Si è svolto negli scorsi 22 e 23 febbraio a Imola una due giorni di approfondimento e formazione dal titolo “Esp e servizi di Salute mentale: insieme per la Recovery”. Un tema molto sentito vista anche la partecipazione che ha riempito il salone del centro sociale “La Stalla”.
Un tema discusso, dibattuto e controverso, perchè mette al centro una nuova figura, quella dell’Esp (Esperto in supporto tra pari) che sta iniziando a svolgere un’azione di supporto, affiancamento e collaborazione con gli operatori sanitari nei centri di salute mentale. Con tutto ciò che comporta la presenza di una nuova figura in strutture che si basano su disciplinari rigidi e precisi.
Sta di fatto che questa figura rappresenta una ventata di novità, c’è chi parla di una nuova rivoluzione dopo quella basagliana del secolo scorso nel campo della salute mentale.
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Ma per capire meglio di cosa si stiamo parlando lasciamo la parola a chi l’Esp lo fa da diversi anni.
L’esperienza di Stefano
Da tempo considero e vivo l’esperienza Esp, come un percorso personale (anche mio) che necessita di tempi lunghi, perché è implicito un riassestamento, un riequilibrio e una riassunzione di identità e responsabilità, un recupero di capacità e anche l’acquisizione di nuove competenze. Ma cos’è necessario perché avvenga questo cambiamento?
Dall’ esperienza e dal mio vissuto Esp, penso sia necessario mantenere relazioni utili all’interno del contesto sociale per evitare il rischio di isolamento. Un punto di partenza tra i tanti è l’associazionismo, i gruppi Ama (Auito mutuo aiuto) ad esempio, che può diventare una spinta e una risorsa nella realizzazione di servizi territoriali, che costruiscano l’opportunità di “cura” e più in generale delle politiche relative al disagio mentale.
Come Esp credo sia importante allargare le conoscenze del problema ad altre realtà presenti sul territorio, stringere alleanze e collaborazioni, attivare risorse (associazioni di volontariato, cooperative, singoli cittadini e attivare la collaborazione e il confronto con le realtà sociali per promuovere la tutela del disagio (mentale). E’ importante come Esp che si promuovano culture e pratiche di condivisione nelle politiche della salute mentale, si aggiunga la costruzione di percorsi che appartengano a tutti.
Il disagio, infatti, deve trovare posto e dignità nel quotidiano di tutti. Per favorire queste idee si possono costruire e attivare percorsi dove il singolo individuo e/o un’intera comunità partecipa in una dimensione che attiva l’educazione alla propria salute mentale.
Tutto questo non è utopia ma un modello di trasformazione capace di attivare, costruire le speranze, le competenze, i saperi, i desideri, i sogni, gli ideali per restituire opportunità alle persone con disagio, nessuno escluso, poiché l’altro è tutto ciò che ci circonda nel termine più ampio della parola. Si può parlare di empatia per stabilire rapporti costruttivi, comprendere quando e come affidarsi alle sensazioni, cogliere le emozioni che si stabiliscono tra le persone, potenziando e accogliendo quelle positive per superare le difficoltà che si presentano attivando il confronto nei gruppi.
Ingredienti per un lavoro Esp: lavorare in gruppo con operatori, famiglie, persone utenti; conoscenza delle dinamiche di gruppo; lavorare in gruppo e gruppi allargati ai cittadini; lavorare nel contesto sociale con operatori dei servizi; motivazione nel lavoro per consentire alle persone di modificare se stesse e credere nel cambiamento (di tutti nessuno escluso); capacità organizzativa e pensiero flessibile, orari, ruoli; assumere responsabilità individuali e avere presente nello stesso tempo le dinamiche di gruppo; lavorare con i famigliari, la rete sociale e gli operatori, gestendo e tollerando i conflitti.
Come Esp penso sia importante ricevere sostegno e restituirlo per rinnovare e ritrovare la speranza e impegno nel progetto di vita per accettare il disagio e le difficoltà nel ridefinire il Sè. Sentire che c’è la possibilità di credere nella persona o nelle persone vicine, (esserci nei momenti di difficoltà) anche nei momenti più difficili.
Avere speranza e credere nella possibilità di un rinnovato senso di sé e in nuovi scopi. La speranza entra nel desiderio e nell’impegno di procedere nella propria Recovery, un impegno da elaborare a piccoli passi che nasce dalla volontà personale di accettare la sfida che si può vincere nel realizzare se stessi, costruendo un obiettivo per il futuro attraverso i desideri e i sogni che sono in ognuno di noi.
Un altro aspetto riferito all’Esp è di valorizzare l’unicità dell’individuo come una risorsa per la comunità che porta a scelte individuali nel vivere i diritti, doveri con dignità e nel rispetto che ognuno deve avere dell’altro sia come vicino di emozioni, di cultura, ma anche nel senso più ampio del significato della parola.
Quindi penso al lavoro, allo studio e alla formazione, al confronto all’interno di un dialogo aperto verso modelli realizzabili. Apprendere e valorizzare la responsabilità per la gestione del denaro e dei farmaci, partecipare e scegliere, ad esempio nelle attività di tempo libero in contesti di vita quotidiana, nelle relazioni sociali vissute, nella costruzione di relazioni affettive con i familiari e/o altre persone per sentirsi parte di una rete sociale in un contesto di cittadinanza attiva.
Attivare la comunicazione e contrattazione. Penso alle relazioni familiari (fattori abitativi, famiglia supportiva, propositiva che sia attenta nel proporre aspettative di miglioramento realistiche per attivare e rinforzare i sempre maggiori progressi), Credo sia importante e costruttiva la relazione e la formazione con operatori dei servizi che confermi il coinvolgimento personale con un approccio attivo ed empatico.