Andrea Pagani

La rubrica letteraria “Lo scaffale della domenica”, a cura di Andrea Pagani, dedica il mese di febbraio ad un genere ben poco conosciuto in Italia: il “gotico sudista” (Southern Gothic), una corrente statunitense, ispirata al gotico tradizionale, che per l’appunto svolge le sue storie negli Stati Uniti meridionali e i cui protagonisti vivono in ambienti abbandonati e degradati.

1919. Le acque nere e minacciose del fiume Blackwater straripano impetuose e sommergono la cittadina di Perdido in Alabama. Come gli altri abitanti, anche i ricchissimi Caskey, proprietari di boschi e segherie, devono fronteggiare il disastro provocato dalla furia degli elementi naturali. E in questo contesto drammatico, fra le calamità imprevedibili, irrompe una strana presenza: dalle viscere della città sommersa compare Elinor, donna dai capelli di rame con un passato misterioso e con un comportamento che insospettisce alcuni, mentre suscita il consenso e la seduzione di molti: Elinor, infatti, nonostante i sospetti e l’ostilità di Mary-Love Caskey, una delle matrone della comunità, riesce lentamente e decisamente ad insinuarsi nelle vita del paese, prima come maestra elementare e poi addirittura come moglie di Oscar, il figlio di Mary-Love, e così ad integrarsi a pieno diritto nella realtà di Perdido.

Ma la tragedia è dietro l’angolo e precipita, inesorabile e spaventosa, sulla comunità delle cittadina del sud degli Stati Uniti.

È questo l’irresistibile intreccio narrativo da cui si genera la poderosa saga letteraria di Michael McDowell, suddivisa in 6 libri, dal titolo Blackwater e proposta di recente per la prima volta in Italia, per i tipi di Neri Pozza.

Di certo non è un caso se un maestro del mistery come Stephen King abbia dichiarato che McDowell, autore di oltre 25 libri e numerose sceneggiature per la televisione e per il cinema, morto nel 1999 al Massachusetts General Hospital di Boston all’età di 49 anni, per complicazioni di Aids, sia uno degli scrittori più significativi del suo tempo. Non è un caso perché l’atmosfera straniante e angosciosa, sospensiva e inquietante che King crea nelle sue opere è il marchio distintivo della saga di McDowell, dove l’irruzione della stravagante figura femminile Elinor, creatura ambigua e indecifrabile, s’insinua nell’equilibrio della comunità di Perdido, ne scuote e ne fa emergere le contraddizioni, rappresenta simbolicamente il cosiddetto “perturbante”.

È una situazione molto simile a quella che si verifica in un film immenso, di un maestro del cinema, come Dogville di Lars Von Trier, dove nella mite cittadina di Dogville, emblema di una stanca e inerziale società occidentale, che va avanti in una grigia monotonia, appare d’improvviso Grace (interpretata, nella pellicola di Von Trier, da una straordinaria Nicole Kidman), in fuga da una misteriosa storia di gangster, tant’è che gli abitanti di Dogville, inizialmente dubbiosi, col tempo vengono ammaliati e sedotti dal fascino di Grace, finché la situazione precipita quando le richieste dei cittadini a Grace, in cambio della loro ospitalità e protezione, diventano sempre più pressanti, opprimenti, disturbanti, conferendo un diffuso senso di smarrimento e di soffocamento.

Se in qualche misura nel romanzo Blackwater di Michael McDowell la situazione è rovesciata, nel senso che è Elinor a condurre gli abitanti di Perdido sul baratro della autodistruzione morale, la metafora esistenziale e filosofica resta la medesima: è la lenta ma invasiva penetrazione del “perturbante”, come nel libro Outsider di Stephen King, a mettere scompiglio nella vita dell’uomo, a generare una spirale di disordine, a far crollare l’equilibrio e le regole di civile convivenza che reggono le relazioni umane.

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(Andrea Pagani)