Un manifesto sull’ 8 marzo della Regione Emilia Romagna affisso in questi giorni chiede con domanda retorica se siamo stanche dell’8 marzo. Segue la risposta: Noi NO.
L’approccio insolito porta una come me a identificarsi in quel “NO”. Rassicurante, con puntini di sospensione.
Non sono stanca dell’8 marzo perché sono stanca (e con me molte altre) di evidenziare da decenni, in questa data, gli stessi problemi. Quelli che sono alla base della disparità di genere. Tutti in una volta. Visto che è la giornata internazionale dedicata alle donne, si fanno bilanci e ricognizioni con lo stesso esito sostanziale.

Le discriminazioni e le disuguaglianze nel lavoro e nei carichi famigliari, gli ostacoli nelle opportunità di accesso ai percorsi di vita non tradizionalmente femminili, la violenza maschile, il controllo dei corpi, la libertà e i il diritto all’autodeterminazione.

Li rileviamo tutto l’anno.  Evito dunque di riportare dati (peraltro noti e facilmente rintracciabili) e di fare analisi in merito.  Come cellule riproduttive gli stereotipi sessisti ne garantiscono la sopravvivenza funzionale al sistema patriarcale nonostante innegabili progressi della consapevolezza femminile con effetti positivi sulla condizione di molte donne.

Manifestazione di donne per i diritti a Bologna

Il dritto e il rovescio

Mia madre era bravissima a ricamare e a lavorare a maglia. Quando “sferruzzava”, come soleva dire, i ferri non si vedevano, per quanto era veloce ad allineare i punti caricando il filo. Ogni tanto controllava il lavoro, perché il dritto e il rovescio dovevano essere altrettanto lineari e puliti per ottenere un buon risultato. Il dritto e il rovescio: due termini che le ho sentito pronunciare spesso.

Il cervello umano funziona per schemi, strutture mentali attraverso le quali percepiamo e classifichiamo la realtà. Ci servono per valutare le situazioni, interagire,  produrre un fare e risentono della cultura che ci influenza. Gli stereotipi non sono altro che schemi. Ma quando diventano pregiudizi, coincidono con luoghi comuni e creano effetti discriminanti ed esclusivi verso qualcuno, ne pregiudicano la possibilità di godere degli stessi diritti e delle stesse libertà degli altri.
Diventano allora dannosi e gettano le basi di conflitti. Così agiscono gli stereotipi sessisti in base ai quali si è formato nel tempo lo squilibrio di potere fra uomini e donne, con la predominanza dei primi.

Le disuguaglianze diventano “normali” pur fondando  la convivenza, in teoria, su principi di uguaglianza e di parità sia nel pubblico che nel privato. Si insediano dentro di noi per condizionamento culturale e sociale e si radicano continuando a riprodurre la visione sessista della realtà. A uno stereotipo maschile ne corrisponde uno femminile. Uomini e donne li interiorizzano.

Oggi molti maschi riconoscono più libertà alle femmine e molte femmine si sentono più libere. Il dritto cambia ma il rovescio continua a funzionare come prima. Si genera una distonia per cui a fronte di progressi concreti a favore delle donne (il dritto) rimane e si rafforza la resistenza al loro sviluppo e radicamento (il rovescio).
Si amplia l’affermazione femminile, fino al punto in cui lo squilibrio di genere rischia di subire una radicale messa in discussione e con lui il sistema sociale e culturale su cui si fonda. E qui avviene la battuta di arresto.

Si acuisce il conflitto, scattano la reazione e gli anticorpi verso il superamento del gap di genere. Nei regimi confessionali e autoritari è repressione violenta, come in Afghanistan e in Iran. Nei sistemi democratici si attiva l’ infido e subdolo contrasto alla libertà di scelta, all’autodeterminazione e il controllo sui corpi in nome dei vecchi valori che fondano la società. La violenza di genere ne è un esempio ma ce ne sono altri nei quali è più difficile riconoscere l’azione degli stereotipi sessisti.

Ogni giorno se ne trovano, nel grande e seducente circo della spettacolarizzazione e del main stream che non risparmia neppure le tragedie. Nascono polemiche e scaramucce mediatiche che rapide si spengono senza snidare il vero arcano. In questo il linguaggio, specchio del pensiero, ha una parte fondamentale.

 

Stereotipi nel quotidiano

 Una donna che ricopre una posizione di potere e di responsabilità preferendo gli appellativi maschili a quelli femminili che ne manifestano il genere, nega di fatto la possibilità che le donne siano in grado di esprimere competenze adeguate al ruolo.  Diviene l’eccezione che conferma la regola. Trasmette un messaggio negativo alle ragazze sulle possibilità di successo per il loro proprio valore, riconosciuto solo attraverso la competizione con gli uomini. Raggiunto il traguardo rinunciano all’identità di genere per non sentirsi da meno. Il diritto diviene privilegio rispetto alle altre donne. Così la presidente del Consiglio Meloni. Una rondine non fa primavera.

Alla Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen in visita ufficiale in Turchia accompagnata dal Presidente del Consiglio Ue non è stato concesso di sedere fra i colleghi uomini. Relegata in un divano a latere a dispetto del ruolo. L’episodio è stato liquidato come una formalità secondaria, tollerato a patto che non si ripetesse in futuro. Ma intanto la discriminazione ha trovato legittimazione e lanciato un avvertimento. Il rovescio in azione.

All’indomani delle primarie del PD che hanno eletto Elly Schlein segretaria, subito è stata definita l’anti Meloni. Col pretesto di mettere a confronto maggioranza e opposizione, si è evocato di fatto lo stereotipo delle donne litigiose che si accapigliano come due galline agguerrite in un recinto. Quante volte si è sentito dire dagli uomini in politica “non siete d’accordo neppure fra di voi”. Come sei i maschi fossero sempre d’accordo fra loro. Ma le differenze fra uomini si chiamano libertà di opinione, pluralità di posizioni. E’ normale.

Alle donne invitate a Sanremo come co-conduttrici del festival, è stato concesso (sottolineo concesso) lo spazio per un monologo in cui hanno espresso punti di vista, emozioni, sentimenti personali suscitando l’ emozione del pubblico.
Ferragni, Egonu, Fagnani, Francini hanno esposto pensieri, emozioni e sentimenti mettendosi a nudo e dando voce alla loro dimensione interiore. Agli uomini non viene mai chiesto, come se non ne fossero provvisti. In questa fattiva omissione si rivela la richiesta al femminile di mettersi sempre totalmente in gioco, facendo dello spazio privato uno spazio pubblico.

Certo a suon di compensi stellari ma è l’immagine femminile che si comunica a fare senso comune confermando lo stereotipo. Discorsi sostanziosi (non entro nel merito) affogati nella spettacolarizzazione di spazi circoscritti messi al servizio della apparente elevazione di una kermesse canora dove tutto fa spettacolo. E finiscono per farlo anche problemi molto seri come la violenza di genere.

Meglio che niente, ma ininfluente  su un cambiamento sostanziale che individui soluzioni a problemi complessi. Alla Ferragni in conferenza stampa è stato chiesto se la lettera che aveva letto l’avesse scritta da sola (doppio pregiudizio), se era lì a rappresentare la coppia col marito (anche lui presente a Sanremo) e cosa dicevano i figli della sua partecipazione al festival.

Bologna 2019

Dettagli? Forse. Ma chiediamoci se un uomo di successo accetterebbe di farsi chiamare con appellativi femminili, o se, capo di Stato, accetterebbe, come normale, di accomodarsi, perché uomo, a dispetto del ruolo ricoperto, in un divanetto laterale. O ancora se due leader maschi fossero sottoposti a un quarto grado sulla loro estrazione sociale o sulla loro paternità come requisito per riscuotere maggiore accondiscendenza. Chiediamoci se sarebbe così sminuente per loro avere opinioni e visioni diverse. Chiediamoci se a Fedez sarebbero state rivolte le stesse domande poste alla Ferragni o se fosse stato chiesto a Morandi e ad Amadeus di mettere a nudo i loro sentimenti. La risposta sarebbe probabilmente negativa. Lo si troverebbe quanto meno inconsueto, estraneo alla normalità.

Lotto marzo

Basta accorgersi di come agisce il rovescio nell’ordinario che appare insignificante per riconoscere gli stereotipi sessisti che riproducono le discriminazioni e le disuguaglianze di genere, resistendo al dritto e confinandolo. I cambiamento ci sono e c’è più consapevolezza ma è un allargamento delle maglie del patriarcato che si riproduce. Per questo diciamo che i problemi secolari delle donne sono strutturali e non troveranno soluzione se non con politiche radicali e coerenti. Non basta il successo di poche donne per decidere di avere realizzato le pari opportunità se non è per tutte. Per questo i cambiamenti che registriamo non sono risolutivi e non sono ancora abbastanza dirompenti da realizzare l’obiettivo n. 5 dei DSGs delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile

Per questo, Lotto marzo ha ancora un senso, nonostante la stanchezza.

(Virna Gioiellieri)