Per far capire perché sono andato a votare per Elly Schlein alle primarie del Pd sono indispensabili due premesse.
La prima è che pur avendo questa volta votato non ho cambiato idea sulle primarie che continuo a pensare non siano per un partito, soprattutto di sinistra la scelta più democratica per selezionare i gruppi dirigenti o le sue presenze nelle istituzioni.
Questa modalità di procedere più che aumentare la democrazia nel partito finisce per favorire una forma organizzativa, quella del partito “americano” privo di presenza territoriale o meglio che usa i circoli che ha sul territorio solo per fare le campagne elettorali e non per organizzare e essere parte dei conflitti sui problemi che hanno le persone che vi abitano.
La seconda premessa è collegata alla prima e cioè che resto persuaso che il Pd così com’era sia stata un’operazione sbagliata che ha contribuito ad accentuare e non a superare la crisi della sinistra che certamente ha ben altre cause oggettive.
Il Pd senza uno scossone che possa destabilizzarne le fondamenta su cui era stato pensato, fin da Veltroni, è parte e non una soluzione del problema dell’attuale marginalità della sinistra.
Premesso tutto ciò sono contento della elezione di Elly Schlein e della sconfitta di Bonaccini, che se invece avesse prevalso avrebbe sancito forse la definitiva liquidazione di quel poco che restava del Pd, cosa non disprezzabile, se contemporaneamente non avesse significato anche la dispersione nell’area del disimpegno e dell’astensionismo di tante sue elettrici ed elettori.
Questa è la motivazione principale che mi ha spinto a votare e anzi a fare di tutto per convincere altre ed altri a farlo. Elly Schlein doveva rovesciare il voto delle e degli iscritti e lo doveva fare mobilitando energie esterne al PD. Trovo quindi priva di fondamento l’obiezione di chi sostiene che queste elettrici ed elettori sarebbero invece confluite in Sinistra Italiana e nell’area elettorale in cui si è collocata, cioè quella dei 5 Stelle, riportati a sinistra dal nuovo leader Conte.
Chiarito ciò dico subito che sarebbe ingiustificato un eccesso di entusiasmo per la vittoria della Schlein. La parte complicata comincia ora.
Si tratta di tradurre le tantissime aspettative che ha saputo infondere con la sua campagna, cosa tutt’altro che facile sia perché il partito che traspare dai suoi discorsi incontrerà nei gruppi di potere compresi quelli che l’hanno appoggiata resistenze pesanti e poi perché dovrà fare i conti anche con i limiti del suo progetto.
Come per la sua elezione la mia impressione è che dovrà contare più che sulle sue capacità di mediazione su ciò che le ha permesso di vincere e cioè sulle centinaia di migliaia di elettrici ed elettori che l’hanno scelta alle primarie non iscritte al Pd che hanno rovesciato nelle urne il risultato degli iscritti al partito.
Per dirla con più chiarezza non mi pare una grandissima idea fare dello sconfitto Bonaccini il vicesegretario, perché credo che il boom di nuove iscrizioni, 4000 in un solo giorno, in larga parte giovani, perderebbe subito di entusiasmo, ingrediente indispensabile per riuscire a completare l’opera e costruire uno strumento utile al paese e al cambiamento profondo che gli serve per uscire dalle tenebre in cui le destre fasciste lo stanno facendo precipitare.
Penso ad esempio che il processo di rinnovamento debba diventare visibile sulle priorità programmatiche che la nuova segretaria deve riuscire a dare al Pd, tradurre cioè la scelta della riconversione ecologica della società nel tratto distintivo dell’azione politica del partito che intende costruire, rendere consapevoli tante forze che è indispensabile coinvolgere, penso alla Cgil, che è proprio dai passi avanti che si riuscirà a fare su questo terreno che dipende anche l’efficacia delle lotte per la difesa dello stato sociale e soprattutto quella per una nuova stagione dei diritti, fra cui quello al lavoro o alle disuguaglianze e povertà, per non parlare della lotta al patriarcato che solo un coinvolgimento dei femminismi può riuscire a esprimere.
Insomma costruire un soggetto collettivo in grado veramente di esprimere quel rovesciamento del paradigma necessario per dare un senso al cambiamento. Sul terreno dei contenuti c’è infine da costruire una posizione sulla guerra che faccia evolvere quel “si alle armi all’Ucraina però la priorità è far emergere un tavolo dei negoziati di pace”. Capire cioè che ciò che ostacola quel tavolo è proprio l’invio di armi e l’idea che la pace si costruisce solo se c’è un vincitore.
La seconda questione decisiva riguarda la concezione del partito che si intende costruire. L’idea stessa di continuare a proporre il partito all’americana di Walter Veltroni non porta da nessuna parte. Il consiglio è riscoprire più Gramsci che Lacan e abbandonare le sirene che chiedono di sostituire le parole destra e sinistra con basso/alto.
In altre parole dare continuità a ciò che si è iniziato dipende dalla ricchezza sociale, di associazionismo, di femminismi organizzati, di rigenerazione del sindacato, in poche parole dalla ricchezza di istituti intermedi che si saprà stimolare e non strumentalizzare a fini elettorali, può rendere vincente e utile al paese ciò che si è iniziato.
Due parole infine sugli scettici per cui dall’alto delle loro cattedre ed estraneità ai conflitti pensano che l’esito delle primarie non conti niente, sia una totale copertura che lascerà il Pd così com’era.
A loro consiglio di rileggere la vicenda spagnola e il percorso di Podemos approdato nel governo di coalizione e di sinistra.
La particolarità di questa esperienza non è solo che Podemos è stato espressione di un conflitto sociale largo, ma che nel suo costruirsi ha obbligato il Psoe a rifondarsi e spostarsi a sinistra, un processo che portò alla segreteria di Sanchez, prima defenestrato dagli apparati, i “baroni” come li chiamano in Spagna e poi imposto dal voto della base.
Più o meno quello che è successo con la vittoria della Schlein nelle primarie del Pd. Insomma una speranza in cui vale la pena coinvolgersi, uscendo dal pessimismo cosmico che caratterizza i tanti ditini puntati, quasi tutti di maschi attempati, per continuare a dire che tutto è uguale a prima e non cambierà mai.
(Massimo Serafini collaboratore de il Manifesto e ambientalista)