Dopo aver presentato il lupo con le sue caratteristiche salienti, abbiamo pubblicato le opinioni qualificate di chi li incontra per davvero, i nostri lupi: guide escursionistiche, tecnici, carabinieri biodiversità, guardie ambientali, cacciatori. Questa volta sentiamo un personaggio “storico” della Valle del Santerno, Giuseppe Mascherini, allevatore biologico ubicato in località Carseggio, a pochi km da Castel del Rio.
Quali e quanti animali allevate? Come è organizzata e che consistenza ha l’azienda?
Ho scelto di fare questo mestiere da giovane, molti anni fa, assieme a mia moglie Giulietta. Abbiamo diversi operatori fissi che lavorano per noi e con noi, da qualche anno stanno facendo esperienza in azienda i nostri nipoti.
Il numero di capi presenti in azienda dipende dal momento stagionale in base alle nascite, diciamo che, all’incirca, alleviamo 120/130 pecore, 40/50 maiali e 40/50 bovini.
Gestiamo circa 200 ettari di aree collinari in zona, comprensive di pascoli, coltivi, boschi e castagneti da frutto dove raccogliamo marroni di ottima qualità. Autoproduciamo il foraggio ed i cereali che servono per l’alimentazione dei nostri animali.
So che avete anche un laboratorio per la lavorazione delle carni…
Infatti, un “pezzo” fondamentale dell’attività si svolge nel laboratorio di lavorazione delle nostre carni, che poi vendiamo al dettaglio. Il rapporto con i clienti è l’attività che ci dà le maggiori soddisfazioni. Abbiamo diverse celle refrigerate per la frollatura, conservazione e stagionatura delle carni. La nostra filosofia è, per quanto possibile, gestire in proprio l’intera filiera, dalla riproduzione degli animali alla vendita della carne preparata. Inoltre una decina d’anni fa abbiamo realizzato un centro di raccolta degli ungulati abbattuti, ai sensi delle Direttive Comunitarie e Regionali, nel quale vengono effettuati tutti gli accertamenti ed i controlli sanitari utili e necessari per avviare la selvaggina all’autoconsumo e/o alla commercializzazione.
Il lupo è arrivato in vallata circa 30 anni fa, come avete vissuto questo arrivo? Qual è stato l’impatto?
Nessuno ci aveva allertato per tempo a questa eventualità, eravamo totalmente impreparati e l’arrivo dei lupi è stata una esperienza drammatica. I nostri animali, in particolare le pecore, allora, venivano tenute in pascoli ampi, per tutta la stagione che lo permettava, in grande libertà, con recinti leggeri adatti a contenerle, ma assolutamente insufficienti alla penetrazione di un predatore. Avevamo qualche cane pastore di governo ma assolutamente inadeguato a fronteggiare dei lupi. Di conseguenza a cavallo degli anni 90 abbiamo avuto notevoli perdite, dell’ordine delle decine di capi in molteplici attacchi.
Quali provvedimenti avete preso all’inizio? Avete cambiato strategia nel tempo per ridurre le perdite?
La nostra attività è stata messa totalmente in discussione. Abbiamo dovuto riorganizzare il governo degli animali e il dimensionamento aziendale e ci abbiamo messo qualche anno a trovare un nuovo equilibrio. Da allora, maiali e bovini sono tenuti rigorosamente in stalla e alle pecore abbiamo ridotto notevolmente lo spazio di libertà esterno, dovendolo perimetrare con una recinzione massiccia: da 12/15 ettari di pascolo le abbiamo ridotte entro i 2 ettari. Nonostante ciò abbiamo rapidamente constatato che per proteggere le bestie e le aree di pertinenza sono assolutamente necessari cani da guardania appositamente addestrati. Acquistammo subito dei maremmani di razza ma il loro carattere, così fortemente territoriale, ci creava importanti problemi con gli operatori e soprattutto con clienti e avventori. La soluzione l’abbiamo trovata incrociando una femmina di maremmano con un nostro border collie, in questo modo abbiamo ottenuto una linea genetica di cani non aggressivi con le persone ma sufficientemente efficaci da guardania.
Superato questo primo impatto, le perdite si sono stabilizzate oppure avete avuto recrudescenze? Ci sono stati cambiamenti nel tempo?
Negli anni successivi ci siamo concentrati sul consolidamento del parco cani da guardania, in modo da avere in campo almeno 8/9 esemplari sempre operativi, nati qui e cresciuti assieme ai nostri animali, che hanno imparato a fronteggiare i lupi proteggendosi vicendevolmente. Solo a quel punto abbiamo potuto utilizzare reti elettrificate che ci consentono, durante le ore diurne, di allargare un po’ il pascolamento del gregge con il supporto dei cani. In ogni caso alla sera le pecore vengono riportate nel recinto fisso o in stalla. Questa organizzazione, notevolmente più impegnativa rispetto alla situazione “senza lupo”, ci ha consentito di contenere le predazioni ad un livello accettabile, diciamo fisiologico, di qualche esemplare, nei quindici anni a seguire.
Recentemente la “pressione” del lupo nei confronti dei vostri animali è cambiata?
Purtroppo la situazione sta cambiando. Lo dice il fatto che fino a due/tre anni fa era estremamente difficile incontrare o vedere un lupo nelle ore diurne e quando capitava l’animale svicolava, senza cambiare passo, ma si allontanava rapidamente. Ultimamente invece gli avvistamenti diurni si stanno moltiplicando, anche nei pressi delle abitazioni. In alcuni casi il lupo, invece di sfilare via, per un po’ ti fissa, “a fermo”. Sta prendendo confidenza con la nostra presenza e questo ci spaventa.
Inoltre gli attacchi si sono fatti più aggressivi, qualche mese fa abbiamo perso due cani e due pecore nello stesso episodio, evidentemente è stato un attacco di branco.
Tutti questi elementi, messi in fila, ci fanno pensare che il loro numero sia aumentato. Abbiamo questa convinzione perché così accade anche con le lepri, i caprioli, i cinghiali… quando cominci a vederli, sempre più spesso, anche di giorno, significa che cominciano ad essere “fitti”. Io sono nato in questi luoghi, sono cresciuto nel bosco e andavo a giocare al fiume, è sempre stato così.
Quanto pesa in termini economici, la presenza del lupo?
Il valore dei capi uccisi è il danno minore. La questione è che, complessivamente, la gestione aziendale è diventata più onerosa. In primo luogo ora dobbiamo mantenere una “mandria” di cani da guardania, cani di stazza non indifferente, con esigenze alimentari notevoli, che hanno bisogno dei loro spazi, di addestramento, delle cure, talvolta del veterinario, ecc.
In secondo luogo c’è la gestione delle recinzioni: quelle fisse vanno periodicamente mantenute, perché il lupo si arrampica, scavalca, spinge, tira, scava sotto, ecc. Quelle mobili, elettrificate, vanno immagazzinate, trasportate, palificate, montate, srotolate, riavvolte, controllate giornalmente, va sfalciata l’erba sotto, ecc.
In terzo luogo c’è la perdita di redditività aziendale dovuta alla indisponibilità dei terreni. Mi spiego. Senza il lupo, a parità di risorse umane, riuscivamo gestire un numero maggiore di capi in quanto potevamo pascolarli in zone ampie, anche cespugliose o parzialmente boscate. Ora dobbiamo tenere le bestie sotto controllo serrato, la quota di foraggiamento manuale è maggiore, la lettiera va cambiata più spesso…. È tutto molto più impegnativo.
La Regione Emilia Romagna fornisce presìdi per la prevenzione, ne avete usufruito?
Fino ad oggi ci siamo organizzati in autonomia, la situazione era relativamente consolidata e sotto controllo, ma con gli accadimenti degli ultimi mesi stiamo pensando di chiedere supporto e aiuti per ulteriori protezioni e recinzioni elettrificate.
Oltre a prevenzione e rimborsi su cosa si dovrebbe ‘lavorare’ per aumentare la compatibilità tra il vostro tipo di attività e il lupo?
La soluzione non è semplice perché non la si può ricondurre solo alle predazioni ed al rimborso dei capi uccisi o feriti. Oltretutto capi “leggeri” come gli agnelli, ce li siamo visti sparire senza lasciare traccia, vengono portati lontano e in quel modo non è accertabile il danno da lupo. Dal punto di vista economico bisognerebbe considerare la perdita di redditività generale dell’azienda ed il maggior impegno di mano d’opera gestionale, sono valutazioni complesse.
Non da ultimo, capisco che sia difficile tenerne conto, ma è aumentato il nostro carico di ansia… ogni volta che sentiamo i cani abbaiare, spesso in piena notte, ecco, dobbiamo decidere cosa fare, se uscire all’aperto per dargli supporto o aspettare che se la cavino da soli, sperando che abbiano la meglio… e poi chi riesce più a prendere sonno, bisogna arrivare a mattina e andare a vedere l’esito della battaglia… Sono situazioni comprensibili solo vivendole da vicino.
Quali misure potrebbero essere prese?
Io penso che il lupo, comunque sia arrivato, ci ha sconvolto la vita e non lo possiamo più evitare, tuttavia se vogliamo che le nostre campagne restino un luogo dedicato all’allevamento degli animali, dove si realizza un pezzo della filiera alimentare dei cittadini, si deve fare qualcosa in fretta per consentirci da lavorare con maggiore tranquillità.
Mi chiedo, considerata l’attuale diffusione dei lupi nella nostra regione e nel paese, se siamo ancora nella situazione che per salvaguardare la specie, ogni singolo esemplare vada ancora considerato “intoccabile”, oppure se non sia venuto il momento di organizzare un monitoraggio efficace e puntuale della presenza e della densità, come d’altra parte si fa già con altri selvatici, e quando si raggiungono situazioni eccessive o insostenibili, non si intervenga, nei modi e nei tempi stabiliti dai competenti in materia.
Per saperne di più
“Proteggi il tuo bestiame” è un’iniziativa di comunicazione e informazione promossa dal ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare (Mattm): www.protezionebestiame.it
La Regione Emilia Romagna mette a disposizione di tutte le Aziende zootecniche l’assistenza gratuita di un tecnico esperto per individuare i sistemi di difesa dagli attacchi da lupo più idonei alle specifiche modalità di allevamento: Difesa dagli attacchi da lupo — Agricoltura, caccia e pesca
Regione Emilia Romagna – Ispra, “Il lupo in Emilia-Romagna Strategie di convivenza e gestione dei conflitti”: Lupo — Agricoltura, caccia e pesca
Ispra – Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale – è l’ente pubblico nazionale di ricerca del ministro della Transizione ecologica (Mite): Qual è l’impatto del lupo sulle attività zootecniche in Italia?
“Life Wolfalps” è un progetto europeo di azioni coordinate per migliorare la coesistenza fra lupo e attività umane nelle alpi: Prevenzione degli attacchi da lupo: esempi dai territori di recente ricolonizzazione – Life Wolfalps EU
“Life Dinalp Bear” è un progetto europeo dedicato alla Gestione e conservazione dei grandi carnivori nelle Alpi: Manuale per l’accertamento dei danni da predazione causati dai carnivori
“Io non ho paura del lupo” è una associazione il cui obiettivo è assicurare la conservazione del lupo in Italia ed in Europa e la sua coesistenza con le attività dell’uomo: Mitigazione del Conflitto – Io non ho paura del lupo
“Difesattiva” è una associazione toscana che si occupa di “mediazione culturale” tra allevatori e lupi: DifesAttiva – Gestione – Sviluppo – Opportunità
“Pasturs” è una associazione bergamasca che ha lo scopo di migliorare la convivenza tra allevamento e grandi predatori (orso e lupo) con giovani volontari che aiutano nell’alpeggio e promuove l’utilizzo di misure di prevenzione: Descrizione del progetto Pasturs
La “Rete Italiana della Pastorizia – Appia” è una onlus costituita da allevatori, ricercatori professionisti ed operatori del settore zootecnico: Presentazione della Rete Appia: Rete pastorizia italiana
“Agridea” è una associazione svizzera che promuove lo sviluppo dell’agricoltura e dello spazio rurale: Recinti di protezione contro il lupo
“Noi siamo Agricoltura” è la più grande community agricola Italiana che coinvolge agricoltori e appassionati, il blog online registra più di 3 milioni di lettori: Come difendere il gregge dai lupi: i metodi per allontanarli
Regione Friuli Venezia Giulia, manuale “Prevenzione dei danni da predatori al patrimonio zootecnico”: Opuscolo prevenzione danni da lupo
Si è ancora giusto anche per il solo fatto che i danni causati dall’animale uomo sono di gran lunga superiori a quelli del mondo animale e nessuno li risarcisce!…..
L’attuale distribuzione del lupo nel paese, fortunatamente, scongiura il rischio estinzione. Possiamo interrogarci, ma se vogliamo un pianeta terra dove uomini e animali convivono, dobbiamo trovare delle regole che tengono conto di entrambi le parti. Capisco chi fa una certa scelta, ma l’etica non si può imporre. Quello che andrebbe fatto è analizzare i problemi nella loro reale consistenza e trovare delle soluzioni praticabili. Dopodiché a qualche migliaio di km da noi, da oltre un anno, c’è chi, invece di parlarsi, si prende a cannonate. Che tristezza.