessarie strategie attuate in merito alla crisi energetica (anche) derivata dal conflitto, sia per quanto servirà restare legati ai 200 miliardi destinati da Bruxelles a Roma (e poi da Roma a Regioni e ai Comuni) del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) per rilanciare l’economia causa la pandemia.
Una montagna di quattrini che si spera (ri) darà vitalità anche alla democrazia del nostro Paese così a continuare a garantire libertà individuali e giustizia sociale creando ricchezza, che va creata prima di essere distribuita.

Benessere questo che va di pari passo col riconoscimento del diritto di ogni donna e uomo ad avere a condizioni di vita dignitose in un ambiente salubre, un valore questo dell’ambiente che è entrato (finalmente) a far parte della Carta Costituzionale dal febbraio 2022 a tutela le biodiversità e gli ecosistemi, mettendo in rilievo l’importanza della salvaguardia degli organismi che ci stanno attorno garantendo loro sostenibilità e attenzione ai cicli della vita, alle fonti energetiche e alla riciclabilità.

Tutte tematiche, queste, sensibili solo per una parte dei nostri giovani, per tanti (troppi) la bella spregiudicatezza della loro giovane età è stata distratta dall’effimero fenomeno della malamovida, la propria identità “in corso d’opera” è stata annacquata dai social e le relazioni private e pubbliche “nel proprio gruppo” sono diventate latenti perchè a suo tempo negate dai lockdown, da qui il disagio sociale (ed economico) e la poca inclusione con tematiche sociali, del volontariato, della solidarietà, della mobilitazione spontanea (ed anche) politica.

Un brutto trend per questi giovani millennial e giovanissimi della generazione Z “senza voce” che poi li porta ad interfacciarsi poco (e male) coi loro pari sui “fatti”, dalla guerra in Ucraina alla crisi energetica e l’inflazione ossia su questioni che sebbene incidano sul “quotidiano”, vengono snobbati e banalizzati come ininfluenti per le sorti del loro futuro, che reputano purtroppo di importanza irrilevante.

(Giuseppe Vassura)