“Non si può descrivere la passione , la si può solo vivere”. Ho preso in prestito questa frase dal sito web della Scuderia “Bella époque” perché è il ritratto di Monica Zanetti.
Sono andata a trovarla nella sua officina di Formigine. Tirata a lustro, ordinata, nulla fuori posto. Un paio di auto da corsa allineate e un’altra, rossa, forse anni ’70. Un grosso monitor, un angolo ristoro sempre organizzato e un tavolo per le relazioni e i momenti conviviali. Inconfondibile tocco femminile. Alle pareti fotografie che la ritraggono con piloti e tecnici Ferrari, con la sua socia, Gemma Provenzano, con la quale ha fondato la scuderia “Bella époque” nel 2016.
Mi accoglie come se ci conoscessimo da tempo. Incuriosita, le chiedo informazione sul nome. L’hanno scelto con qualche dubbio. Il logo è un’auto da corsa, gialla, con pilota alla guida; evoca i tempi di miti come Nuvolari. A me pare perfetta. L’immagine su campo bianco, pulita, mette al centro il senso della loro impresa che restaura e aggiusta auto d’epoca e da corsa, cimeli per collezionisti.
Le faccio notare che il marchio rimanda all’epoca futurista quando la velocità, la tecnologia, la moderna industrializzazione erano al centro di una visione del mondo. Lo stesso periodo in cui la moda femminile rivoluziona i costumi col taglio dei capelli e abiti più succinti e attillati.
Un’altra idea del femminile archiviava quella in voga fino a quel momento. Un logo giusto per Gemma e Monica che con coraggio hanno deciso di cimentarsi in una impresa inconsueta, idea nata in una cena con ex meccanici Ferrari. “Ora che mi ci fai pensare, la vedo diversamente. Sì, è il marchio giusto” e sorride.
Monica Zanetti, classe 1963, maranellese doc, è entrata in Ferrari nel 1979 a 15 anni come meccanica. Già, perché avere uno zio meccanico in F1 può determinare il tuo destino. E così è stato. Da bambina accompagnava lo zio in Ferrari maturando nel tempo una profonda passione per i motori. Dopo due anni di Istituto professionale industriale si lancia, impaziente di soddisfare la curiosità del provare a fare. Entra in fabbrica, un ambiente popolato da soli uomini.
“Altre due o tre ci avevano provato prima di me” mi dice “ma è dura e non sono riuscite nell’intento. Così le hanno adibite alla pulizia delle auto e dell’officina”. Destinazione naturale per una ragazza assunta che non si dimostra all’altezza, confermando lo stereotipo delle attitudini femminili.
Monica capisce subito che la sua scelta è una sfida a se stessa e al mondo maschile. Un mondo che la controllerà senza sconti, dopo i tentativi vani di chi l’aveva preceduta.
“Stavo molto attenta a non sbagliare e cercavo di imparare in fretta e bene. Sapevo che se avessi sbagliato me lo avrebbero rinfacciato pesantemente”.
Parole che svelano il timore di non riuscire a coronare un sogno. Monica è sveglia e intelligente e da subito è consapevole che l’umiltà è una alleata preziosa. “E’ stata dura e ho lavorato sodo”. Sì, perché essere giovane e per di più femmina in un mondo di maschi, comporta la dimostrazione di competenze eccellenti e la tensione permanente di sentirsi sotto esame.
Monica gliela fa e nel 1987 entra nel team dei quattro meccanici che costruiscono la mitica F40 voluta da Enzo Ferrari. Si produssero i primi 500 esemplari per celebrare i 40 anni della casa automobilistica. “Non è stato facile ma è stata una emozione incredibile”.
Il successo della F40 portò il Drake a organizzare un evento aziendale in cui si consegnò un modellino della nuova auto ai dipendenti. “Ferrari ci fece venire al lavoro prima quella mattina e all’ora di pranzo liquidò tutti per trasformare l’officina nella scena di un grande emozionante evento celebrativo. Eravamo un po’ frastornati per la sorpresa ma contenti”.
Di qui inizia un percorso professionale di riconoscimenti che le darà grandi soddisfazioni ed emozioni. Sorride e le brillano gli occhi quando racconta il rapporto con gli ingegneri progettisti, coi colleghi, con Enzo Ferrari e i piloti che hanno fatto grande la Ferrari della F1. Mostra le foto entusiasta con compiaciuta emotiva evocazione. E’ riuscita anche a ottenere una foto con Schumacher, piuttosto schivo e reticente quando si trattava di concedersi all’obiettivo. Relazioni che racconta ma non esibisce in cerca di prestigio.
Nel 2002 entra in Maserati corse e partecipa al progetto MC12 come responsabile della Logistica Ricambi e Magazzini, sia in pista che in sede. Un progetto voluto fortemente da Jean Todt e da Luca Cordero di Montezemolo. “Un ‘esperienza che mi ha insegnato moltissimo sia dal punto di vista professionale che lavorativo”.
Monica Zanetti incarna la tipica donna emiliana. Sorriso aperto, verace, personalità determinata, pragmatica e genuina, capace di riconoscere e apprezzare la qualità. Quella che si produce col sapere, il saper fare, la competenza acquisita con un apprendimento intelligente sul campo. E quando il sapere si arricchisce di esperienza si chiama sapienza. Il modo di fare gioviale, alla buona, solo in apparenza grossolano, rivela l’orgoglio e la fierezza di chi ha raggiunto il traguardo. Il suo traguardo, che ha contribuito a fare grande la Ferrari. Una consapevolezza che traspare dalla passione con cui parla del suo lavoro. Si esprime con la modestia e la sensibilità di chi si sente fortunata, evitando le esibizioni e gli eccessi egoici così frequenti in questo presente.
“Ma i miei figli non sono come me, hanno preso altre strade” dice con una punta di autoironia e una sottile allusione a una vita fuori dagli schemi. Un maschio e una femmina che non hanno seguito le sue orme e neppure quelle del padre, meccanico anche lui, conosciuto proprio in Ferrari.
In occasione di una corrispondenza l’hanno chiamata dottoressa. Subito Monica si è affrettata a precisare che non lo è anche se l’appellativo le ha fatto piacere, un riconoscimento. L’eccellenza è eccellenza, trasversale ai ruoli, alle professioni. Chi la esprime non deve essere per forza dottoressa. Gli schemi promozionali non servono. Perché quando c’è la sapienza di un mestiere questa non deve per forza essere legittimata da un titolo formale di studio. Monica così dà una lezione di dignità e autostima soprattutto a coloro che accettano l’appellativo senza esserlo. Conta la sostanza più che il posizionamento in un mestiere in cui il risultato si genera con la qualità a tutti i livelli e tanto lavoro di squadra.
Il 28 ottobre 2022 Monica Zanetti è volata a Las Vegas alla notte degli “Helene Award” dell’automobilismo internazionale per ricevere il trofeo realizzato con lo stesso materiale degli Oscar. Premiata come unica donna che ha partecipato alla realizzazione di un’auto iconica come la F40. Il tocco dell’abilità manuale femminile voluto dal Drake. Quando si dice uno sguardo diverso!
Monica Zanetti sarà a Imola in autodromo l’8 marzo in occasione di Woman Motor, auto motive al femminile. Parteciperà a uno dei panel previsti nel pomeriggio.
(Virna Gioiellieri)